Riprendo un importante appello, pubblicato oggi, riguardante la pena capitale indirizzato ai cardinali di Santa Romana Chiesa fatto da professori universitari in filosofia, teologia, storia della Chiesa, legge, politica, ecc, oltre che da scrittori e sacerdoti.
Della pena capitale su questo blog si è parlato pena di morte nel Catechismo (qui), (qui), (qui) e (qui).
Papa Francesco ha rivisto il Catechismo della Chiesa Cattolica dove ora si può leggere: “La pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e alla dignità della persona”. Questa affermazione è stata compresa da molti, sia all’interno che all’esterno della Chiesa, come l’insegnamento che la pena capitale è intrinsecamente immorale e quindi sempre illecita, anche in linea di principio.
Sebbene nessun cattolico sia obbligato a sostenere il ricorso alla pena di morte nella pratica (e non tutti i sottoscritti la sostengono), insegnare che la pena capitale è sempre e intrinsecamente malvagia sarebbe in contraddizione con la Scrittura. Che la pena di morte possa essere un mezzo legittimo per assicurare la giustizia retributiva è affermato in Genesi 9:6 e in molti altri testi biblici, e la Chiesa ritiene che la Scrittura non possa insegnare l’errore morale. La legittimità in linea di principio della pena capitale è anche l’insegnamento coerente del magistero per due millenni. Contrastare la Scrittura e la tradizione su questo punto metterebbe in dubbio la credibilità del magistero in generale.
Preoccupati da questa situazione gravemente scandalosa, vogliamo esercitare il diritto sancito dal Codice di Diritto Canonico della Chiesa, che al Canone 212 afferma:
Can. 212 – (…)
2. I fedeli hanno il diritto di manifestare ai Pastori della Chiesa le proprie necessità, soprattutto spirituali, e i propri desideri.
§3. In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità della persona.
Siamo guidati anche dall’insegnamento di San Tommaso d’Aquino, che afferma:
Se la fede fosse in pericolo, un sottomesso dovrebbe rimproverare il suo prelato anche pubblicamente. Perciò Paolo, che fu sottomesso di Pietro, lo rimproverò in pubblico, a motivo dell’imminente pericolo di scandalo sulla fede, e, come dice il glossario di Agostino su Galati 2,11, “Pietro diede un esempio ai superiori, perché se in qualche momento si allontanassero dalla retta via, non disdegnerebbero di essere rimproverati dai loro sottomessi”. (Summa Theologiae, parte II-II, domanda 33, articolo 4, ad 2)
Per questo motivo, i sottoscritti emettono il seguente appello:
Alle loro Reverendissime Eminenze, i Cardinali di Santa Romana Chiesa,
Poiché è una verità contenuta nella Parola di Dio, e insegnata dal magistero ordinario e universale della Chiesa cattolica, che i criminali possono legittimamente essere messi a morte dal potere civile quando ciò sia necessario per preservare il giusto ordine nella società civile, e poiché l’attuale Pontefice Romano ha manifestato più volte pubblicamente il suo rifiuto di insegnare questa dottrina, e ha piuttosto portato grande confusione nella Chiesa facendo intendere di contraddirla, e inserendo nel Catechismo della Chiesa Cattolica un paragrafo che farà e sta già facendo intendere a molte persone, credenti e non credenti, che la Chiesa consideri, contrariamente alla Parola di Dio, che la pena capitale è intrinsecamente malvagia, chiediamo alle Vostre Eminenze di avvertire Sua Santità che è suo dovere porre fine a questo scandalo, di ritirare questo paragrafo dal Catechismo, e di insegnare la genuina Parola di Dio; e noi affermiamo la nostra convinzione che questo è un dovere che impegna seriamente voi stessi, davanti a Dio e davanti alla Chiesa.
Cordiali saluti.
15.08.2018
Hadley Arkes
Edward N. Ney Professor in American Institutions Emeritus
Amherst College
Joseph Bessette
Alice Tweed Tuohy Professor of Government and Ethics
Claremont McKenna College
Patrick Brennan
John F. Scarpa Chair in Catholic Legal Studies
Villanova University
J. Budziszewski
Professor of Government and Philosophy
University of Texas at Austin
Isobel Camp
Professor of Philosophy
Pontifical University of St. Thomas Aquinas
Richard Cipolla
Priest
Diocese of Bridgeport
Eric Claeys
Professor of Law
Antonin Scalia Law School, George Mason University
Travis Cook
Associate Professor of Government
Belmont Abbey College
S. A. Cortright
Professor of Philosophy
Saint Mary’s College
Cyrille Dounot
Professor of Legal History
Université Clermont Auvergne
Patrick Downey
Professor of Philosophy
Saint Mary’s College
Eduardo Echeverria
Professor of Philosophy and Theology
Sacred Heart Major Seminary
Edward Feser
Associate Professor of Philosophy
Pasadena City College
Alan Fimister
Assistant Professor of Theology
St. John Vianney Theological Seminary
Luca Gili
Assistant Professor of Philosophy
Université du Québec à Montréal
Brian Harrison
Scholar in Residence
Oblates of Wisdom Study Center
L. Joseph Hebert
Professor of Political Science
St. Ambrose University
Rafael Hüntelmann
Lecturer in Philosophy
International Seminary of St. Peter
John Hunwicke
Priest
Personal Ordinariate of Our Lady of Walsingham
Robert C. Koons
Professor of Philosophy
University of Texas at Austin
Peter Koritansky
Associate Professor of Philosophy
University of Prince Edward Island
Peter Kwasniewski
Independent Scholar
Wausau, Wisconsin
John Lamont
Author
Divine Faith
Roberto de Mattei
Author
The Second Vatican Council: An Unwritten Story
Robert T. Miller
Professor of Law
University of Iowa
Gerald Murray
Priest
Archdiocese of New York
Lukas Novak
Lecturer in Philosophy
University of South Bohemia
Thomas Osborne
Professor of Philosophy
University of St. Thomas
Michael Pakaluk
Professor of Ethics
Catholic University of America
Claudio Pierantoni
Professor of Medieval Philosophy
University of Chile
Thomas Pink
Professor of Philosophy
King’s College London
Andrew Pinsent
Research Director of the Ian Ramsey Centre
University of Oxford
Alyssa Pitstick
Independent Scholar
Spokane, Washington
Donald S. Prudlo
Professor of Ancient and Medieval History
Jacksonville State University
Anselm Ramelow
Chair of the Department of Philosophy
Dominican School of Philosophy and Theology
George W. Rutler
Priest
Archdiocese of New York
Matthew Schmitz
Senior Editor
First Things
Josef Seifert
Founding Rector
International Academy of Philosophy
Joseph Shaw
Fellow of St Benet’s Hall
University of Oxford
Anna Silvas
Adjunct Senior Research Fellow
University of New England
Michael Sirilla
Professor of Dogmatic and Systematic Theology
Franciscan University of Steubenville
Joseph G. Trabbic
Associate Professor of Philosophy
Ave Maria University
Giovanni Turco
Associate Professor of Philosophy
University of Udine
Michael Uhlmann
Professor of Government
Claremont Graduate University
John Zuhlsdorf
Priest
Diocese of Velletri-Segni
Fonte: First Thing
Nessun Papa ha mai messo mano al Catechismo della Chiesa Cattolica per riscriverne un paragrafo, tutt’al più per aggiungerne.
Il problema della pena di morte è stato affrontato nel corso dei secoli, ma tutti i Papi e i Concili non hanno mai ritenuto di doverlo condannare.
Il Catechismo promulgato da Giovanni Paolo II, sulla scia di chi lo ha preceduto, insisteva sull’uso di mezzi incruenti di condanna, ma considerava che “quando fosse l’unica via praticabile” è lecito anche il ricorso alla pena di morte.
Potremmo dire che non esiste mai un’unica via praticabile, tuttavia bisogna anche considerare che l’onere della sentenza spetta a uomini, che hanno dei limiti, in contesti umani sempre complessi, e quindi problematici da valutare, anche con il senno di poi: sono sempre decisioni gravi.
Per arrivare a queste sentenze, inoltre, ci vuole parecchio tempo, così come per arrivare all’esecuzione della sentenza: nessuno toglie al reo la possibilità di redimersi (e questo sembra essere il problema di Papa Francesco).
La cosa più problematica per me, al giorno d’oggi, è scrivere che ci sono “sistemi di detenzione più efficaci” per trattenere e punire il delinquente: infatti stiamo assistendo, soprattutto in Italia e in Europa, a linee di condotta politica che non dimostra di comminare pene proporzionali al male commesso, tanto che assistiamo a un’escalation di delinquenza proprio per le troppe possibilità di farla franca anche a fronte di un’incriminazione.
Che dire: se becchiamo un attentatore che ha già ucciso centinaia di persone e ha giurato ad Allah di uccidere quanti più miscredenti possibili, non potremo condannarlo a morte? Lo lasciamo in galera così che possa fomentare altri a fare ciò che lui ha fatto?
È una prospettiva che non mi piace, ma in un futuro non troppo lontano, quello dei miei figli, potrebbe essere pane quotidiano: e potrebbe essere “l’unica via praticabile”, almeno quella che con i nostri limiti possiamo percorrere e che secoli di storia della Chiesa hanno compreso.