Riporto la prima parte di una importante intervista sulla Humanae Vitae fatta da Edward Pentin al teologo morale padre George Woodall apparsa sul National Catholic Register. In seguito pubblicherò la seconda parte. Padre George Woodall ha scritto un libro sulla Humanae Vitae nel 2014.
Eccola nella mia traduzione.
Padre Woodall, alla luce della commissione vaticana sulla Humanae vitae e di altri segnali di possibili cambiamenti all’enciclica di Paolo VI (Humanae Vitae -HV, ndr) sulla contraccezione artificiale, che tipo di cambiamenti sarebbero ammissibili per lei e che cosa no?
L’enciclica di Paolo VI non condannava solo la contraccezione “artificiale”: “Allo stesso modo è da rifiutare qualunque atto (“Item quivis respuendus est actus qui …”), che possa operare in modo tale da impedire la procreazione”. (HV, n. 14). La frase successiva è stata spesso tradotta molto male in inglese, anche usando la parola “artificiale”, che è una traduzione sbagliata del latino. “Né è legittimo, infatti, addurre come validi gli argomenti volti ad approvare gli atti coniugali che sono volutamente privati della loro fecondità…” (Ibidem). La parola “artificiale” è stata usata a volte, ed erroneamente, al posto della parola “deliberatamente”; l’espressione latina “ex industria” significa decisamente “deliberatamente”. (Tra le altre cose, la condanna include il coito interrotto [ritiro durante il rapporto sessuale], che sarebbe permesso se solo ciò che era artificiale fosse immorale).
Le speculazioni sui “cambiamenti” alla Humanae Vitae sono state molto diffuse. Non aggiungerò nulla alla speculazione, poiché non ho alcuna base per farlo. Affermo che la dottrina proclamata in via definitiva non può essere cambiata né negando o contraddicendo ciò che è stato insegnato, né affermando ciò che è incompatibile con tale verità. Se ci fosse un autentico sviluppo della dottrina, ciò non implicherebbe né suggerirebbe alcuna di queste possibilità, ma approfondirebbe un particolare punto della dottrina precedente, mantenendo intatta quella dottrina, “eodem sensu eademque sententia” (“nello stesso senso e con lo stesso significato”). Sarebbe compito di ogni teologo morale, e ancor più di ogni membro del Magistero, sia fare in modo che ciò avvenga, sia indicare e spiegare ogni nuova proposta in modo che non violi questo principio chiave, di (san) Vincenzo di Lerino, di ogni sviluppo dottrinale. In altre parole, sarebbero moralmente obbligati a dimostrare, e soprattutto per il Magistero questo sarebbe un fatto veramente grave per loro come pastori, che ciò che stanno proponendo non sia incompatibile con la costante definitiva dottrina che pretendono di applicare in un modo che sia in qualche modo nuovo.
Una visione spesso ascoltata da coloro che cercano il cambiamento è che pochi cattolici seguono l’insegnamento della Chiesa su questo tema. Si tratta di un argomento valido per reinterpretare il documento e, in caso contrario, perché non lo sarebbe?
L’argomentazione secondo cui poche persone seguono una dottrina morale non la rende falsa. Oggi si dice che la maggior parte delle persone dicono menzogne, forse molto spesso e su questioni importanti, ma ciò non rende obsoleto l’ottavo comandamento dei Dieci Comandamenti. Ci sono ripetuti episodi di persone che spingono gli altri a “passare il badge di ingresso” a lavoro o che “passano loro stessi il badge” a lavoro e che poi vanno a fare shopping, tornare a casa o andare a divertirsi e ci sono altri che non lavorano tutte le ore o in modo efficace come dovrebbero anche se sono fisicamente presenti; tutto questo non altera il fatto che entrambi stanno rubando ai loro datori di lavoro prendendo i soldi che non hanno guadagnato e anche che non riescono a fornire il servizio che dovrebbero all’entità che li assume e alla comunità più ampia che serve. Il divorzio dilagante e l’infedeltà crescente non rendono la fedeltà al coniuge e l’indissolubilità del matrimonio immorale o facoltativa. Se ciò che la maggior parte delle persone fa lo rende giusto, allora il razzismo e/o lo sfruttamento sessuale di altri diventerebbero moralmente giusti in alcuni luoghi, ma non in altri.
Un altro argomento usato è che la Humanae Vitae non è un documento infallibile, ma si potrebbe sostenere che la sua natura profetica lo dimostra?
Non esistono “documenti” infallibili. Il magistero della Chiesa insegna che il Papa e i vescovi della Chiesa cattolica in piena comunione con lui (il Collegio episcopale) o lo stesso Papa, che agisce come capo di quel Collegio, sono infallibili, quando insegnano una questione di fede o di morale in determinate circostanze; in altre parole, che, in quelle circostanze e solo riguardo al punto molto preciso della dottrina direttamente in gioco, essi insegnano infallibilmente (senza possibilità di errore) perché, in quelle stesse circostanze, l’assistenza dello Spirito Santo di cui il Magistero gode sempre nel suo insegnamento sulla fede e sulla morale è tale da garantire la libertà dall’errore nell’insegnamento di quel punto preciso della dottrina. Così, sono le persone, il Papa e i vescovi della Chiesa cattolica in piena comunione con lui, e senza documenti né dottrine, che sono infallibili. Naturalmente, tutto la questione è che, in quelle precise circostanze e rispetto a quel preciso punto della dottrina, i fedeli saprebbero allora che il contenuto di quella dottrina è assolutamente vero, senza alcuna possibilità che accada il contrario.
Ci sono tre modi diversi in cui l’infallibilità può essere esercitata dal Magistero nel suo insegnamento, secondo il Vaticano II (Lumen gentium, n. 25). Uno è che un Concilio Generale della Chiesa o il Papa definiscano solennemente una dottrina, cioè un dogma. Questo Paolo VI non lo ha fatto con l’Humanae vitae; non c’è niente da proporre e molto da indicare il contrario. In secondo luogo, il Magistero potrebbe insegnare una dottrina che la Chiesa universale deve assolutamente e definitivamente mantenere; alcuni hanno suggerito che sia così in Humanae vitae. La terza possibilità è che il Magistero, anche se “disperso nel mondo” (cioè non insieme in un Concilio Generale), può insegnare infallibilmente quando “concorda” un giudizio sulla fede o sulla morale che deve essere assolutamente e definitivamente mantenuto dalla Chiesa universale; alcuni teologi e filosofi sono del parere che la condanna della contraccezione sia insegnata in questo modo, ma, se hanno ragione, la Humanae Vitae sarebbe un esempio particolare di quell’esercizio generale della loro ordinaria infallibilità universale sulla paternità responsabile, non un esercizio (straordinario) di infallibilità in sé su questo argomento. Questi scrittori dicono che il Magistero “ha condiviso” in passato questo giudizio di dottrina morale e che quindi i vescovi che rifiutano l’insegnamento sono dissidenti.
Naturalmente, l’infallibilità nell’insegnamento della fede e della morale è un carisma del Magistero che si eserciterebbe in maniera relativamente rara nelle prime due forme annotate. Più importante, a mio avviso, sulla Humanae Vitae è la questione della verità della dottrina morale stessa. La maggior parte dell’insegnamento del Magistero della Chiesa sulla fede e sulla morale non comporta infallibilità, ma l’assistenza dello Spirito Santo è ancora presente e c’è sempre la presunzione di verità in ciò che il Magistero della Chiesa insegna in questi campi. L’insegnamento impartito in questo magistero “autentico” o “autorevole” richiede una risposta di obsequium religiosum (religioso assenso) della mente e della volontà, vale a dire l’accettazione e una reale disponibilità e sforzo per mettere in pratica tale insegnamento. Anche se le ragioni date in materia di dottrina non convincono in sé, allora l’obbedienza o l’obsequium sarebbe “religiosa” in quanto sarebbe seguita perché è stata data nel Nome di Cristo, con la sua autorità e sotto l’assistenza dello Spirito Santo.
Quanto è preoccupato che questo anniversario venga utilizzato per reinterpretare il documento, nonostante le assicurazioni che non lo si farebbe?
Sospetto che ci saranno tentativi di sfruttare il cinquantesimo anniversario per minarne l’insegnamento essenziale. Purtroppo, la campagna contro di essa è stata scatenata da coloro che non erano nemmeno nelle condizioni di leggerla (il cardinale Stafford ne ha parlato in relazione alla condanna dell’enciclica da parte di molti teologi americani e di altri, mentre il testo usciva dalla telescrivente – cioè prima che potesse essere letta dai firmatari che la stavano condannando).
Fonte: National Catholic Register
George Woodall è professore di teologia morale e bioetica all’Università Regina Apostolorum di Roma. Già direttore della segreteria della Pontificia Accademia per la Vita, è anche esperto di Diritto Canonico e ha pubblicato numerosi articoli e libri di teologia morale e bioetica.
Scrivi un commento