di Aurelio Porfiri
Nello studio della Cina cattolica, bisogna riconoscere una parte importante alla città di Shanghai, una città in cui furono molto attivi i gesuiti già da secoli e che conobbe un grande sviluppo anche nel secolo passato, sviluppo che poi si trasformerà in tributo di sangue dopo il 1949. Una delle figure più note in Shanghai fu Giuseppe Lo Pa Hong, proveniente da una famiglia di tradizione cattolica che risaliva alla dinastia Ming (riprendiamo informazioni da un volume edito da Scott W. Sunquist).
Giuseppe Lo Pa Hong fu molto attivo nell’Azione Cattolica, di cui fu anche eletto presidente e la sua opera di grande benefattore della Chiesa cattolica cinese fu riconosciuta anche da Pio XI che lo insignì di una onorificenza pontificia. Fu un industriale molto importante nella Shanghai del tempo e fondatore di varie attività caritative e assistenziali, come ospedali e scuole. Fu anche molto importante il suo aiuto per la missione dei Salesiani in Cina. Il delegato apostolico Celso Costantini menziona alcuni suoi incontri con lui, durante il suo tempo in Cina. Maria Barbagallo (Storia di un cattolico cinese) così descrive lo zelo di Lo Pa Hong per la conversione dei suoi compatrioti: “Iniziò così per lui un periodo intenso di attività pastorale e caritativa e cresceva sempre di più il desiderio di favorire la conversione al cristianesimo delle famiglie più importanti, quelle che resistevano di più alla conversione. Lo stesso Lo, per non allontanare troppo quelle classi sociali, partecipava alla loro vita sociale, con la speranza che, se le classi più alte si fossero convertite, il popolo le avrebbe seguite in massa. Particolarmente inclinato verso i più poveri ed emarginati cercò in tutti i modi di ampliare la sua attività caritativa favorendo l’arrivo di congregazioni religiose maschili e femminili che chiamava dall’Europa o da altri continenti; le aiutava a inserirsi, a prepararsi nella conoscenza della cultura e della lingua. Particolare attenzione portava verso gli ammalati, gli anziani, i bambini abbandonati, i carcerati e perfino i malati di mente, non limitandosi ad aiutare i cristiani, ma occupandosi di tutti. In questo immenso lavoro, Joseph Lo Pa-hong fu aiutato da molte suore di varie congregazioni, da missionari e sacerdoti. La conduzione di queste grandi iniziative benefiche richiedeva però energia e coraggio poiché molte erano le difficoltà e le ragioni di crisi, che si presentavano ora all’una ora all’altra opera. Ma egli era sempre in prima fila, specialmente durante le persecuzioni e le guerre, per salvare, nascondere, sgombrare i poveri ricoverati”. Ricordiamoci che negli anni di Lo Pa Hong se la doveva vedere da una parte con tensioni interne anche causate dall’avanzata del Partito Comunista che poi prenderà il potere, ma anche con minacce esterne come quelle dei giapponesi. La Barbagallo aggiunge: “La sua attraente personalità, il suo grande zelo apostolico, la sua fede che andava maturando anche nei momenti di crisi delle sue iniziative erano di grande esempio. Lui stesso si riservava gli angoli più duri che poi conquistava a forza di pazienza e di preghiere: molte volte portava con sé un domestico dell’ospizio perché pregasse mentre lui parlava. Quando un ambiente era ben bene dissodato, il battesimo, a parte i casi di urgenza, era riservato al missionario, solo ultimo giudice del suo lavoro. Ma l’opera non si esauriva nel creare comunità cristiane. Molte volte le nuove reclute, sotto la sua direzione, costruivano delle cappelle, che venivano poi consegnate al padre missionario. Nel 1913 l’Azione cattolica non aveva che sette di questi oratori, ma venti anni dopo il loro numero raggiungeva il centinaio. (…) Amato e ammirato da cristiani e pagani, dovette accettare i conflitti suscitati dalla sua forte, energica, invadente personalità, specialmente dalla sua autonomia nelle decisioni. Critiche e minacce lo raggiunsero proprio quando cercava ancora di fare qualcosa per ricomporre i dissidi della sua città. Joseph Lo Pa-hong morì da martire, in un momento in cui, consigliato da tutti di lasciare Shanghai per il pericolo che correva, rifiutò per attendere ancora ai suoi poveri. Al punto che lo ingannarono offrendogli di comprare delle arance che avrebbe poi donato”. Per la sua morte ci sono stati molti dubbi. Si pensò fosse opera dei giapponesi ma non c’è sicurezza su questo punto. Rimane comunque il ricordo di una grande figura del cattolicesimo cinese, un grande esempio di carità e virtù cristiane esemplari.
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