Un articolo di Phil Lawler sulle ultime dichiarazioni di Papa Francesco sul card. Zen e la Cina. L’articolo, nella mia traduzione, è apparso su Catholic Culture

Lawler è un giornalista e scrittore, cattolico ed esperto vaticanista.

 

Papa Francesco conferenza stampa in volo dal kazakistan 13-15 settembre 2022
Papa Francesco conferenza stampa in volo dal kazakistan 13-15 settembre 2022

 

Il processo al cardinale Joseph Zen è stato rinviato, ma l’indomito prelato novantenne sarà presto giudicato in base alle nuove e draconiane “leggi sulla sicurezza” imposte a Hong Kong dal governo cinese.

Nel frattempo Papa Francesco affronta il suo stesso giudizio, nel tribunale dell’opinione pubblica, per non aver difeso il cardinale Zen o, se vogliamo, per non aver criticato il regime che lo sta perseguendo. Interrogato sul processo da un giornalista che lo ha accompagnato sul volo di ritorno dal Kazakistan, il Pontefice ha dato questa risposta del tutto insoddisfacente:

Il cardinale Zen sta andando a processo in questi giorni, credo. E dice quello che sente, e si vede che ci sono dei limiti. Più che qualificare, perché è difficile, e voglio qualificare, sono impressioni, e io cerco di sostenere la via del dialogo.

Il cardinale Zen sarà processato, “credo”, dice il Papa. Un Principe della Chiesa viene processato come un criminale, da un regime che calpesta i diritti umani, e il Romano Pontefice può solo dire che “pensa” di essere informato sul calendario del processo? È chiaro che Papa Francesco vuole minimizzare il significato di questo evento. Altrettanto chiaramente, non vuole rilasciare alcuna dichiarazione in difesa del cardinale tormentato. Così offre le sue “impressioni”, come se si trattasse di una questione sulla quale non può esprimere un giudizio informato.

In realtà, prima ancora di dare questa risposta non esauriente alla domanda sul processo Zen, il Papa si era lanciato in un’ampia discussione sulle relazioni tra la Santa Sede e Pechino, menzionando la “commissione bilaterale Vaticano-Cina che sta andando bene” e la “commissione di dialogo che sta andando bene”. Questo in riferimento all’accordo segreto tra Roma e Pechino che regola la nomina di nuovi vescovi per la Chiesa in Cina. Queste discussioni stanno andando così bene che, quattro anni dopo la firma dell’accordo segreto, circa un terzo di tutte le diocesi cinesi funzionano ora senza un vescovo. Ciononostante, gli sfortunati diplomatici vaticani sembrano disperati nel rinnovare l’accordo e il Papa è ansioso di evitare di dire qualcosa che possa offendere le orecchie sensibili dei leader comunisti cinesi.

Così, nel rispondere alla domanda sulla situazione del cardinale Zen, Papa Francesco ha risposto a domande che la giornalista (Elise Allen di Crux) non aveva posto. Prima ancora di menzionare il processo Zen, ha dedicato più di 200 parole al dialogo Roma-Pechino, alla mentalità cinese e all’idea che il regime cinese non sia democratico. Anche in questo caso, si noti che la questione non è stata sollevata dal giornalista; il Pontefice l’ha sollevata lui stesso:

Qualificare la Cina come non democratica, non mi identifico con questo, perché è un Paese così complesso… sì, è vero che ci sono cose che ci sembrano non democratiche, è vero.

Ancora una volta abbiamo solo le “impressioni” del Papa, piuttosto che dichiarazioni chiare, tanto meno denunce. Non vuole dire che la Cina sia antidemocratica. Ammette, tuttavia, che alcune azioni di Pechino potrebbero sembrare antidemocratiche alla nostra comprensione occidentale non sofisticata.

Sembra antidemocratico quando il regime incarcera un anziano prelato, accusandolo dell’atroce crimine di fornire supporto legale agli attivisti per i diritti umani? Papa Francesco non risponde a questa domanda. In un articolo pungente del Wall Street Journal, William McGurn scrive: “Il Papa si è rifiutato di dire che la Cina è antidemocratica. Mancava solo il canto del gallo in sottofondo”.

McGurn nota che il processo al cardinale Zen arriva mentre il Vaticano e Pechino stanno negoziando il rinnovo del loro accordo segreto. Quindi potrebbe essere imbarazzante per il Vaticano criticare il regime cinese. Ma Pechino evidentemente non si sente in obbligo di offendere Roma; presumibilmente il governo avrebbe potuto programmare il processo del cardinale in un momento più propizio. Peraltro, i funzionari cinesi avrebbero potuto programmare l’ultimo round di negoziati in un luogo diverso da Tianjin: una città in cui il vescovo Melchior Shi vive agli arresti domiciliari. Non siamo a conoscenza delle conversazioni che, secondo il Papa, “stanno andando bene”, ma ogni indicazione disponibile suggerisce un processo assolutamente unilaterale, con Pechino che detta le condizioni e il Vaticano che accetta docilmente qualsiasi cosa riesca a salvare.

Ma il Vaticano cercherà di salvare la libertà del cardinale Zen? O sarà sacrificato alla causa dell’accordo tra Vaticano e Pechino, come i vescovi della Chiesa “clandestina”, che sono stati indotti a dimettersi per essere sostituiti da vescovi autorizzati da Pechino? I leader di altre nazioni si sono schierati in difesa del cardinale. È scandaloso che il Vaticano, che egli serve lealmente, non dica la verità – la verità che la Cina è antidemocratica, la verità che il cardinale Zen è un coraggioso difensore dei diritti umani donati da Dio, la verità che lo renderà libero.

A proposito, è passato un mese da quando ho scritto dell’arresto del vescovo Rolando Alvarez, che ha osato criticare un governo antidemocratico in Nicaragua. Quello che ho scritto è ancora vero.

Fonti interne a Roma dicono che il Vaticano sta lavorando in silenzio, diplomaticamente, per assicurare la libertà del vescovo Alvarez, da quando la polizia del regime di Ortega ha circondato l’edificio della sua cancelleria due settimane fa. Ma se così fosse, potremmo aggiungere “inefficacemente” alla lista degli avverbi, perché oggi la polizia ha fatto un’irruzione all’alba e ha preso in custodia il vescovo. Il che ha provocato l’immediata risposta del Vaticano:

[Grilli]

 


 

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