“‘Che cos’è la verità?’ chiese Ponzio Pilato (il più contemporaneo dei politici) quando la Verità stava in piedi di fronte a lui. Portare testimonianza alla verità che non c’è altro nome sotto i Cieli attraverso il quale si può essere salvati, eccetto il nome il Gesù Cristo, e voler morire per quella verità: questo è ciò che rende qualcuno un martire.”
Così in questo interessante articolo di padre Benedict Kiely, pubblicato su Crisis Magazine, nella traduzione di Riccardo Zenobi.
Ho un Vecchio amico sacerdote che si definisce “martire nello stomaco”. Ora, ci sono molte ragioni per le quali si può diventare martiri, ma il recare testimonianza alle necessità del colon sembra molto in basso nella lista. Va anche al pub e ordina la birra in bicchieri da mezza pinta, un preoccupante segno di turpitudine morale.
Il termine “martire” è usato largamente oggi. Nell’islam militante, la parola è shahid – letteralmente “testimone”. Indica qualcuno che si fa saltare in aria mentre prova ad ammazzare più innocenti possibile. Nel capitolo 12 della sua lettera agli Ebrei, san Paolo incoraggia i cristiani a perseverare e correre il percorso della Fede precisamente perché siamo circondati da una “nube di testimoni” – i santi uomini e le sante donne del Vecchio Testamento e i veri martiri, che diedero tutto per Cristo.
Monsignor Ronald Knox scrisse che “un martire indica qualcuno che muore, non semplicemente per portare testimonianza, ma per portare testimonianza alla verità”. Quella distinzione è essenziale per comprendere appieno il martirio, ed è la ragione per cui i cristiani dovrebbero essere ispirati, incoraggiati ed edificati dai martiri, sia quelli dei secoli passati che quelli dei nostri tempi. La Chiesa ha sempre insegnato che la funzione della canonizzazione è, oltre ad onorare il santo e chiedere le sue preghiere, di essere di esempio al fedele e una fonte di incoraggiamento per vivere la vita cristiana pienamente. Il martire – l’uomo, la donna o il bambino che muore per via della sua fede in Cristo – è, forse, la più grande fonte di incoraggiamento per “perseverare”, come dice la lettera agli Ebrei. Nella terminologia moderna, i martiri sono il miglior modello possibile.
Se il vero martirio comporta recare testimonianza alla verità allora, a maggior ragione, non si può essere martiri né per il proprio stomaco né per l’islam militante. In realtà, non puoi essere martire per altra causa che per la fede; uno shahid non può, in nessun senso eccetto quello semantico, uguagliarsi con l’intendere cristiano del martirio. Qualcuno che immola sé stesso per aumentare la consapevolezza del mutamento climatico può avere credenze molto profonde, ma non è un martire.
“Che cos’è la verità?” chiese Ponzio Pilato (il più contemporaneo dei politici) quando la Verità stava in piedi di fronte a lui. Portare testimonianza alla verità che non c’è altro nome sotto i Cieli attraverso il quale si può essere salvati, eccetto il nome il Gesù Cristo, e voler morire per quella verità: questo è ciò che rende qualcuno un martire.
Dai primordi della Chiesa, la venerazione dei martiri è stata un’ispirazione. È il motivo per cui quei primi cristiani entravano nelle catacombe per celebrare la Messa. Oggi, ogni altare contiene reliquie dei martiri, sia per santificare l’altare sia per connetterci con quegli antichi testimoni.
I moderni martiri della Fede – che muoiono a migliaia in Siria, Iraq, Nigeria e Pakistan, per nominarne solo alcuni – stanno portando testimonianza alla verità, una verità che li rende liberi. Chi può sbagliare nell’essere ispirato dalla testimonianza alla verità di Asia Bibi, quell’analfabeta donna cristiana pakistana appena liberata dopo tutti quegli anni nel braccio della morte in Pakistan per “blasfemia”? Similmente, il presto beatificato fr. Ragheed Ganni è stato martirizzato a Mosul nel 2007 insieme a 4 suddiaconi dopo aver celebrato la Messa. Appena i suoi assassini si avvicinarono, domandarono a padre Ragheed perché non avesse chiuso la Chiesa quando glielo avevano ordinato. La sua risposta è una delle più potenti testimonianze nell’epoca moderna: “Come” chiese loro “potrei chiudere la Casa di Dio?”
Nel descrivere il servizio dei martiri alla verità, Knox ricorda ai cristiani contemporanei, specialmente nell’occidente, perché la testimonianza dei martiri è così importante in un mondo di post-verità. “Ciò su cui trionfano i martiri non è la furia del persecutore, è l’incantesimo delle cose da cui la persecuzione viene fuori. Trionfano sull’attrattiva della pace, della sicurezza, della libertà, della tranquillità, della compagnia, della salute e, in ultimo la più grande attrattiva di tutte, la vita stessa”.
Solzhenitsyn scrisse che le peggiore cosa del sistema comunista era il costringere tutti a partecipare in ciò che chiamava “la generale menzogna consapevole”. Quella partecipazione alla “menzogna consapevole” è diventata ancora più presente nelle società secolari, che negano le verità eterne. È la menzogna consapevole del politicamente corretto – la menzogna consapevole del silenzio di fronte al falso. È il forzato silenziamento delle opinioni opposte nei campus universitari, il disonorare gli avversari politici, e il crescente attacco alla libertà di parola. Ciò che Murray ha chiamato “la follia della folla” è, in verità, la limitazione della verità. È il rafforzamento della menzogna consapevole.
La testimonianza dei martiri è l’antidoto alla menzogna consapevole. È l’iniezione che previene la menzogna dal prendere posto e infettare la società con una piaga lebbrosa di falsità.
Tutti noi, in momenti di autoconsapevolezza e umiltà, ammetteremo di aver paura delle cose che Knox elenca possono essere prese da noi. Forse potremo voler perdere la nostra pace o tranquillità per il bene della verità. Ma la nostra libertà, o la vita stessa? Certamente è chiedere troppo.
La sola cosa necessaria che il martire ci dà è il coraggio sia di perseverare sia di essere lieti nella forza dello Spirito Santo. “Rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite”, scrive l’autore della lettera agli Ebrei. “Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato”.
San Teodoro di Tarso venne a Canterbury nell’Inghilterra anglosassone come arcivescovo nel 7° secolo; molti credono che fosse siriano. Tra il 640 e il 740, ci sono stati non meno di sei papi siriani. Certe volte immaginiamo che la Chiesa moderna sia molto aperta e multiculturale, ma mi meraviglio se non siamo in verità molto provinciali e che fosse l’antica Chiesa ad essere veramente “cattolica”. Cosa accadrebbe, per esempio, se il Papa nominasse come prossimo Cardinale Arcivescovo di New York un vescovo da Damasco o Beirut? Azzarderei ad indovinare che cambierebbero alcune priorità. Il passato è con noi attraverso la memoria e la venerazione dei martiri, ma la testimonianza dei moderni martiri alla verità – specialmente coloro che hanno sofferto sotto i mali gemelli del Nazismo e del Comunismo – dovrebbe dare l’incoraggiamento e l’ispirazione di cui abbiamo tanto bisogno noi cristiani contemporanei. I tentativi di integrare la menzogna consapevole nella società faranno solo crescere culture secolarizzate, che tollerano tutto tranne l’intollerabile pratica del vero cristianesimo. Esporre la verità nell’amore – Caritas in veritate – è la vocazione di ogni cristiano, senza eccezione. Ogni martire, ogni persona che “muore, non solo per portare testimonianza, ma per portare testimonianza alla verità”, è un faro di luce.
_________________
Scrivi un commento