di Aurelio Porfiri
Abbiamo osservato come la vita dei cattolici cinesi sia stata fortemente influenzata dall’ascesa al potere del Partito Comunista guidato da Mao Zedong. Questo ha portato all’espulsione dell’internunzio Antonio Riberi e dei missionari stranieri, che in parte si sono rifugiati in Hong Kong; ha portato anche alla creazione di una sorta di Chiesa parallela, la Chiesa patriottica, fondata nel 1957.
Molti dovettero scendere a compromessi con il governo, buoni cattolici che in alcuni casi cercavano di schivare conseguenze pesanti per loro o per la loro famiglia o, in altri casi, cattolici che cercavano nella loro acquiescenza con il governo un’occasione per fare carriera.
Una figura importante della Chiesa patriottica (che padre Bernardo Cervellera definisce in un articolo pubblicato su asianews per la sua morte come “tragica”) fu quella di Michele Fu Tieshan.
Entra in Seminario nel 1941 e i suoi studi e i primi anni del suo sacerdozio sono attraversati dagli sconvolgimenti che travagliavano la Cina. Egli si barcamenava in quel periodo turbolento, svolgendo vari compiti pastorali. Negli anni di Deng Xiaoping si osservarono alcuni gesti di apertura da parte del Partito verso le religioni, come ad esempio la liberazione di alcuni prigionieri. Ma nel 1979 con l’ordinazione a Vescovo di Fu Tieshan si dette un segnale diverso, ordinazione ricevuta dalle mani di mons. Michele Yang Gaojian, figura chiave nell’ambito della Chiesa patriottica e noto per le sue prese di posizione anti papali. Da quel momento mons. Fu cominciò a fare carriera nell’ambito della Chiesa patriottica, distinguendosi per le sue prese di posizione molto critiche nei riguardi del Papa e della Santa Sede.
Padre Cervellera, nell’articolo del 2007 sopra menzionato, così riassume alcuni highlights della carriera del Vescovo Fu: “Alla salita in carriera – in un intreccio di religione e politica, di religione comandata dalla politica – corrisponde una discesa umiliante e servile verso i fini del regime. Nell’89, a pochi giorni dal massacro di Tiananmen, è l’unico personaggio religioso a difendere alla televisione di stato la scelta di Deng di usare i carri armati per ripulire la piazza dai giovani studenti. Nel ’99, in obbedienza a Jiang Zemin, si associa alla campagna internazionale contro il movimento di Falun Gong, condannando i seguaci del ‘culto malvagio’, che intanto a migliaia vengono arrestati, torturati, uccisi. Nel 2000, a New York, partecipando al Millennium Summit con personalità religiose mondiali, condanna aspramente il Dalai Lama e accusa i Paesi che ‘col pretesto dei diritti umani’ si intromettono nella ‘sovranità’ di altre nazioni. In obbedienza all’AP, il 1° ottobre del 2000 condanna il Vaticano per ‘aver osato’ canonizzare 120 martiri cinesi e missionari stranieri, ‘strumenti del colonialismo’, definendo ‘intollerabile’ la cerimonia in san Pietro presieduta da Giovanni Paolo II”. Sarà per questa fedeltà che nei giorni in cui fu ricoverato per quella malattia che lo porterà alla morte, fu visitato dall’allora premier cinese Hu Jintao. Anche i suoi funerali, non particolarmente affollati (circa 1000 persone, per Li Duan ce ne erano 20.000), hanno fatto capire il peso politico di Fu Tieshan, perché ad essi hanno presenziato il già citato Hu Jintao e anche Wen Jiabao, allora capo di governo.
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