Elise Harris, in un suo articolo pubblicato ieri su Catholic News Agency (qui), riporta che Mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede fino al 21 marzo 2018, ha tenuto una relazione nell’ambito di un convegno, tenutosi in Vaticano, co-organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura e dalla Fondazione CURA. La sessione in cui ha parlato era parte di un complesso di incontri tenutosi tra il 14 ed il 20 di aprile scorso ed intitolato “Uniti per curare”, che ha visto riuniti medici, scienziati e celebrità come Katy Perry e Orlando Bloom per parlare dei nuovi sviluppi nella medicina. Di tale articolo riprendo qualche stralcio, nella mia traduzione.

Foto: mons. Dario Edoardo Viganò (Daniel Ibanez/ CNA)

Foto: mons. Dario Edoardo Viganò (Daniel Ibanez/ CNA)

Nei suoi commenti durante il panel, Viganò ha detto che la spinta per la trasparenza sul web, soprattutto quando si tratta di grandi organizzazioni, “è assolutamente urgente”.

Egli ha suggerito di leggere un libro sul “lavoro del giornalista”, che delinea il “paradigma” tra un medico e un giornalista, sostenendo che mentre il medico influenza il benessere fisico dei suoi pazienti, un giornalista influenza il benessere mentale dei suoi lettori.

“Il giornalista, come il medico, ha la capacità di avvelenare i suoi lettori [ma] con una differenza, che è quella che il giornalista può avvelenare più lettori di quanto possa fare un medico con i suoi pazienti”, ha detto.

Viganò ha detto che questo fatto significa che per i giornalisti è necessaria una “grande responsabilità etica”, e che questa responsabilità cresce con l’aumentare del pericolo di notizie false (le fake news, ndr).

Riferendosi alla conversazione tra Adamo, Eva e il serpente nel giardino dell’Eden, Viganò ha detto che il commento del serpente – “È vero che Dio ti ha detto che morrai se mangerai del frutto dell’albero della vita”? è un classico esempio di notizie false sotto forma di disinformazione.

Le notizie false hanno una dinamica mimetica“, ha detto, spiegando che essa non sembra falso immediatamente, dal momento che nella stessa probabilmente sono contenuti alcuni elementi di verità. Questo, ha detto, è il motivo per cui “è molto importante in questo momento ricordare la grande responsabilità etica”.

Con il rapido cambiamento dei media, che si basano sempre più su piattaforme digitali piuttosto che su mezzi tradizionali come i giornali, la conoscenza non viene più comunicata attraverso uno specifico “percorso pedagogico”, ma viene condivisa attraverso reti di vasta portata e non specifiche.

“Con questa conoscenza, o questa presunta conoscenza, tutti bevono attraverso l’interfaccia“, e questo crea una situazione complessa, ha detto Viganò, perché gli utenti che navigano in internet probabilmente non hanno una “attenzione alla falsificazione” o un “ascetismo all’interrogarsi”, il che significa che sono più vulnerabili alle notizie false.

Molti mezzi di comunicazione, come i blog, diventano rapidamente le loro piccole aziende, pubblicando notizie che pensano risuoneranno nell’ambito di persone appartenenti ad un determinato specifico gruppo, rendendo più facile produrre e condividere informazioni false con il fine di ottenere clic, ha detto.

E mentre la comunicazione medica è più mirata e personale, i media digitali e i social network sono globali, il che significa che il fattore di rischio è più alto, ha aggiunto.

Fin qui l’articolo della Harris.

Che dire? Tutto giusto, giustissimo quello che ha detto mons. Viganò sulle fake news.

Ricordiamo a beneficio del lettore che Viganò è stato prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede fino al 21 marzo 2018, che è la data di accettazione delle sue dimissioni da parte del papa (qui) poiché è stato al centro di uno scandalo mediatico di enormi proporzioni, chiamato “Lettergate” (qui).

Il tutto iniziò il 12 marzo scorso quando, alla vigilia del quinto anno di pontificato di papa Francesco, quando fu lanciata una collana di 11 volumi intitolata “La teologia di papa Francesco“, edita dalla Libreria Editrice Vaticana. Mons. Viganò, nel tentativo di dare alla collana un lancio mediatico a livello mondiale, lesse in sala stampa con molta enfasi una lettera del papa emerito Benedetto XVI che lodava la formazione teologica e filosofica di Francesco e, contemporaneamente, fu diffusa una foto (vedi sotto) della stessa lettera.

Qualche giorno dopo, proprio a seguito di un approfondimento della notizia e dell’analisi della foto da parte di giornalisti, venne fuori che il testo della lettera di papa Benedetto pubblicata non riportava tutto quello che era stato letto da Viganò in sala stampa, che, a sua volta, era mancante della parte più importante della lettera, quella in cui papa Benedetto scriveva di non aver letto gli undici volumetti e che non aveva alcuna intenzione di farlo. Anzi, in quel passo non letto, Benedetto mostrava una certa irritazione e tutta la sua meraviglia per il fatto che la Libreria Editrice Vaticana avesse incaricato come autori dei volumetti alcuni che in passato avevano aspramente attaccato lui e papa Giovanni Paolo II. Infine, ancora più grave, perché venivano violati gli standard internazionali di correttezza giornalistica, la fotografia della lettera e dei volumetti era stata sfuocata ad arte in alcuni punti e la posizione dei volumetti nascondeva quest’ultima parte della lettera che, come detto, non era stata letta in sala stampa.  

A seguito della forte pressione mediatica sviluppatasi, la segreteria pubblicò la lettera completa del 17 marzo (qui), che si disse essere riservata e che per questo non destinata ad essere pubblicata nella sua interezza.

Tutto ciò portò alle dimissioni di mons. Viganò. Papa Francesco nominò prefetto ad interim Mons. Lucio Ruiz, ex segretario del dicastero, ma chiese a Vigano di continuare a svolgere un ruolo consultivo, che continua a svolgere.

di Sabino Paciolla

Foto lettera Papa Benedetto XVI a Papa Franceco su libri

Foto lettera Papa Benedetto XVI a Papa Franceco su libri

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