di Gianni Silvestri
UNA VITA SENZA VERITA’,
UNA FEDE SENZA CRISTO
UNA CHIESA A SERVIZIO DEL MONDO?
Riflessioni in memoria/difesa di Don Tonino Bello
Ricorrono i 30 anni dal “dies natalis” (la partenza al cielo) di Don Tonino Bello, persona e vescovo apprezzato per la sua spiritualità e capacità di incarnare il vangelo: sua la diffusa immagine della “Chiesa con il grembiule”, cioè al servizio dell’umanità.
Su questa espressione di Don Tonino e sulla sua fede vissuta sono tutti d’accordo; invece, i distinguo sorgono con la conseguente domanda: ma qual è il servizio che la chiesa deve al mondo, cingendosi questo grembiule?
Qui le strade, spesso, si dividono (e meno male, verrebbe da dire):
DA UN LATO IL MONDO (e non pochi credenti) che immaginano la chiesa cinta ai fianchi nell’impegno per l’accoglienza, la pace, la difesa del creato, la promozione della tolleranza, la pratica della non violenza, la diffusione di stili di vita consapevoli, la valorizzazione dei diritti ed tanti altri discorsi “inclusivi”, belli da sentire, quanto spesso vuoti di contenuti concreti, se non del sottostante leitmotiv della società- così semplificato-: “Vivi come vuoi, perché ogni scelta è buona, se fatta con il cuore, senza bisogno di una Verità o di una morale”.
In questo cammino di emancipazione da ogni verità “oggettiva”, (subordinata alle voglie o ai pareri soggettivi), il mondo spesso ha bisogno “di appropriarsi” (modificandole) di alcune figure simboliche, che svuota dall’interno della loro forza evangelica, facendone dei contenitori vuoti, accettati ed accettabili da tutti, in quanto chiunque li può riempire “alla bisogna”.
Di questa “appropriazione indebita” rischia di essere vittima anche Don Tonino Bello, assunto da più parti a simbolo del dialogo a prescindere dalla Verità. Tanti media lo ricordano e celebrano solo per l’apertura dei locali della Diocesi ai senza casa, per la marcia per la pace a Sarajevo nel Dicembre del ’92, per la capacità di dialogo, per l’accoglienza agli immigrati ecc; si ricorda tutto, fuorché le sue Messe, le sue pagine di spiritualità, o i suoi richiami alla radicalità e coerenza con il Vangelo, il suo amore per Cristo e la Chiesa, le sue stesse omelie contro i valori di quello stesso mondo che oggi tenta di omologarlo e di renderlo inoffensivo.
Di tale manipolazione mediatica con annessa riduzione spirituale, che fa torto a Tonino Bello, abbiamo un altro chiaro esempio nella figura di San Francesco, addirittura chiamato “l’alter Christus” in quanto, dai più, ritenuto:
– il santo più mistico (ebbe in dono le stimmate);
– il più amante di Cristo (non fu sacerdote: non si riteneva degno di toccare l’Eucarestia),
– il più rispettoso del vangelo accettato “sine glossa” (alla lettera, senza interpretazioni).
– il più deciso ad annunciarlo senza sconti (partecipò ad una crociata e propose di abbandonare l’Islam ed abbracciare Cristo persino al Sultano). Orbene un tale gigante, al quale Cristo stesso chiese addirittura di riparare la Chiesa, sembra spesso ridotto dal mondo ad uno sbiadito ecologista che si limita ad amare la natura e parlare agli uccelli, alla stregua di un guardacaccia qualsiasi.
Questi due esempi ci fanno comprendere il concreto rischio che oggi viviamo, di subire la manipolazione di ogni possibile esperienza, pur di addomesticarla ai valori del mondo, alla “nuova religione” dell’ambientalismo (in questi giorni solo più le voci a difesa di un’orsa assassina, che quelle di cordoglio per la vittima uccisa). Il tutto condito dalla più assoluta tolleranza di ogni comportamento, ammesso in nome di un buonismo che vorrebbe tutto giustificare, sino a promuovere lo stesso dialogo ecumenico tra le religioni non come ricerca comune della verità, ma come tentativo di sbiadirla, per annullare ogni differenza, in quanto “divisiva”. In questo “cammino inclusivo” del mondo, lo stesso messaggio di Cristo si scolorisce, viene addomesticato, privato cioè delle parti ritenute “scomode e divisive” per trasformarsi in una religione civile, tanto più accettabile quanto più depotenziata degli aspetti ultraterreni (chi parla più di Inferno, Purgatorio, Paradiso, e/o della terribile realtà del male e del Diavolo che lo diffonde?).
Il mondo cioè lascia in ombra la missione principale della Chiesa che è l’annuncio dell’assoluta novità di un Dio che si è manifestato.
DALL’ALTRO LATO, di fronte a tale manipolazione, sia la Chiesa sia noi singoli cristiani, dovremmo farci guidare non dal pensiero “politicamente corretto”, ma dal Vangelo, dalla sua dirompente “Buona Novella” che non può essere messa in secondo piano rispetto a qualsiasi altra tematica, perché l’unica ad annunciare che ci aspetta una vita eterna, in possibile compagnia con Dio (o con il suo temibile Nemico).
Ben altra cosa, dunque, rispetto ai valori cangianti del potere mondano che mira ad una vita senza verità, ad un cristianesimo laico e tollerato solo senza Cristo, ad una Chiesa al suo servizio, imbrigliata negli insipidi valori condivisibili, senza più distinzione tra bene e male.
Insieme a questa grande palese “riduzione esterna” del mondo, dobbiamo essere attenti ad un’altra, subdola “riduzione interna alla chiesa”, che da un lato riconosce l’esistenza del male, ma dall’altro agisce come se l’uomo fosse capace da solo di vincerlo, senza l’aiuto di Dio.
È la visione della “chiesa dell’attivismo” in cui ci si perde (o consuma) in tante iniziative materiali (dai viaggi, alle marce, alle fiere del dolce ecc). In questa “chiesa dell’attivismo” ci si affanna ad organizzare più una “schitarrata” che un’adorazione al Santissimo, più una partita a burraco che un rosario, più un corso di Yoga che un ritiro spirituale, più un incontro con “l’esperto di turno” che con Cristo stesso nell’Eucarestia.
Tutte iniziative che non hanno al centro la vera novità del Vangelo: il rapporto, qui ed ora, con Cristo, unico a poterci donare una vita liberata, anche dal nostro male, quello che più ci limita e condiziona. Sarà per questa “dimenticanza” che il male dilaga anche in forme sempre più raffinate e difficili da distinguere, sempre più mimetizzato in tanti discorsi inclusivi ed accattivanti che si basano solo sulla libertà senza Verità, che accettano persino scelte di peccato in nome della libertà personale, assunta ad ultima istanza di comportamento.
Ma dobbiamo ribadire che, per il cristianesimo, la libertà di peccare non è contemplata, anzi non è libertà, ma rifiuto di Dio, frutto di superbia e causa di perdizione.
Cristo stesso- unico esempio senza errori- dopo aver salvato l’adultera dalla lapidazione, non la condanna, ma, pur perdonandola per il suo sbaglio, alla fine la ammonisce: “va’ e non peccare più”.
Non le dice (come oggi predica il mondo): “rispetto la tua libertà e le tue scelte di adulterio, resta così come sei, vivi libera come vuoi, se questo ti fa sentire più realizzata“.
Il messaggio di Cristo è invece chiaro e senza finzioni, reale e non virtuale, sino a diventare scomodo: “convertitevi o perirete tutti“, perché con il male non ci si può permettere il lusso di scherzare o di sottovalutarlo: ne siamo così impregnati (è il peccato originale) che se non vigiliamo e chiediamo aiuto a Dio, i nostri comportamenti ne restano condizionati e persino attratti (la via più facile-anche se falsa- è sempre più attrattiva di quella impegnativa -anche se vera). Sarà un caso che l’unica preghiera insegnataci da Cristo finisce con un “sed libera nos a malo”?
Non resta dunque che affidarsi- letteralmente- alle parole di Cristo- una per una- sia perché solo lui ha il potere di frenare il male, sia perché solo la sua Verità può renderci liberi e felici. “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv. 15,11).
In pace.
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