di Sabino Paciolla
A proposito dell’intervista che Papa Francesco ha concesso a Valentina Alazraki della emittente messicana Televisa, è bene ritornarci sopra per riflettere ed approfondire. Il motivo è necessariamente legato al fatto che è la prima volta dopo dieci mesi che il Papa si esprime sulla vicenda di McCarrick. Infatti, ad agosto scorso aveva detto: “Non dirò una singola parola al riguardo”. Poi il silenzio.
Quale la valutazione dell’intervista dell’altro giorno?
Certamente, come ho già avuto modo di dire in un articolo precedente, quando ad agosto il papa disse ai giornalisti in conferenza stampa in volo: “Non dirò una singola parola al riguardo. Credo che la dichiarazione parli da sola. E voi avete la capacità giornalistica di trarre le vostre conclusioni.”, tutti pensarono che i giornalisti fossero stati invitati dal Papa a leggere la lettera di Viganò e a trarre le conclusioni. Invece, nella intervista alla TV messicana è venuto fuori che il Papa intendeva dire che i giornalisti avrebbero dovuto indagare nella vita privata di Viganò perché attraversata da una lite familiare sulla eredità sfociata in Tribunale (e lì però terminata). Una lite che nulla aveva a che fare con il caso McCarrick. “Certo. Ho taciuto” ha detto Francesco “perché avrei dovuto gettare fango. Che siano i giornalisti a scoprirlo. E voi l’avete scoperto, avete trovato tutto quel mondo.”
Come ha giustamente affermato Christopher Altieri sul Catholic World Report: “Viganò potrebbe essere un santo vivente: ma, se il suo ricordo non è esatto, allora avrebbe comunque fatto gravi ingiustizie alla persona del Santo Padre e gravi danni all’Ufficio di Pietro, insieme a danni incalcolabili alla fede e al popolo di Dio. Se, però, il ricordo dell’ex Nunzio è accurato, allora potrebbe essere lui stesso un diavolo, e tuttavia aver dato a Papa Francesco un resoconto del carattere depravato di McCarrick, che Francesco avrebbe dovuto prendere ancora sul serio, e apparentemente non lo avrebbe fatto.”
Sorvolo poi sull’affermazione che Papa Francesco ha fatto in merito alla lettera di Viganò: “Alcuni di voi hanno persino scritto che era pagata, non so, non mi risulta però.”. Credo non si debba menzionare un fatto tanto grave se non si è a conoscenza di nulla, altrimenti si corre il rischio di cadere nella insinuazione.
Infine, l’ultimo punto importante è quello relativo alla famosa frase prima omessa e poi reinserita nella trascrizione italiana della intervista in spagnolo, dopo che l’Associated Press aveva chiesto chiarimenti dell’omissione al Dicastero vaticano delle comunicazioni. La frase che dice il Papa, che prima era assente e poi è comparsa, è la seguente: “E quando dice [Viganò] che mi ha parlato quel giorno, che è venuto … e io non mi ricordo se mi ha parlato di questo, se è vero o no. Non ne ho idea!”.
Alla luce di questi tre punti evidenziati, si può dire che questa intervista, nella questione specifica relativa al caso McCarrick-Viganò, se da una parte è stata una delusione (spostare l’attenzione dal contenuto della lettera alle questioni personali di Viganò e, peggio, alla menzione della lettera “pagata”), dall’altra ha aperto per la prima volta una possibilità almeno potenziale che Viganò potrebbe avergli parlato di McCarrick (”io non mi ricordo se mi ha parlato di questo, se è vero o no. Non ne ho idea!”). Per tutto questo, a molti l’intervista è sembrata un continuare a non voler affrontare la quesione essenziale del caso.
Per una fortuita coincidenza, nella stessa giornata, circa un’ora prima della messa in onda della intervista, il segretario personale dell’ex Card. McCarrick, Msgr. Figueiredo, ha pubblicato stralci di corrispondenza che aveva avuto con quest’ultimo. Dopo questa pubblicazione, la sensazione dei più è che ulteriori tasselli di conferma si siano aggiunti alle affermazioni esternate con la lettera dall’arciv. Carlo Maria Viganò. In particolare, che McCarrick fosse stato sottoposto a restrizioni da parte del Vaticano sotto il papato di Benedetto XVI sarebbe diventato una certezza. Basterebbe attendere la pubblicazione delle copie vere e proprie della corrispondenza privata da parte di Msgr. Figueiredo.
E’ bene precisare che al momento non è chiaro, sicuramente non è provato, che Papa Francesco sia stato messo conoscenza delle restrizioni imposte da Benedetto XVI e che, di conseguenza, le abbia deliberatamente eliminate, vedendo in McCarrick una risorsa particolarmente versata nella costruzione di relazioni. Una risorsa da impiegare in particolare in due questioni geopolitiche di notevole importanza: da una parte, in Occidente, i rapporti con l’Amministrazione Obama e la inquieta conferenza dei vescovi statunitensi e, dall’altra, in Oriente, le relazioni con il Governo cinese che portassero ad un qualche superamento della mai sanata spaccatura tra la Chiesa sotterranea (non ricosciuta dal Partito cinese, ma fedele a Roma) e la chiesa ufficiale cinese (costituita e governata dal Partito cinese, ma non riconosciuta dal Vaticano).
E dunque, dopo dieci mesi, questo tentennare, questo mancato effettivo affronto da parte del Papa della vessata quaestio, anzi l’averla buttata sull’aspetto delle questioni familiari e del buon nome di Viganò, non fa che aumentare in alcuni la sensazione di dubbio.
Allora, a quasi un anno di distanza dal deflagrare dello scandalo, che rischia di minare disastrosamente la credibilità della Chiesa cattolica e di erodere la fiducia dei fedeli cattolici nella autorevolezza dei loro pastori, cruciali rimangono le domande di cosa il Papa sapesse e quando, eventualmente, lo avesse saputo.
A questo punto, prima di continuare, è bene notare una cosa.
Più di quindici anni fa, nel 2002, all’epoca del primo scandalo degli abusi sessuali clericali scoppiato negli Stati Unita la grande stampa americana si fiondò sul caso. Ricorderete l’inchiesta giornalistica portata avanti dal quotidiano Boston Globe, chiamata Spotlight, l’indagine che valse il Premio Pulitzer di pubblico servizio al quotidiano nel 2003, che portò alla scioccante verità della complicità della Chiesa in una vasta gamma di casi di abusi su minori. Da quella inchiesta fu poi tratto il film Oscar intitolato appunto “Spotlight”. Questa volta, però, la grande stampa sembra fare spallucce. Probabilmente perché oggi, piuttosto che la pedofilia, molto più centrale è la questione della omosessualità nella Chiesa. E l’omosessualità, di questi tempi, è diventata una bandiera da far sventolare il più alto possibile, un orgoglio, un valore che la cultura mainstream fa di tutto per difendere e promuovere. In tutto questo, involontariamente un grande assist lo ha sicuramente dato proprio Papa Francesco con il suo famosissimo “Chi sono io per giudicare”. Manna per i media della cultura dominante.
Ma oggi, a differenza di quasi venti anni fa ci sono i social, ci sono i siti internet indipendenti, ci sono i blog. C’è insomma un contr’altare alla cultura mainstream dominante, c’è tanta voglia di conoscere ed un “attivismo” senza precedenti. Ciò alimenta una fortissima dialettica all’interno del popolo cattolico che non fa certamente bene alla Chiesa. Per questo non è così semplice o non è augurabile che si prolunghino i tempi nell’arrivare alla verità sulla questione. I danni causati da un “aspettando Godot” cattolico sarebbero notevoli.
La stessa frase del Papa sulla lettera “pagata” non fa che alimentare la tensione tra progressisti e conservatori. Infatti, quella frase dà spago alla interpretazione che vorrebbe far passare Viganó per un ingrugnito conservatore che sarebbe parte di un più grande complotto di fanatici conservatori arrabbiati, al soldo di miliardari americani, ostili allo stile ed al messaggio pauperistico di Papa Francesco. In Italia, ma anche in altre parti del mondo, alcuni credono a questo disegno. Purtroppo, chi crede a questa storia ha capito poco di quello che ribolle nel sentire del semplice fedele cattolico in italia, in Europa e negli USA. Anzi, soprattutto negli USA.
Per questo, ancora più forte diventa la convinzione che l’unico modo per risolvere questa impasse sarebbe un esame approfondito e indipendente dei documenti in archivio. Ma un esame approfondito ed indipendente era proprio quello che chiedevano i vescovi statunitensi l’anno scorso, poi fermati dal Vaticano.
D’altra parte, il Vaticano, dopo forti insistenze, all’inizio di ottobre scorso promise un tale esame, un’indagine che attualmente sembra essere in corso, e guidata direttamente dal Card. Parolin, il Segretario di Stato vaticano, la seconda carica per importanza dopo il Papa. A dimostrazione di quanto delicato sia il caso. Finora, però, a otto mesi di distanza, nulla è stato reso pubblico. E lo stesso Parolin, dopo le reazioni alla intervista del Papa alla emittente messicana, ha confermato che l’indagine è in corso, ma è stato evasivo sulla data della pubblicazione dei risultati.
Per inciso, dato che McCarrick ha collaborato con il card. Parolin al dossier della Cina, anche lui, in linea di principio, dovrebbe essere chiamato a riferire sul caso.
Probabilmente qualcuno potrebbe aver pensato che la riduzione allo stato laicale di McCarrick avrebbe dovuto risolvere il “problema McCarrick”, cioè aver chiuso la falla. Se quel qualcuno lo avesse pensato, avrebbe sicuramente commesso un grave errore! Laicizzare McCarrick era obbligatorio semplicemente perché lo imponeva il Codice di Diritto Canonico. Quindi, la laicizzazione non risolve il problema o, comunque, è solo una parte del problema, forse la più scontata.
E ciò perché la gente si chiede come mai una persona come McCarrick, che ha commesso quelle nefandezze, sia potuta arrivare così in alto nella gerarchia ecclesiastica e per tanto tempo. La gente si chiede chi sia stato a non far applicare le restrizioni (scomparsa dalla scena pubblica e ritiro a vita reclusa nella preghiera) volute da Benedetto XVI, e come mai gli sia stato consentito di riprendere i suoi movimenti nel mondo. La gente si chiede come mai dal 2013 sia diventato un vero e proprio globe-trotter nel mondo impegnato in attività per conto del Vaticano, anche in dossier delicati come quello cinese.
Il punto, come si vede, non è McCarrick in quanto tale, anche lui, certamente, ma lo stato della Chiesa nel suo complesso, il “sistema” di potere, il prorompere della questione della omosessualità.
Data la situazione attuale caratterizzata da questa iniziale diffusione di corrispondenza privata (quella di Msgr. Figueiredo) è ragionevole pensare che altri potrebbero seguire questa strada. Pertanto, semmai una comunicazione dell’esito della indagine condotta dal card. Parolin negli archivi vaticani, diocesani e della Nunziatura apostotlica negli USA dovesse mai arrivare, sicuramente costituirà un vero e proprio test per la trasparenza vaticana sulla spinosa questione McCarrick. Infatti, una comunicazione non completa potrebbe essere facilmente “corretta” da altre pubblicazioni private. Si ricordi che lo stesso mons. Anthony Msgr. Figueiredo ha semplicemente diffuso brani di corrispondenza privata, ma ha detto che le vere e proprie copie da cui tali brani sono stati tratti verranno pubblicate in futuro su un sito internet.
Tra l’altro, lo stesso Msgr. Figueiredo ha affermato che si è sentito spinto a pubblicare quel materiale dopo aver dato “seguito ai tentativi, dal settembre 2018, di condividere e discutere con la Santa Sede e altri leader della Chiesa” quella corrispondenza. Inoltre, ha detto di averlo fatto anche perché sollecitato indirettamente dallo stesso Papa Francesco a seguito della pubblicazione il 7 maggio scorso del nuovo motu proprio Vos estis lux mundi. Motu proprio che è entrato nella piena operatività dal primo giugno scorso.
Di Vos estis lux mundi ho già avuto modo di parlare su questo blog. Come ho scritto in un precedente articolo: “Potremmo dire che il punto cardine del documento è che i sacerdoti e i religiosi sono canonicamente obbligati a denunciare la loro conoscenza di casi di abusi o di qualsiasi scorrettezza, e che le conferenze episcopali dovrebbero stabilire un meccanismo di denuncia che possa essere utilizzato da chiunque. Dice che gli informatori non devono essere puniti e sottolinea l’attenzione dovuta alle vittime di coercizione sessuale clericale e alle loro famiglie.”
Dopo la pubblicazione del motu proprio, ecco una prima importante conseguenza: “Le mie azioni nel pubblicare questo rapporto in questo momento sono incoraggiate dal motu proprio Vos Estis Lux Mundi del Santo Padre”, scrive Mons. Figueiredo, che è “basato sul principio fondamentale che è imperativo mettere in pubblico dominio, al momento giusto e con prudenza, informazioni che devono ancora venire alla luce e che incidono direttamente sulle accuse di attività criminale, le restrizioni imposte al mio ex arcivescovo, ora ridotto allo stato laicale, e che sapeva cosa e quando”.
Pertanto, se dal primo giugno scorso è diventato illegale per i chierici ed i diaconi possedere informazioni relative ad atti criminosi sessuali e non comunicarli a chi di dovere, allora qualcuno ha dato corso a questo obbligo canonico.
Oggi, dunque, tenuto conto che importanti nodi sono ancora da sciogliere, diventa più che mai urgente pervenire ad una soddisfacente soluzione del caso, alle dovute risposte che tanti fedeli meritano di ricevere.
In un mio articolo di agosto scorso scrissi:
“Una mancata risposta alle accuse non può che portare ad una profonda perdita della autorità morale del Papa dovuta alla persistenza del dubbio sulla fondatezza e veridicità delle stesse. Un danno per la Chiesa incalcolabile.
In conclusione, non possiamo che sperare che il nodo venga sciolto nel più breve tempo possibile. Nel frattempo, non ci resta che sperare e pregare.”
Credo che questa considerazione sia oggi ancora più vera di ieri.
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