di Giuliano Di Renzo
Intorno al 25 maggio veniva ricordato con enfasi che il 5 giugno sarebbe ricorso l’anniversario della fondazione a Napoli dell’Università Federico II, sottolineando la “napoletanità” già allora della cultura della città.
Doveroso commemorare un avvenimento di rilevanza culturale nella storia della città e della cultura italiana.
Ma in questa circostanza la commemorazione era viziata da inappropriata esaltazione localistica e, ciò che era più grave, da sotteso uso laicistico di polemica anticattolica.
“La Federico II è la più antica università laica e statale del mondo. Fondata il 5 giugno 1224 a Napoli”, si leggeva sopra la riproduzione in grande del volto di quel Sacro Romano Imperatore, Re di Germania e Re di Sicilia avente capitale Palermo.
Vale la pena valutare criticamente le propagandistiche affermazioni del manifesto.
Coloro che le hanno scritte avrebbero bisogno di ampio ripasso della storia, in modo da evitare a sé la mortificazione e agli altri l’inganno di leggere notizie private del loro senso se le si astrae dal loro quadro storico e culturale.
Le categorie che usano appartengono all’omologata cultura del conformismo odierno esclusivamente centrata sull’uomo, quindi ostile al sacro e ai valori trascendenti, pragmatica e relativistica e impegnata nella cancellazione del suo passato con conseguente accettazione della barbarie dello spirito.
Tutt’altra era l’Europa occidentale di allora, una Christianitas governata congiuntamente dalle due spade del potere religioso e del potere laico. Che seppure spesso nella pratica si trovavano in disaccordo ambivano a operare insieme con specificità distinte per il bene della stessa soprannazionale comunità di popoli cristiani di europei occidentali.
Nel medioevo l’opposizione sacerdozio e laicità era forma di dialettica tutta interna alla Christianitas, La laicità come laicismo non appartiene al medioevo.
Lo sforzo di confinare la fede cattolica nello spazio privato senza influsso sulla società con separazione della vita dalla fede e della politica dalla morale fu per degenerazione ideologica di quella dialettica operata dalla rivoluzione luterana in poi sino all’illuminismo massonico ed è quella che ci ha fatto dono dei mostri di Leviatani assolutisti: monarchie illuminate, aristocrazie borghesi-liberali e democratici partiti di massa autoreferenziali e senza Dio.
Purtroppo la scuola che dovrebbe essere dello stato ma è diventata di stato ha generalmente insegnate ideologie o da punti di vista ideologici inficiati di laicismo e marx-comunismo ante e post ‘68. L’Universitas si sviluppò dalle Scholae delle cattedrali e la caratteristica loto propria di istituzioni di autonomia e libera ricerca le venne conferita dalla Chiesa, che intendeva difenderle così dalle aggressioni dei poteri laici.
Questa autonomia, che distingue ancora oggi l’Università da Studium, Accademie e Circoli prima di corte poi dei salotti, parrebbe essere oggi solo legale e apparente, perché le Università, così come la società, sono tutte transennate dalle ideologie che nel tempo vengono man mano di moda. Federico II era cristiano re di Sicilia e re di Germania e Sacro Romano Imperatore. Il regno di Napoli non esisteva.
Dunque di quale cultura napoletana di allora si vorrebbe parlare, che semmai era siciliana.
I normanni diedero alla Sicilia e al sud d’Italia configurazione di stato e prosperità politica, culturale e militare tanto da diventare stato di livello europeo e da competere con l’impero Romano d’Oriente. Si direbbe che sia stata la prima presenza unitaria e autonoma dell’Italia e tale più o meno rimase sino alla distruzione che ne fecero i Fratelli d’Italia del 1861.
La Sicilia e Palermo fiorivano di cattedrali, chiese, cappelle palatine, castelli, giardini e Scuola Poetica Siciliana tanto da parere il siciliano diventare lingua unitaria dei popoli dell’unica nazione italiana.
Napoli era uno dei porti e delle città del Regno di Sicilia, non diversamente da Salerno, Pozzuoli e altri piccoli centri un po’ ovunque nel regno.
Aveva ragione il filosofo cattolico Carmelo Ottaviano nella grande sua Storia della Filosofia, edita guarda caso proprio a Napoli, che nel presentare San Tommaso d’Aquino lo diceva “siciliano”, della nazione siciliana. E proprio quel genio Tommaso dei Conti d’Aquino, appunto il santo fra Tommaso d’Aquino, fu uno dei primi giovanissimi studenti dell’appena istituita Università Federico II.
La quale università ha a che fare come tale con la universitas degli studenti, divisi in nazionalità, non con la molteplicità delle facoltà come qualcuno forse potrebbe essere tentato di pensare.
Chi non ricorda i grandi maestri come Henri-Irenée Marrou con la sua Storia dell’educazione nell’antichità e Pierre Riché con la sua Education et culture dans l’Occident barbare? Oggi l’università è libera o è conformista?
Un esempio? Nel 2008 lo storico Sylvain Gouguenheim dell’Università di Lione osò pubblicare il suo Aristote au Mont- Saint Michel, col quale dava posto al benedettino Giacomo da Venezia, monaco a Mont-Saint Michel nella trasmissione di Aristotele in Occidente con le sue traduzioni dal greco in latino e ricordava anche del flusso di scambi commerciali e culturali dell’Occidente, prima di tutti Venezia, con Costantinopoli.
Lapalissiano no? Non per l’illuminata cultura di regime, che lo mise alla gogna di untore come in vera e propria caccia alle streghe. Gouguenheim corse il rischio di venire cacciato dall’Università di Lione. Persino il suo editore italiano Rizzoli fu costretto a cambiare il titolo del libro. Pochissimi, tra i quali lo storico e filosofo cattolico Rémi Brague, osarono qualche difesa del professor Gouguenheim.
Quale delitto aveva compiuto costui? Aveva osato intaccare uno dei miti del laicismo illuminato, che nell’età di mezzo la luce della cultura era solo tra gli “arabi”, mentre nella Christianitas latina era oscuro Medioevo.
Del resto quante ne dovette subire la nostra Oriana Fallaci, e poi Silvio Berlusconi, quando osò toccare sacrilegamente il tabù-giocattolo della conformistica cultura progressista dicendo che la nostra cultura (cristiana) occidentale è superiore alle altre.
Chi poi non ricorda la violenza di progressistica orda barbarica che nel 2008 si abbatté contro il Papa Benedetto XVI, reo di disporsi ad accedere alla libera statale Università di Roma La Sapienza, invitato dal Rettore?
Papa Benedetto, già prestigioso professore universitario in Germania, conferenziere e studioso di valore internazionale, che pure era già stato a parlare in Senato, invitato dall’amico Sen. Prof. Marcello Pera.
Pertanto una maggiore cautela e attenzione eviterebbe di trasformare una memoria in inopportuna fallita propaganda.
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