di Miguel Cuartero Samperi
Quaranta giorni di cammino spirituale in preparazione alla Pasqua. Quaranta, come gli anni passati dal popolo di Israele nel deserto, come i giorni passati nel deserto da Gesù. Quaranta giorni di preghiera, di digiuno e di elemosina: tre armi “terapeutiche” consegnateci dallo stesso Gesù, non come norme o precetti da osservare pedissequamente, pena l’esclusione dal numero degli eletti, ma vere medicine per l’anima. Di fatto la Quaresima non è altro che un cammino di guarigione, una guarigione spirituale per vivere in pienezza il mistero pasquale.
Un check-up spirituale, una cura per l’anima. In tempi di emergenza globale legata alla diffusione del coronavirus, tra eccessivi allarmismi e vane facilonerie, la parola più sentita è “quarantena”, un termine strettamente legato a quello di “quaresima”, perché rimanda a un numero preciso di giorni (quaranta, per l’appunto) nei quali è necessario conservare un prudenziale riguardo e una particolare cautela; ritirato dal mondo e dalla società per evitare i contagi e la diffusione del virus.
Secondo il dizionario Treccani, il secondo significato della parola quarantena è il seguente: «Periodo di segregazione e di osservazione al quale vengono sottoposti persone, animali e cose ritenuti in grado di portare con sé o trattenere i germi di malattie infettive, spec. esotiche; così detto dalla durata originaria di quaranta giorni, che in passato si applicava rigorosamente soprattutto a chi (o a ciò che) proveniva per via di mare, in tempi moderni è stato ridotto a seconda delle varie malattie, in rapporto al relativo periodo d’incubazione e alle pratiche di disinfezione».
Ma il primo significato del termine quarantena è «Periodo di quaranta giorni: indulgenza di sette anni e sette q.; anche, digiuno di quaranta giorni, fatto per penitenza». Ciò sta a significare il legame semantico tra i termini quarantena e quaresima. Tra un periodo di riguardo in vista della guarigione del corpo e un tempo dedicato alla guarigione dell’anima.
Solitudine e silenzio
Ai tempi del coronavirus, dunque, la Quaresima (che dura esattamente 40 giorni) può dunque ben intendersi come una quarantena. Un periodo di quarantena per l’anima, in cui il nostro cuore viene posto sotto osservazione. Giorni di precauzione, di cura. Giorni di prudente ed auto-imposta solitudine per evitare il contatto col mondo esterno. La solitudine aiuterà l’anima a preservare sé stessa dal contatto con tutto ciò che è esterno a sé, e dunque aiuterà a non distrarsi, a non disperdersi, a non curiosare verso fuori ma a guardarsi dentro. Il silenzio sarà, per l’anima, il modo migliore per concentrarsi su se stessa non per un egocentrismo idolatrico, ma per conoscersi, prendersi cura di sé ed identificare i mali da combattere.
Conoscenza e coscienza dell’uomo interiore
Godere di buona salute ci fa spesso dimenticare ciò che siamo e ci fa vivere rivolti verso il mondo esteriore, preoccupati di ciò che accade attorno a noi e di quello che facciamo o dobbiamo fare. Al contrario, lo stato di malattia, anche solo una semplice indisposizione, ci rende consapevoli della precarietà e fragilità del nostro corpo e ci permette di tornare a guardare a noi stessi. La malattia – anche solo il sospetto o la minaccia che questa rappresenta per il nostro stato di salute – rende il nostro corpo presente a noi stessi, lo porta in evidenza, dallo sfondo al primo piano, dallo scontato alla presenza, spesso ingombrante e problematica. Così la paura del contagio, al tempo del coronavirus, ci costringe a fare attenzione all’igiene e al contatto col mondo esterno, dal lavarci le mani, allo starnutire… cose e gesti a cui normalmente non badiamo molto.
Allo stesso modo succede con l’anima. Spesso, solo una crisi, una ferita interiore, un periodo di particolare combattimento, ci costringono a guardare a noi stessi. Rendono l’anima presente a noi stessi, con la sua fragilità e con la sua problematicità. Tutto questo è un bene: anche l’anima, come il corpo, ha bisogno di attenzione, di cura, di alimento e di attenzione. Il tempo di quaresima è un’occasione favorevole per tornare a guardare dentro noi stessi, al nostro uomo interiore, alla nostra anima. Un sano ritorno a se stessi, da non confondere con un atteggiamento egotistico (una esagerata considerazione narcisistica di se stessi) o egolatrico (culto esasperato di se stessi). Si tratta piuttosto di un esercizio volto a recuperare la consapevolezza di non essere solo un corpo e di ri-conoscere che il nostro uomo esteriore è inscindibilmente legato all’uomo interiore, l’uomo terreste all’uomo celeste.
Medicine e cure nelle “stanze del cuore”
Di certo il virus che la Quaresima vuole debellare dall’anima è il peccato. Se infatti tutti sperimentiamo di essere schiavi del peccato, Gesù Cristo viene a liberarci. Il Suo trionfo sul peccato verrà sigillato con la sua morte e risurrezione, durante la Notte Santa, in cui si consumerà il passaggio dalla morte alla vita. E la mattina di Pasqua la luce del risorto illuminerà le nostre tenebre. Per il popolo ebraico uno dei riti più importanti con cui ci si prepara alla Pasqua, è quello della caccia al chametz (il lievito): obbedendo al precetto biblico (Esodo 13) tutte le famiglie ebree, alla luce di una candela, percorrono le loro case per eliminare scrupolosamente ogni traccia di “lievito”, proibito durante sette giorni di Pasqua. La ricerca del chametz, di notte alla luce della candela, è il segno che Israele è disposto a far luce nel buio della propria anima per eliminare ogni traccia di male presente in essa. “L’anima dell’uomo è come una luce del Signore, che scruta tutte le stanze del cuore” (Prov. 20,25). La ricerca dello chametz ha un significato molto profondo: è la ricerca del proprio io. Significa portare alla luce ciò che rappresenta l’idolatria che ci allontana da Dio e rinunciarvi, per poter guarire e tornare, con un cuore nuovo, alle fonti della Vita.
Mancanza di informazioni certe
Uno dei problemi legati all’emergenza sanitaria del coronavirus è la carenza di informazioni certe riguardo la sua pericolosità, la sua diffusione e le misure da adottare per prevenire i contagi. Allo stesso modo si può evidenziare un problema di informazione riguardo alle malattie dell’anima e alla necessità di prevenzione e di cure che essa necessita. Molte delle più grandi eresie e deviazioni dottrinali sono nate a causa di un equivoco sulle potenzialità e le fragilità dell’anima. Mai hanno giovato l’eccessivo ottimismo e il suo opposto. Recentemente si è parlato di neo-pelagianesimo e neo-gnosticismo, dottrine che ingannano l’uomo riguardo la sua salvezza. Se poi, da una parte Lutero affermava con estremo pessimismo che l’uomo era un schiavo delle passioni e incapace di trovare redenzione da se stesso (un albero marcio, non può volere né fare altro che male), oggi al contrario l’eccessivo ottimismo nei confronti dell’uomo tende a considerarlo capace di raggiungere, con le proprie forze, la sua massima realizzazione. Si parla infatti del principio di autodeterminazione come principio fondamentale a cui fare riferimento.
La Chiesa ha sempre affermato con chiarezza che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, ferito dal peccato e redento dalla Grazia. La vita spirituale è un costante combattimento per tornare a quella somiglianza iniziale col Creatore. Tornare in noi stessi, scrutare il profondo della nostra anima, scoprire il nostro peccato e rinunciare ad esso, riscoprire la forza del nostro battesimo e tornare a rinascere nella Pasqua. Questa è l’opportunità che ci viene concessa dalla quaresima, una quarantena per l’anima che non possiamo rifiutare.
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