Sulla questione della infedeltà grave (sottolineo grave) dei chierici, ecc., si pone il problema del che fare. La “tolleranza zero” è stata già applicata in alcune diocesi dove in passato sono scoppiati grossi scandali di abusi sessuali. Il card. Muller, in un articolo già pubblicato su questo blog, aveva detto che i sacerdoti colpevoli di abusi devono essere esclusi dal sacerdozio per sempre. E lo stesso Benedetto XVI, in un’altro articolo pubblicato sempre su questo blog (qui) diceva: “La più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”.
Riprendo a questo proposito l’opinione di Robert P. George, professore di diritto nella prestigiosa università di Princeton, il quale reputa che la questione centrale sia la infedeltà, che ricollega soprattutto alla funzione del ministero sacerdotale, in quanto, come lui dice, “veleno nel sangue della Chiesa”, non alla semplice misericordia che, ovviamente, spetta a ciascun uomo, ed al cammino di conversione, che comincia con il battesimo.
Al centro dei recenti scandali cattolici c’è l’infedeltà, letteralmente la mancanza di fede. Ci sono sacerdoti, anche vescovi e persino cardinali, che non credono in Dio, o la cui fede in Dio è solo fittizia (come dimostra in modo definitivo la loro mancanza di timore per Lui). In ogni caso, non credono a ciò che la Chiesa cattolica insegna sulla moralità (e per moralità intendo non solo la moralità sessuale, ma anche i nostri obblighi di amare e rispettare, e non di sfruttare o abusare, degli altri), o almeno non sono disposti o incapaci di abbracciare tale insegnamento e di incarnarlo in modo coerente nella loro vita e nei loro ministeri. Perciò sono infedeli, tra le altre cose, ai loro voti di castità e agli insegnamenti della Chiesa sul sesso e il matrimonio e sul dovere di non sfruttare o abusare mai.
Qual è la risposta? Ebbene, fondamentalmente la risposta all’infedeltà è la fedeltà. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno. Come ha detto il mio amico padre Richard John Neuhaus, “fedeltà, fedeltà, fedeltà”. Non c’è posto adeguato per i sacerdoti infedeli (di qualsiasi rango) nella Chiesa. Se un uomo non crede a ciò che la Chiesa insegna di Dio, della dignità della persona umana, del sesso e del matrimonio, o della giustizia, non dovrebbe esercitare come sacerdote o servire come vescovo. Se non può o non vuole proclamare questi insegnamenti, e certamente se non può o non vuole condurre la sua vita coerentemente con essi, non deve essere ordinato (se è, o si propone di diventare, seminarista) o, se è già ordinato, le sue facoltà sacerdotali devono essere rimosse. Punto.
Ovviamente, se dei sacerdoti (o altri che ricoprono cariche o prestano servizio nella Chiesa, come gli educatori religiosi laici o i ministri della musica) commettono dei crimini, dovrebbero essere consegnati alle autorità pubbliche per essere perseguiti come chiunque altro. Ma anche quando gravi irregolarità non fossero illegali, non devono essere tollerate. Naturalmente, nessuno di noi passa la giornata senza peccare e senza doversi pentire ed essere riconciliato. (Nella visione cattolica della fede cristiana, la conversione è un processo continuo e permanente che inizia con il battesimo). Mi riferisco quindi a peccati gravi, tra cui non solo lo sfruttamento e l’abuso, ma anche peccati gravi contro la castità, come la fornicazione, l’adulterio e la sodomia. Sono peccati per tutti, naturalmente, ma quando sono commessi da sacerdoti assumono il carattere di sacrilegio e sono in genere ancora più scandalosi di quando sono commessi da laici. Naturalmente, quando sono commessi da sacerdoti con adolescenti, come nel caso della pederastia, sono ancora più odiosi; e quando coinvolgono bambini in età prepuberale, semplicemente non c’è parola abbastanza forte per trasmettere la profondità della loro malvagità.
Ecco cosa, a mio avviso, deve accadere in futuro. Nessuno deve essere ordinato o trattenuto dal suo vescovo come sacerdote (e certamente nessuno deve essere consacrato come vescovo) se non crede, e non è preparato pubblicamente a svolgere il suo ministero sacerdotale di proclamare gli insegnamenti della Chiesa su tutti i punti sui quali la Chiesa ammaestra solennemente, compresi i suoi insegnamenti, in tutti i particolari, sulla dignità della persona umana, sul sesso e il matrimonio, e sulle esigenze della giustizia. Qualsiasi seminarista colpevole di gravi abusi sessuali, che si tratti di donne o di altri uomini, e certamente di minori, deve essere espulso dal seminario. Qualsiasi sacerdote (di qualsiasi rango fino al papa) che si renda colpevole di tale cattiva condotta dovrebbe essere privato delle sue facoltà sacerdotali.
In breve, ciò che la Chiesa (e per “la Chiesa” mi riferisco ai fedeli laici come pure ai suoi superiori gerarchicamente intesi) dovrebbe esigere – cioè, insistere assolutamente senza eccezione alcuna – dai suoi chierici è ciò che il clero dovrebbe predicare al popolo, cioè la fedeltà. Fedeltà, fedeltà, fedeltà. I sacerdoti devono credere e predicare ciò che la Chiesa considera vero su Dio e sull’uomo e devono mettere in pratica ciò che predicano. Sto sostenendo una politica di tolleranza zero nei confronti di peccati sessuali gravi, come fornicazione, adulterio e sodomia (anche se commessi da adulti consenzienti)? Sì, è così. Non è perché penso che questi peccati siano imperdonabili, o anche che siano i peggiori peccati. (Infatti, sono perdonabili e, per quanto gravi, non sono i peccati peggiori.) È perché l’infedeltà espressa e incarnata in questi peccati, e perché lo scandalo – il danneggiamento della fede (compresa la fede del sacerdote peccatore e la fede della persona con la quale egli pecca) – è semplicemente intollerabile. Questi peccati sono tossici per il ministero sacerdotale. I sacerdoti che non possono o non vogliono evitarli non possono svolgere efficacemente la loro missione.
Theodore McCarrick (già cardinale, poi dimessosi ed ora è arcivescovo, è stato consegnato dal papa ad una vita di preghiera in attesa di un processo canonico, ndr) avrebbe dovuto essere perseguito per i suoi presunti crimini contro i ragazzi. Ma anche a parte questi crimini, McCarrick dovrebbe essere spogliato del suo ufficio e licenziato dal sacerdozio attivo per la sua attività sessuale con uomini adulti, compresi i seminaristi. Lo stesso varrebbe se i suoi partner sessuali fossero stati donne anziché uomini. Il problema non è l’omosessualità in quanto tale, ma piuttosto l’immoralità sessuale (e in molti casi lo sfruttamento e l’abuso), compresa, ma non solo, la condotta omosessuale. E ciò che dico qui di McCarrick vale per ogni sacerdote di qualsiasi rango che disonori il sacerdozio commettendo gravi peccati sessuali in spregio al suo voto di castità. La loro infedeltà, in ogni senso del termine, non può essere letteralmente tollerata. È un veleno nel sangue della Chiesa.
Fonte: First Thing
Robert P. George è McCormick Professore di Giurisprudenza all’Università di Princeton, dove insegna interpretazione costituzionale e filosofia del diritto.
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