Mons Mario Delpini, arcivescovo di Milano

Mons Mario Delpini, arcivescovo di Milano

 

di Un Sacerdote

 

Caro Sabino, il 6 aprile Mons. Delpini, arcivescovo di Milano, seduto e vestito dimessamente su una panchina di Piazza Fontana, nella sua benedizione “impartita” (è un eufemismo, visto che alla fine non ha fatto alcun gesto significativo della stessa) agli universitari, ha chiuso dicendo: “«Io non posso fare niente per te … Se mi hai dato l’elemosina di un po’ di tempo, io dico che Dio ti benedica. Chissà».

Questo “chissà” linguisticamente dubitativo (preceduto tra l’altro da una dichiarazione di impotenza) è stato omesso nelle sintesi giornalistiche, penso perché ritenuto espressione non significativa, semplice chiusa retorica. Eppure (al di là delle intenzioni con cui è stato pronunciato) credo lo si possa considerare una sorta di sintesi direi simbolica del modo di parlare e agire di tanta (troppa) chiesa di oggi (in minuscolo, perché la Chiesa vera è quella di sempre), considerata dalla testa del corpo, scendendo mano mano più in ….. bassetti : “Chissà”.

Già, chissà se poi Dio vi ha detto il vero quando vi ha comandato di non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, pena la morte (cfr. Gn 3, 1-5). Il disastro del mondo è cominciato con un “chissà”, e questo chissà è la crepa mortale che ha attraversato tutta la storia dell’uomo, guastandone la figura, come a volte accade di vedere in qualche vaso antico e bellissimo segnato purtroppo nella sua figurazione da una fessura che tutto lo percorre.

Ebbene, se l’Avvenimento cristiano, la Pasqua di morte e Risurrezione, è la risposta di Dio a questo scetticismo radicale che ha disastrato il mondo, non sia mai che questa risposta possa accadere e riaccadere come unica vera speranza per l’uomo. Ci mancherebbe! Già questo problema l’ebbero i sommi sacerdoti e farisei che cercarono di pararsi da subito per evitare ogni problema (Mt 27, 62-66): chissà mai che qualcuno riesca a far credere che quel morto sia risorto davvero!

Cosa sia accaduto di fatto noi lo sappiamo bene. La pietra tombale del dubbio è stata rovesciata. Il “chissà” non è più possibile. O, meglio, non dovrebbe più esserlo per coloro che hanno scelto la strada della fede come assoluta e realistica certezza della loro vita. Sembra invece che per certa chiesa non sia così, non tanto nell’affermazione grammaticale del Credo che devotamente viene ancora (per ora) professato (in questo tempo davanti a panche o banchi senza popolo), ma come affermazione testimoniata e operata concretamente mediante “giudizi” che ribaltino la petrosità opprimente e diabolicamente interessata delle dubitazioni del “mondo”, così che questo ci aiuti ad uscire da questo mortale e sepolcrale lock down di significato in cui cercano di rinchiuderci (la faccenda del virus, da questo punto di vita, altro non è che una delle tante chiavi di volta in volta usate per aumentare le mandate di chiusura).

Il chissà” del mondo, ma anche della religiosità corrotta dalla stessa logica mondana, cercò un tempo di rinchiudere in carcere Pietro perché tacesse il grido di speranza (cfr. At 5, 5, 17-20), più tardi questo accadde a Paolo (cfr. At 12, 1-10) e poi nella storia tante altre volte. Fu un angelo inviato da Dio a liberarli, a vincere il loro lock down. Abbiamo bisogno di “angeli” che ci sollevino la mente e il cuore e tutta la vita sulle ali della speranza cristiana. Ma se coloro che dovrebbero svolgere appieno questa missione rimangono lì seduti mestamente in panchina, dimessi e dismessi, come riserve di una partita di cui non sono i protagonisti, chiedendosi (chissà?) se mai qualcuno li farà entrare in campo (ma non so neanche se se lo chiedano, visto che seduti ci stanno comodi, o pensano che questo stare in panchina a fare il tifo per gli altri sia l’unica loro funzione), temo che a questo sabato di chiusura, in cui silenziosamente attendiamo che arrivi la fine del lock down, non sarà proposta seriamente l’alba di una domenica diversa, quella dell’alleluia che comunque nulla e nessuno ci impedirà di cantare almeno nel cuore o, per noi sacerdoti, davanti alle panche vuote, ma non certo seduti sulle panchine.

 

Auguri di Santa e Felice Pasqua caro Sabino!

 

Qui il video di mons. Delpini:

 

(se il video qui sotto non si apre fare il refresh o cliccare qui)

 

AGGIORNAMENTO:

Un lettore mi ha segnalato questi auguri di Buona Pasqua sempre dell’arcivescovo Delpini:

(se il video qui sotto non si apre fare il refresh o cliccare qui)

 

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