La causa contro le politiche affermative forzate deve essere vista più chiaramente sotto un’ottica sessuale. L’argomentazione di accusa verso queste politiche deve essere radicata nelle libertà civili degli studenti che manifestano posizioni contrarie e che chiedono il diritto di non essere costretti a divenire oggetto dello sguardo sessuale altrui. L’apertura di ambienti privati all’altro sesso provoca traumi psicosessuali a innumerevoli giovani non consenzienti, e costituisce una forma di sfruttamento sessuale.

Un articolo del prof. Gerard V. Bradley, pubblicato su The Public Discourse, tradotto da Elisa Brighenti.

 

Bathroom

 

Si consideri l’esperienza di alcune ragazze del nord dell’Illinois, come è stato recentemente descritto da un tribunale federale. Nel dibattito tra Students and Parents for Privacy e High School District 211, il giudice Jorge Alonso ha scritto che molte ragazze si sono dette “sorprese, scioccate, imbarazzate e spaventate” dalla presenza di un maschio nel loro bagno”, soprattutto quando la “studentessa A” si è trovata “esposta al pene di questo ragazzo”. Non c’è da stupirsi: anche gli studenti maschi “sono a continuo rischio di incontrare (e a volte accade), senza il loro consenso, membri del sesso opposto, mentre si spogliano, fanno la doccia, urinano, defecano e cambiano assorbenti “.

Il ragazzo nudo non era un esibizionista o un pervertito. Era uno studente, ma la scuola non ha agito imponendo una certa disciplina. In realtà, le autorità scolastiche lo avevano accettato in quella scuola , in accordo a quella che esse definiscono, in modo poco canonico, una politica di “inclusione forzata”, che regola l’accesso degli studenti transgender alle strutture private della scuola. Il giudice Alonso ha respinto tutte le contestazioni a tale politica, basata sui diritti tutelati dalla Costituzione, compreso il libero esercizio della religione, il diritto degli studenti alla privacy del corpo e il diritto dei genitori di occuparsi dell’educazione dei loro figli. Tuttavia, ha accettato le denunce per molestie sessuali e per violazione della legge dell’Illinois Religious Freedom Restoration Act, acconsentendo di procedere possibilmente in tribunale.

Ha una notevole pregnanza culturale il pensiero di coloro che ritengono che un tale tipo di inclusione transgender funga da verifica di quanto gli americani si preoccupino dell’autenticità delle persone – o addirittura della sofferenza di un certo gruppo di adolescenti. I tribunali finora hanno per lo più investito in una politica di profonda indifferenza, chiedendo che ci fosse “inclusione” presso quelle scuole che hanno respinto gli studenti (come le ragazze del Distretto 211) che mostravano resistenza.

A questo proposito, la Corte Suprema deve ancora essere ascoltata. Essa, un paio d’anni fa, rimandò ad una corte federale un caso riguardante l’uso dei servizi igienici nella Carolina del Nord. I casi di Civil Rights Act, attualmente pendenti, includono una causa su transgenderismo e discriminazione sessuale, che tuttavia riguarda gli adulti e il problema dell’occupazione, non i ragazzi e le strutture scolastiche. Qualunque cosa venga decisa giuridicamente, sarà solo una delucidazione limitata rispetto a quanto verrà deliberato in relazione ad un caso specifico. Non commettete errori: nei prossimi due o tre anni, l’Alta Corte sarà obbligata a specificare i rispettivi diritti degli studenti disforici e dei loro “spaventati” compagni di classe, quando si tratta di condividere bagni, docce e spogliatoi. Prima che la Corte lo faccia, sarebbe bene che i conservatori modificassero gli argomenti che hanno finora utilizzato a favore degli studenti “scioccati”. Devono essere meno modesti nei loro appelli alle verità morali sulla persona umana e sulla castità, per la buona ragione che l’unico argomento valido a loro favore dipende essenzialmente da loro.

Si tratta di una domanda giusta: qual è il danno effettivo alle ragazze allarmate?

Il giudice che ha deliberato sul confronto tra Parents for Privacy e Dallas School District No. 2 ha identificato i danni secondo le modalità indicategli dall’avvocato delle ragazze . Ha sostenuto che gli studenti offesi non vogliono “vedere o essere visti da qualcuno del sesso opposto mentre sono spogliati o stanno svolgendo funzioni corporee in un bagno, doccia o spogliatoio”. È vero. Ma da quanto detto fino ad ora, la questione è bloccata nelle sabbie mobili emotive di ciò che ad alcuni accade di desiderare o, più esattamente, nei sentimenti indesiderati di alcuni ragazzi. Gli studenti spaventati affermano di avere il diritto di “essere liberi dal rischio di doversi esporre all’altro sesso quando loro stessi, o i membri dell’altro sesso, sono parzialmente o completamente senza vestiti”. Infatti, è ciò che fanno. Ma perché? Cosa c’è alla base di questo presunto diritto?

La descrizione che il giudice Alonso fornisce della reazione delle ragazze – ” sorpreso, scioccato, imbarazzato e spaventato”- si rifà a quella che la legge generalmente chiama “angoscia emotiva”. Si tratta di un’esperienza emotiva e psicologica negativa, di sentimenti di ripugnanza. Questi sentimenti non sono legalmente innocui; in alcuni casi, si può chiedere con successo il risarcimento dei danni per l’inflizione ingiustificata di angoscia emotiva, solitamente appellandosi a ciò che, secondo il codice di decoro, rappresenta una condotta ingiustificatamente oltraggiosa. Sfortunatamente, questo modo di affrontare la questione dei servizi igienici crea un conflitto tra sentimenti transitori di alcuni adolescenti e il benessere di base, la salute mentale, la felicità, fino alla sopravvivenza di un compagno di classe potenzialmente suicida. E ‘facile avere il vincitore quando lo scontro si sviluppa presso i tribunali nazionali.

Infatti, la reazione delle ragazze potrebbe essere descritta fedelmente dalla testimonianza del giudice Alonso   se altri fossero entrati nell’area di servizi comune e avessero visto una compagna di classe fare cose che dovrebbero essere fatte privatamente. In quello scenario, le ragazze allora potrebbero comprensibilmente dirsi di essere state disgustate, offese e scioccate.

In quello scenario, le ragazze allora potrebbero comprensibilmente dirsi di essere state disgustate, offese e scioccate.

I tribunali simpatizzanti per gli studenti disforici di genere a volte si fidano di quella che ritengono essere la natura eccezionale dei ragazzi transgender. Si chiedono: come si affronta il comportamento di un solo giovane che si dirige rapidamente in doccia, e come si risponderà a questo ? Ma è una mossa che non va bene. È vero che nelle cause legali compaiono solo singoli querelanti. Ma le stime plausibili del numero di studenti transgender auto-identificati nelle scuole superiori di tutto il paese vanno dal due al tre per cento fino al nove per cento del corpo studentesco totale. E ci sono buone ragioni per aspettarsi che, come prolifereranno le politiche di “inclusione forzata” e la più ampia promozione elitario-culturale dell’identità transgender, cosi aumenterà il numero di studenti confusi nelle scuole superiori. L’interrogatorio che ha come esito il fenomeno dell’imitarsi a vicenda è già ampiamente documentato.

Cosa ancora più importante, dovunque le politiche scolastiche abbracceranno l’”affermazione” (cioè la politica  conferma di quello che uno sente di essere, ndr) sono un pericolo per la percezione che ogni studente ha di se stesso come soggetto incarnato, maschio o femmina, nel corpo e nella mente. Dove la scuola promuove l'”affermazione”, l’autocomprensione di ogni studente come unità integrata è in pericolo. Se il vero sé sessuale è intrappolato nel corpo sbagliato, allora potrebbe esserlo quello di chiunque altro. Se fosse vero per chiunque, allora ognuno possiede un’identità di genere che potrebbe essere diversa dal suo sesso biologico. Ognuno risulta soggetto al dualismo tra corpo e sé. Inoltre, chiunque, nel percorso di vita di un solo compagno transgender, è in serio pericolo di dover mentire sul sesso di quella stessa persona.

Penso che l’argomentazione contro le politiche affermative forzate debba essere contestualizzata in modo più esplicito con riferimento al tema della sessualità. Con questo intendo dire che l’argomento contro queste politiche deve essere radicato nelle libertà civili degli studenti che si oppongono, in quanto riguarda la moralità di atti che provocano eccitazione sessuale, che istigano pensieri impuri e che minacciano sia il sano sviluppo psico-sessuale dei giovani, sia – soprattutto nel nostro momento culturale – il diritto di poter non essere oggetto dello sguardo sessuale altrui , o l’occasione di eccitazione per un’altra persona. Questo approccio riassume le contese più frequenti sulla privacy (che, ancora, sono valide finché funzionano), le estende e focalizza l’attenzione su qualcosa che anche i giudici più sensibili alla propaganda inclusiva verso i transgender, potrebbero trovare difficile sanzionare: cioè, aprire luoghi di privacy al sesso opposto (cioè, chiunque esibisca le parti del corpo sessualmente provocatorie al sesso opposto) comporta un trauma psicosessuale a innumerevoli giovani non consenzienti e costituisce una forma di sfruttamento sessuale.

Una argomentazione giuridica modificata individuerebbe danni più sostanziali e più convincenti di quanto lo siano i sentimenti sgradevoli. Essa afferma che i bambini e gli adolescenti , i cui desideri sessuali si stanno risvegliando e ancora non possono essere pienamente compresi e dominati, non dovrebbero essere costretti dalle autorità pubbliche a spogliarsi davanti a sconosciuti, se le circostanze includono l’esposizione diretta di o a membri dell’altro sesso. Ciò significa rendere i giovani oggetto dell’eccitazione sessuale altrui e, al contempo, spingerli al desiderio sessuale. Ciò è ingiusto nei confronti di tutti gli studenti e rappresenta una minaccia alla loro capacità di sviluppare sane abitudini sessuali. Dal punto di vista morale, sarebbe come chiedere agli studenti delle scuole superiori di sedersi insieme e guardare film di addio al celibato ogni settimana. La maggiore vivacità che accompagna l’esposizione in tempo reale è più allettante, e le relazioni persistenti con coloro che si sono incontrati nudi rendono le tentazioni più suscettibili di essere alimentate. Anche gli adulti che si sono rassegnati ad una certa prevalenza dell’attività sessuale tra gli adolescenti non la agevolano, perché sanno di non doverlo fare.

nessun ragazzo nel bagno delle ragazze (e viceversa). Punto!

Anche in questo caso i numeri non contano. La risposta “non preoccupatevi, è un solo un bambino trans” presuppone che il buon fine in vista sia quantificabile e divisibile. Non lo è. Il buon fine che giustifica i servizi igienici divisi per sesso consiste nella serenità e nella sicurezza che nasce dalla presenza di una regola categorica, non eccettuativa, supportata dalla correttezza della sua applicazione: nessun ragazzo nel bagno delle ragazze (e viceversa). Punto. Questa tranquillità fondamentale potrebbe essere stravolta anche da un solo cartello affisso alla porta della doccia delle ragazze in cui si leggesse: “Di solito ci sono solo ragazze presenti all’interno, e non ci sono mai molti ragazzi. Si può essere certi di vedere, e di essere visti, da non più di un paio di uomini nudi. Buona giornata”. Qualcuno potrebbe suggerire seriamente che non sarebbe importante se, per esempio, solo i ragazzi che hanno promesso di non sostare a lungo vengano ammessi alle docce delle ragazze? O che i ragazzi non abbiano accesso agli spogliatoi delle ragazze, ad eccezione del capitano della squadra di calcio e del suo migliore amico? Oppure che la squadra di basket maschile condivida gli spogliatoi con la squadra femminile, ma solo durante le partite casalinghe?

Credo di no.

Qualcuno potrebbe obiettare: è intelligente introdurre nel mix di premesse contestate alcune norme di morale sessuale? La fiducia su un argomento, il cui centro è il mettere al riparo dalle tentazioni sessuali e dagli sguardi indesiderati, si perde nel buio di una “eteronormatività” paventata?

La risposta è no. Da un lato, una risposta umana e affettuosa a questa sfida si sentirebbe di consigliare ai ragazzi attratti dello stesso sesso di prendere in considerazione luoghi più riservati rispetto all’uso degli spogliatoi o di bagni spesso affollati. Non si presta servizio alla salute morale o psicosessuale di questi ragazzi e ragazze se li si colloca tra persone nude che possono esercitare un risveglio sessuale. Questo non si fa per biasimare persone attratte da quelle del loro stesso sesso. Sarebbe molto pericoloso per qualsiasi ragazzo eterosessuale del liceo avere la possibilità di fare la doccia con la squadra di basket femminile.

In secondo luogo, la presenza di una persona attratta da altre del proprio sesso, in spogliatoi o in servizi igienici, non rappresenta una minaccia alla fiducia e all’equilibrio mentale degli altri – come non lo sarebbe la presenza di un membro nudo del sesso opposto. L’ultimo sarebbe inconfondibile e il primo potrebbe benissimo non essere “fuori”, in modo che nessun altro, oltre al giovane o la giovane rinchiusi, sappia che è in corso la violazione del protocollo per evitare l’eccitazione . Ma anche nel caso in cui qualcuno sia “fuori” e sia notoriamente omosessuale, ci sarebbe una vasta asimmetria tra quella prospettiva e quella di un membro transgender del sesso opposto, vale a dire, che mentre entrambi possono essere ugualmente fonti di sguardo sessuale inappropriato, solo quest’ultimo presenta l’evidenza imbarazzante di organi sessuali maschili (o femminili) indesiderati e di conseguenza, un motivo di eccitazione sessuale per tutti i presenti. Una franca consapevolezza eterosessuale testimonia a favore di questo: che la stragrande maggioranza delle persone, compresi gli adolescenti, sono sessualmente eccitati da membri nudi del sesso opposto.

In terzo luogo, qualsiasi sguardo sessuale nelle docce della scuola, negli spogliatoi e nei bagni è inappropriato, dovrebbe essere scoraggiato e dovrebbe essere eliminato ragionevolmente. Questo divieto dovrebbe essere applicato vigorosamente, non come misura di disapprovazione dell’attrazione tra persone dello stesso sesso o verso adolescenti che soffrono di disforia di genere, ma perché rappresenta l’unica norma di comportamento sessuale da cui dipende sicuramente la posizione che qui viene difesa: se lo stato intende fare spogliare mia figlia o mio figlio nudo di fronte a sconosciuti a scuola, è meglio si assicuri che non sia per il piacere sessuale degli altri bambini.

 

 

Gerard V. Bradley insegna diritto costituzionale a Notre Dame, dove (con John Finnis) dirige il Natural Law Institute. I suoi libri che saranno pubblicati nel 2019 includono Catholic Social Teaching: A Volume of Scholarly Essays (a cura di Christian Brugger, pubblicato da Cambridge University Press) e Unquiet Americans: I cattolici degli Stati Uniti e il bene comune (Saint Augustine’s Press).

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