Un lettore mi scrive.
Caro Dott. Paciolla,
ho appena letto l’articolo di Brunella (che ringrazio per la testimonianza) la quale faceva riferimento alla giornata di presentazione del comitato “Liberi in Veritate” tenutasi a Caraglio. Per quel che ho potuto vedere, l’ultimo biennio è stato quello in cui il tradimento delle istituzioni (e non solo civili, mi tocca rilevare) si è reso palese, imprimendo alla società una decisa svolta anti-umana e di stampo illiberale. Di fronte a tutto ciò alcune coscienze, sebbene espostesi al dileggio e all’emarginazione, si sono risvegliate e si è in qualche modo formato un fronte del dissenso. Da cattolico ho fatto tuttavia fatica, in una tale confusione, ad identificare un soggetto che potesse farsi portavoce delle istanze di verità e di libertà che ci dovrebbero caratterizzare in maniera originale e che delineano il nostro volto di fronte a tutti. Mi preme perciò offrire, di seguito, il mio pur modesto contributo cercando di spiegare i motivi della mia adesione al comitato.
Premetto che distinguere tra Chiesa “tradizionalista” e Chiesa “progressista” è fuorviante (cfr. l’intervista di Padre Maurizio Botta alle Iene) poiché la Santa Chiesa di Dio è una sola, ma che esista un problema di identità è ormai francamente innegabile.
I segni della deriva del nostro assetto sia sociopolitico che ecclesiale erano visibili ben prima del 2020: una malintesa idea di accoglienza sfociata in immigrazionismo, una malintesa idea di apertura alla diversità diventata genderismo, una malintesa idea di tutela del creato divenuta gretismo, una malintesa idea di protezione della salute degenerata nel vaccinismo della Lorenzin (il ministro che affermò che i nostri figli sono proprietà dello Stato) ed ora nell’isteria pandemica con il corollario che qualcuno dovrebbe salvarci da un’imminente catastrofe e per tal motivo accentrare su di sé poteri illimitati ma accolti di buon grado (“dispotismo condiviso”). Pensavo che questa degenerazione avrebbe reso manifesto e perciò riconoscibile il volto del maligno ma mi sbagliavo: alcuni vi hanno aderito incluse persone che non avrei immaginato.
La Chiesa si è posta di fronte a tutto ciò in maniera equivoca, spesso preoccupandosi di piacere agli uomini più che a Dio e cavalcando perciò quel politically correct dal quale pure eravamo stati messi in guardia. Non sta scritto da nessuna parte, infatti, che l’autorità ecclesiastica debba per forza “andare d’accordo” con quella politica: dipende. In un mondo ideale sì, tuttavia credere alla buona fede del potere politico in questo momento storico è un grave errore di valutazione, tra l’altro sarebbe come ritenere che i ragazzi della Rosa bianca fossero dei poveri imbecilli o che i primi cristiani avrebbero fatto meglio ad inchinarsi alla “divinità” dell’imperatore per collaborare responsabilmente con le autorità civili e non turbare così il potere costituito, andando d’accordo più o meno con tutti.
Per questo è stato sconfortante ascoltare in ambiti cattolici certe parole di elogio nei confronti di personaggi come Draghi e Mattarella (Napolitano, Monti, Renzi e Galimberti in precedenza). Per non parlare di bizzarre aperture alle unioni civili rifacendosi ad una sorta di preoccupazione per il “dialogo”, quando venivamo in passato avvertiti del rischio di confondere questo con l’annacquamento della nostra identità. O che qualcuno si sia affrettato a solidarizzare pubblicamente con il Santo Padre che parlò genericamente di “guerra di aggressione”, ma facendo calare un assordante silenzio sull’esclusione vergognosa dei lavoratori non greenpassati.
Mi sembra un periodo di grave confusione in cui si possono individuare due distinti orientamenti di massima: da una parte una retorica del dialogo divenuta di fatto conformazione al pensiero mondano, dall’altra una rimodulazione dei propri riferimenti per coloro che hanno visto la trappola per tempo, hanno lottato e stanno lottando tuttora per non cadervi. Perché la libertà nella verità sia un’esperienza possibile.
(lettera firmata)
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