Riprendo un profondo articolo di mons. Luigi Negri pubblicato sul suo sito. E’ un articolo originariamente pubblicato su Studi Cattolici.
Alcuni anni fa, a un bellissimo convegno promosso da Comunione e Liberazione sulla carità e i suoi frutti, partecipò anche il cardinal Carlo Maria Martini.
Io lo accolsi all’ingresso e lo accompagnai a visitare i vari stand che il cardinale percorse con grande attenzione, fermandosi sui punti più significativi.
Alla fine – congedandosi – mi disse: «Sia ringraziato Dio! Qui c’è un fiume di carità.
Un fiume di carità: questa fu certamente una delle esperienze più significative a cui il mio episcopato mi ha fatto partecipare. Ho stampate nella mente centinaia di incontri, di avvenimenti, protagonista dei quali era questa carità. Questa capacità di condivisione della vita vissuta nelle case più povere, dove un uomo e una donna, rimasti fedeli per un’intera vita, ancora si sostenevano con un’indomita capacità di rispetto. Ho visto l’esperienza di tante famiglie, che hanno amato il sacrificio della maternità
e della paternità, e che hanno accompagnato con profonda responsabilità i loro figli a camminare nella vita.
Ho visto la capacità di tantissime realtà cristiane essere presenti nella vita della società, con i suoi problemi, con una presenza viva, attiva e con capacità di indicare linee di soluzione di problemi, tratte dai princìpi fondamentali della fede e dei valori non negoziabili (che ci ha insegnato l’indimenticabile e indimenticato Benedetto XVI).
Un fiume di carità: questa è la vicenda grande – utilissima e grande – di un popolo cristiano che affronta la vita non con progetti, con pregiudizi, con reazioni, ma con la serena certezza di dover rendere a Dio tutto ciò che ha ricevuto da Lui.
Una serena certezza che apre il suo cuore, la sua intelligenza e fa amare la verità, l’indomabile ricerca del senso dell’esistenza che rende dignitosa ogni vita.
Quel desiderio di condivisione della realtà umana e storica, quel «Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo» come ha significativamente e definitivamente espresso Paolo.
Tutto questo fiume di carità è un’esperienza provocante e insieme confortante: non ho mai fatto esperienza di solitudine, nel flusso di carità che mi circondava e mi sosteneva.
E mentre mi sosteneva mi perdonava e mentre mi perdonava apriva sempre più profondamente il cuore della vita alla presenza di Cristo.
Questa è la verità: questa è la carità del cristiano che affronta la vita non con la presunzione che sia qualche cosa che gli è dovuto e di cui egli può disporre come vuole: se tutto questo gli è dato, tutto diventa incomparabilmente suo.
Questo popolo nuovo, che riempie la terra con la sua liturgia e che tante volte la Chiesa desidera di vedere espandersi sulla terra, portando i semi della verità, della libertà e della pace, del riscatto dell’uomo e della restituzione dell’uomo alla sua dignità.
Queste sono le grandi questioni che la Chiesa continuamente dovrebbe riproporre, lasciando da parte tutto ciò che è inessenziale.
Le vicende di alcuni uomini politici cattolici che hanno interessato e tuttora interessano i mass media pongono una questione che mi sembra andare effettivamente al di là dei singoli fatti legittimamente o no contestati.
Quello che mi sembra in questione è un tentativo, che sta arrivando alle estreme conseguenze, di eliminare la presenza di un cristianesimo vivo, attivo, che ha saputo creare negli ultimi decenni una presenza vigorosa caratterizzata dalla varietà delle esperienze culturali, sociali e politiche che hanno segnato in maniera fondamentale la vita del nostro Paese.
La mentalità dominante sostanzialmente nichilista e anticattolica crede oggi di vincere la sua ultima battaglia contro questo cattolicesimo. Per questo cattolicesimo non c’è più posto, in un clima dominato da un atteggiamento di dimissione nei confronti della vita, della libertà, della responsabilità.
L’individualismo nichilista e consumista è oggi il vero pensiero dominante.
Qualche decina d’anni fa, i sociologi parlavano di «anomalia italiana», perché nel clima di riduzione qualunquistica dell’Europa e del mondo l’Italia rappresentava l’anomalia di non aver reciso il cordone tra la fede la cultura e le opere.
Di questo bisogna essere coscienti oggi: quello cioè che è in questione non sono le singole personalità e neanche le loro vicende più o meno legittimamente giustificate, ma quello che è in questione è l’insofferenza del mondo e della mentalità anticattolica dominante nei confronti della presenza cattolica.
Il momento che viviamo ci interpella tutti, perché ci chiede che posizione assumiamo di fronte alla nostra coscienza, di fronte a Dio e alla Chiesa e alla storia, come dice Papa Francesco: affrontiamo seriamente le nostre responsabilità o ci voltiamo a guardare dall’altra parte? Oggi o si sta coraggiosamente di fronte alla realtà o ci si eclissa in un nulla che ci travolge già da vivi e certamente seguirà la nostra scomparsa dopo la nostra morte.
+Mons. Luigi Negri
Arcivescovo emerito di Ferrara e Comacchio
Scrivi un commento