di Roberto Allieri
‘L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’.
Un principio che non a caso si staglia all’esordio del nostro testo costituzionale. Tanto perentoriamente nobile quanto beffardo, se visto con gli occhi di chi oggi, se non acconsente ai diktat sanitari imposti dal governo, rischia di restare senza stipendio o è costretto a pagare e umiliarsi per andare al lavoro.
A me questa affermazione di principio ne richiama un’altra: ‘il lavoro rende liberi’ che campeggiava tristemente all’entrata dei campi di concentramento nazisti.
Ovviamente il rimando è, per ora, improponibile. Accostare la persecuzione nazista contro gli ebrei a quella contro i free vax che non possono ostentare il marchio dei giusti è ritenuto offensivo. Un preside che recentemente ha osato farlo è stato messo sulla graticola dal tritacarne mediatico.
In realtà il livello raggiunto dai nazisti con la reclusione e soppressione di chi minacciava l’integrità della razza ariana è inarrivabile e comunque frutto di molti ‘giri di vite’ progressivi. E non è paragonabile con le vessazioni attuali contro i free vax. Per ora siamo ancora all’inizio.
Più corretto sarebbe invece confrontare i primordi della persecuzione. E non occorre battere il tasto della ‘reductio ad Hitlerum’.
Vivendo in Italia, basterebbe esaminare l’attuale legge del ‘Super Green Pass’ alla luce del pacchetto di misure legislative contro gli ebrei emanate nel periodo 1938/39.
Non occorre essere specialisti di diritto: consultate internet e troverete abbondante materiale. Del resto, si possono riscontrare conferme al discorso che cercherò di sviluppare anche nei testi scolastici di qualunque generazione successiva alla seconda guerra mondiale.
Io ho cercato di documentarmi e invito ad imitarmi chiunque abbia onestà intellettuale. Suggerisco anche in questa ricerca la massima lealtà e l’assenza di pregiudizi: non contro gli ebrei (siamo tutti dalla loro parte, spero) ma contro gli attuali renitenti al siero sperimentale. Anzi, mi piacerebbe che la lettura/confronto del pacchetto di leggi antiebrei e anti no vax siano affrontati tenendo presente la prospettiva di chi oggi si ritrova nelle vesti del sorcio nascosto nella tana. Il paragone non è improprio: basti pensare che i non vaccinati oggi, non potendo accedere ad innumerevoli luoghi chiusi e avere una normale vita sociale, sono praticamente ricacciati o costretti alla auto-reclusione in casa.
Un sorcio che va stanato, dunque, come ribadito da qualche esperto e da fanatic vax (che poi in altra sede strillano come vittime se, senza subire alcun danno professionale o limitazione nella loro opera di propaganda, ricevono messaggi offensivi da ‘leoni da tastiera’, tanto imbecilli quanto velleitari).
Già vi dico una cosa: da free vax invidio gli ebrei italiani del ‘38/’39 per questa considerazione: almeno loro, anche nei momenti peggiori, potevano trovare rifugio sotto le botole di case parrocchiali accoglienti, nelle sacrestie, negli edifici controllati dal clero. La Chiesa di allora si spese con rischio e nobile solidarietà, salvandone a milioni, in tutto il mondo. Oggi invece la Chiesa è collaborazionista e la misericordia impone, per chi vuole restare nei sacramenti e nei cammini di fede, un atto di amore (obbligatorio, per dirla ‘papale papale’) creando così esclusioni e anatemi.
Ma ci sono molti altri motivi per un free vax di invidiare gli ebrei italiani perseguitati del 1938/39. Esaminiamo allora le leggi anti-ebraiche per capire meglio.
Intanto cominciamo dall’eloquente titolo dei provvedimenti fascisti: ‘Provvedimenti per la difesa della razza’. La razza ariana era minacciata nella sua integrità e quindi bisognava difenderla. Le vittime erano gli ariani e i fascisti, cioè i buoni e i benpensanti di allora! I filantropi fascisti furono dunque ‘costretti’ a provvedere in fretta alla difesa della razza ariana perché non c’era più tempo (gli alleati tedeschi premevano sempre più!). Oltretutto si appoggiavano all’autorevole parere di studiosi ed esperti dell’epoca che il 5 agosto 1938 avevano pubblicato sulla rivista ‘Difesa della razza’ un accorato ‘manifesto della razza’, subito diventato punto di riferimento ‘scientifico’.
Se andiamo a vedere in Germania negli anni ’30 la propaganda era la stessa: gli ebrei erano dipinti come avidi, prepotenti, astuti, pericolosi e rappresentati caricaturalmente in maniera odiosa con orribili aspetti grifagni. Anche lì le vittime erano i poveri ariani!
E veniamo al Green Pass. Significativo il fatto che venga presentato non come strumento di oppressione dei dissidenti (ai quali si rende impossibile la vita sociale) ma come una difesa della salute pubblica. Una salvaguardia dell’integrità della razza buonista privilegiata contro le contaminazioni dei sovversivi (la razza sbagliata).
Ed ecco allora l’esame di alcune delle persecuzioni. Per i reietti del 1938/39: divieto di matrimonio tra italiani ed ebrei; divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e società private di carattere pubblicistico (banche e assicurazioni) di avere alle proprie dipendenze ebrei; altre forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali (ad esempio il divieto di svolgere la professione di notaio o giornalista); divieto poi per i ragazzi ebrei di frequentare scuole pubbliche.
Limitazioni pesanti, dunque. Ma agli ebrei era comunque consentito di svolgere tutte le altre attività non oggetto di restrizioni. Potevano dunque sfamare le proprie famiglie. E potevano pure divertirsi, frequentare locali, ristoranti, musei, entrare negli uffici: in altre parole la loro vita sociale non era del tutto negata. Come oggi a chi non si vaccina.
E se volevano superare la frustrazione nella preghiera, avevano libero accesso alle sinagoghe.
E veniamo invece alle conseguenze che deve affrontare oggi chi non ha il Green Pass: niente stipendio per qualunque impiego o professione o chiusura dell’attività imprenditoriale; divieto di circolazione su tutti i mezzi pubblici a lunga percorrenza; divieto di frequentare piscine, teatri, palestre, ristoranti e tanti altri locali al chiuso. Negato il diritto allo studio per chi vuole frequentare l’università e pesanti limitazioni e bullismo contro gli studenti teenagers non vaccinati. E in più, oltre a ricatti e vessazioni, il taglieggiamento con multe esosissime fino a mille euro per chi viene sorpreso in varie situazioni senza Green pass. Addirittura, qualcuno della Confindustria propone che il lavoratore senza green pass debba pagare all’azienda i danni causati dalla sua assenza: oltre a rimanere senza stipendio il dipendente, dopo essere stato cacciato dal luogo di lavoro e umiliato, deve pure pagare l’azienda. Follia o lucido progetto di aguzzini?
Neanche la preghiera e la vita spirituale sono risparmiate: già oggi oltre all’accesso a cerimonie sacramentali, tutte le iniziative parrocchiali di catechismo, coro, incontri liturgici sono negate a chi non può esibire la patente del giusto. E fra poco sarà forse preclusa anche la partecipazione alla messa. Insomma, un feroce bullismo clericale per rendere impossibile anche la consolazione della fede.
Insomma, in merito alle recenti disposizioni contro i non vaccinati verrebbe da dire che i gerarchi fascisti rispetto ai nostri governanti erano dei gentlemen. E che oggi chi non è vaccinato vorrebbe avere gli stessi ‘privilegi’ concessi agli ebrei italiani nel 1938/39.
E anche l’apartheid sudafricano degli anni ’70 non è poi tanto male confrontato a quello odierno destinato ai dissidenti del Green Pass. I neri erano segregati, è vero e questa è una triste verità. Non potevano viaggiare, entrare in ristoranti e locali mescolati ai bianchi per non contaminarli della loro presenza. Tuttavia per loro c’erano spazi, riserve e possibilità ‘a parte’ (da qui apartheid cioè separazione, partizione). Non era comunque totalmente negata la possibilità di viaggiare su mezzi pubblici o di frequentare al chiuso bar, ristoranti e ogni altro locale pubblico come accade ora in Italia ai nuovi perseguitati. Visto con gli occhi dei reietti di oggi esclusi dal lavoro e dalla vita sociale, l’aparthed dei neri è quasi un privilegio e questa è un’altra ben più triste verità.
Dire tutto questo oggi è però proibito dai poteri forti. Il Green Pass è espressione del politicamente corretto e chi sta dalla parte stigmatizzata come ‘negazionista’ dovrebbe accettare l’emarginazione sociale, la censura e la cancel culture, cioè la cancellazione e del suo pensiero e della sua dignità. E tutta questa spietatezza nel nome della tolleranza (o della misericordia, se volete).
Io non ci sto. Preferisco stare dalla parte sbagliata come i 13 professori universitari su 1250 che nel 1931 rifiutarono di prestare giuramento di fedeltà al Duce, rinunciando così all’insegnamento e a carriere accademiche.
La serenità interiore di avere la coscienza a posto colma tante amarezze, anche se non tutte.
Finisco con un pensiero di Carlo Acutis, il ragazzo santo morto pochi anni fa:
‘Tutti nasciamo originali ma molti di noi muoiono come fotocopie’. Ecco, io non voglio vivere da fotocopia né tantomeno affidare la mia sopravvivenza ad un QR- code.
(Stimato negazionista, insignito della laurea ‘honoris causa’ in terrapiattismo, complottista di chiara fama, sorcio da stanare emerito. Ovviamente, fascista a sua insaputa)
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