Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Phil Lawler e pubblicato su Catholic Culture. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella traduzione da me curata.
La notizia odierna che il Vaticano ha approvato il battesimo dei transessuali ha tutti i crismi dell’attuale papato. La dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede non contraddice direttamente precedenti dichiarazioni autorevoli della dottrina o della disciplina della Chiesa. Ma dà tutte le indicazioni che i pastori che ignorano le regole non avranno nulla da temere da Roma.
La dichiarazione, rilasciata in ottobre dal cardinale Victor Fernandez, dà anche al mondo cattolico un’altra indicazione di ciò che possiamo aspettarci dall’ufficio dottrinale del Vaticano, ora che il teologo preferito dal Papa è in carica. Il cardinale Fernandez è stato impegnato nelle prime settimane del suo nuovo ufficio. Gli osservatori vaticani più attenti hanno visto il porporato argentino in tutto il recente documento papale, Ad Theologiam Promovendam, che chiede un “cambiamento di paradigma” negli studi teologici cattolici. Il nuovo zar dottrinale ha il chiaro mandato del Papa di scuotere il mondo della teologia – di “fare casino”, secondo il linguaggio di questo papato – ed è già al lavoro.
Il documento che ha rilasciato in ottobre, rispondendo alle domande di un vescovo brasiliano (e non è bello quando il Vaticano risponde ai dubia?), è attento a dire che i transessuali dovrebbero essere battezzati “se ben preparati e disposti”. La dichiarazione prosegue avvertendo che “quando il sacramento viene ricevuto senza pentimento per i peccati gravi, il soggetto non riceve la grazia santificante”. Quindi, allo stato attuale, il documento vaticano può essere letto come se dicesse che una persona che si è sottoposta a un intervento chirurgico per il cambio di sesso, e poi si è pentita di quella scelta, può essere battezzata. Il che, ovviamente, è in accordo con l’insegnamento cattolico tradizionale: ogni peccatore pentito può essere battezzato.
Tuttavia, la dichiarazione non dice di quali peccati gravi ci si debba pentire prima di poter ricevere il battesimo; non conferma che l’automutilazione volontaria sia un peccato grave. Quindi il documento può anche essere letto come se dicesse che un uomo che ora vive come una donna, o una donna che vive come un uomo, può essere battezzato – purché non ci sia il rischio di scandalo. Se si ammette questa interpretazione, allora un pastore può procedere al battesimo di un orgoglioso transessuale, purché gli sia garantita l’accettazione della comunità; la Chiesa non si opporrebbe alla tendenza a normalizzare l’anormale.
Il Dicastero applica la stessa logica ai transessuali che fanno da padrini: possono farlo, purché siano disposti in modo adeguato. Anche in questo caso la dichiarazione sminuisce il requisito canonico (n. 872) secondo cui un padrino deve essere “uno che conduce una vita di fede in sintonia con la funzione da assumere” – che è quella di aiutare il neo-battezzato “a condurre una vita cristiana in sintonia con il battesimo e ad adempiere fedelmente agli obblighi ad esso inerenti”. Una persona che si è sottoposta a un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso e poi si è pentita potrebbe essere un ottimo padrino. Ma qualcuno che si accontenta di un’identità di genere fittizia – e per quanto ne sappiamo potrebbe incoraggiare il suo figlioccio a fare lo stesso passo – non lo sarebbe. Il nuovo documento vaticano non distingue tra queste due possibilità, se non con l’anodina avvertenza che il futuro padrino dovrebbe essere adeguatamente disposto.
Per quanto riguarda la questione se i transessuali possano essere testimoni ufficiali di un matrimonio, le indicazioni del Dicastero sono chiare: Possono. La funzione di un testimone è quella di assistere allo scambio dei voti. L’attuale legge della Chiesa non fa alcuna richiesta sulla moralità dei testimoni. Il nuovo documento non rappresenta un cambiamento.
In risposta alle domande sulle coppie omosessuali che “si presentano come genitori di un bambino” da battezzare, la dichiarazione vaticana sembra aprire un nuovo terreno. Saltando rapidamente la possibilità che il bambino sia stato ottenuto con mezzi illeciti e immorali “come l’utero in affitto”, la dichiarazione si limita a citare il requisito canonico (n. 868) secondo cui “deve esserci una fondata speranza che venga educato alla religione cattolica”. C’è una fondata speranza che una coppia omosessuale attiva, avendo acquistato un bambino, lo istruisca fedelmente nella morale cattolica? Il Dicastero elude anche questa domanda, lasciandola alla discrezione del parroco.
E la discrezione del pastore viene lasciata libera ancora una volta sulla questione se gli omosessuali possono essere padrini o madrine. Qui il dicastero fa una distinzione. Se il futuro padrino vive con un partner dello stesso sesso, ma “conduce una vita conforme alla fede”, allora è idoneo. Certo. Ma se vive in una “relazione stabile e dichiarata… ben conosciuta dalla comunità”, allora c’è un problema. [Qui aspettiamo che il Dicastero dica che in questo caso l’individuo non può servire come padrino perché causerebbe scandalo. Ma questo non è ciò che dice il documento vaticano. Il Dicastero dice invece che “la dovuta prudenza pastorale richiede che ogni situazione sia gestita in modo ponderato”, e lascia le cose come stanno. Ancora una volta, il pastore che sceglie un approccio lassista – in questo caso, uno che non vede alcun problema nel permettere agli omosessuali attivi di essere padrini – ha il via libera del Vaticano.
Phil Lawler
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. I contributi pubblicati su questo blog hanno il solo scopo di alimentare un civile e amichevole confronto volto ad approfondire la realtà.
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