di Giovanna Ognibene
(Il primo paragrafo è stato scritto prima del disastro di Ischia; ero incerta se cassarlo o meno, poi ho pensato che in fondo la cronaca rende dolorosamente vero il paragone che utilizzo e ci desta ad una rinnovata vigilanza).
Per non dover tornare in Louisiana, ché il viaggio è lungo, restiamo nelle nostre terre dopo un’alluvione, o una frana e, mentre sgomberiamo cantine allagate e tiriamo su di nuovo i pali della luce, cerchiamo di capire le cause del disastro, da quelle immediate della pioggia ai tombini non puliti e risaliamo, tra piani regolatori sbagliati e lavori di contenimento mai eseguiti, agli abusi edilizi e al disboscamento selvaggio, periodicamente denunciato dagli anni ’50. In qualche modo abbiamo avuto a che fare con un dissesto “geologico” delle nostre società che ha coinvolto anche le nostre certezze esistenziali: credevamo di camminare su strade ben asfaltate, con tutti i cartelli, spallette dei ponti, guardrail d’ordinanza e non ci accorgevamo che sotto il manto stradale si stavano aprendo delle voragini. Per restare nella metafora atmosferica emergenziale, che prometto di lasciare scorrer via nella corrente limacciosa, basta un evento fuori dell’ordinario, una bomba d’acqua, per usare l’espressione così cara ai cronisti, perché tutto crolli come il sottile manto d’asfalto nel vuoto sottostante.
Incominciamo a contare i danni. Quelli immediati e visibili, una classe politica e l’esercito mercenario dei midia che, più o meno nella stessa misura e negli stessi modi, hanno imperversato world wide. La vista è desolante ma per nulla sorprendente: ci sono stati politici venuti in possesso di immobili di prestigio a loro insaputa, commissari straordinari di qualche tipo ed altre figure di apparatčhik che ricevono in omaggio massaggiatrici (sì, proprio quel tipo); evidentemente hanno stipendi miseri su cui certe spese voluttuarie pesano, altri detentori di yacht e reddito di cittadinanza. C’è chi ricorda ancora un allenatore di prestigio chiedere di entrare gratis al cinema coll’intero staff. Dici: bisogna essere pezzenti dentro! Vero ma c’è anche il fattore “sono finalmente qualcuno” che funziona immancabilmente.
Un breve ricordo personale: un’era geologica fa lavoravo nella Sanità pubblica, allora Inam, detta nel basso latino Cassa Malati, e conoscevo un tale che aveva lavorato per più di 40 anni ma non si decideva ad andare in pensione (credo ci siano voluti i Nocs per portarcelo). Attaccamento alla maglia? Macché, coordinava e controllava le convenzioni con i medici di base, e così lucrava perlomeno altri due stipendi, a voler essere prudenti. C’era anche un suo giovane accolito deputato al servizio di Guardia Medica, composto di giovani medici appena abilitati: perciò si accontentava di organizzare una lista di regali per Natale in qualche negozio, un televisore qui, un servizio di pentole là.
Insomma ci si vende per un tostapane. Mica tutti possono tenere sacchi di soldi in casa, come Zio Paperone o Eva Kaili.
Altri danni poi, meno evidenti ma più costosi e ‘strutturali’, sono risentimento sospetto e paura che si aggiungono ai disastri economici. Paura sparsa a piene mani, direi a camionette dell’esercito, dal governo.
È la paura che ci rende ostili gli uni agli altri, basti pensare come ci carichiamo di aggressività ogni volta che saliamo in macchina, catafratti nell’abitacolo, avvertiti magari inconsciamente dei possibili pericoli e quindi pronti a rispondere “armati”, come quella segretaria di altissimo livello, elegantemente algida, tutta comme il faut e bien sûr, che alla guida della sua auto, se qualcuno le attraversava la strada, tirava giù freneticamente il finestrino (a mano, altri tempi) e lo apostrofava con un “merdone”!
Stringere nella morsa soffocante del panico le popolazioni è stata la scelta del potere in quasi tutte le nazioni, specialmente in quelle a trazione occidental-liberista-democratico, perché, se ci si pensa bene, in un mondo in cui sono da tutelare i diritti di tutti, le suscettibilità di tutti, come fai ad un tratto cassare tutto questo se non con uno spavento mortale? È così che un intero Paese, i cui figli insieme al latte materno assimilano da sempre l’idea del “governo ladro”, da cui difendersi con ogni stratagemma possibile, è divenuto ligio e ossequioso, i ragazzi responsabili nel mettere la mascherina e vaccinarsi, nessuna ribellione né manifestazione, da riservare per il veniente governo fascista.
Vero è che soprattutto quella fascia piccolo e medio borghese- cui però mi pare si debba attribuire sempre più un’accezione puramente economica, in qualche modo coincidente con le fasce di reddito- ha cominciato ad assumere i tratti identitari dell’italiano evoluto, quello che fa la raccolta differenziata, guarda se nelle merendine c’è l’olio di palma, e pensa che la messa celebrata sul materassino al mare sia più “vera”, e che i Gay Pride siano segno di un’Italia più matura, meno bigotta.
Il borghese quindi sente il dovere morale di “non fare figure” e quindi condivide quanto si dice da Fazio, settimana per settimana, lì dove si può sentire intelligente a buon prezzo. Si è vaccinato, ora dovrebbe ammettere che avrebbe potuto fare altrimenti, che questa volta lo Stato si è dimostrato efficiente, e non ha potuto fruire di uno straccio di condono amnistia prescrizione: gli va il sangue alla testa al vedere che si ventila l’idea di non far pagare la multa agli ultracinquantenni e si reintegrino i sanitari non vaccinati ben due mesi prima! I commenti dei politici e dei giornalisti sono quanto mai istruttivi al riguardo- premio ai furbetti, pessimo esempio alle nuove generazioni, offesa ai cittadini che si sono fidati della scienza!
È la morale dell’invidia e del risentimento. Se non ci fossero state le multe marziane per l’infrazione ai divieti, avremmo probabilmente assistito ad un lockdown all’amatriciana, perché ognuno di noi avrebbe trovato un motivo valido per infrangerlo.
Non si tratta di passare un colpo di spugna su ciò che è stato, si tratta piuttosto di capire perché e come sia potuto succedere che un intero popolo, storicamente diffidente verso i propri governi, abbia aderito senza se e senza ma, come amano dire i pensosi progressisti, agli sproloqui dell’Avvocato del popolo e poi dell’Illuminato. Forse è meglio non accanirsi contro chi ha aderito alla follia istituzionale oltre il dovuto e invece di aprire spazi alla riflessione, di trarre profitto dalla dura lezione subita e di studiare possibili contromosse per gli eventi futuri, poiché, siamone certi, alla prossima occasione le schiere di lacchè e sicari prezzolati si faranno trovare pronte alla bisogna.
Tempo fa, prima del Covid, mi capitò d’ascoltare un cattolico acculturato sostenere che la causa del declino della Chiesa Cattolica andasse ricercata nel fatto che non avesse mantenuto le promesse (felicità, pace, giustizia sociale? Non ricordo) mentre la Scienza, ed in particolare la Medicina, aveva mantenuto le sue. Già allora accolsi queste parole con silente scetticismo perché, se è vero che la medicina ha compiuto i tradizionali passi da gigante nelle ultime sei sette decadi, è altrettanto vero che si continua a morire (Lapalisse prendi nota) magari in modo più sofisticato e che con buona pace della scienza non siamo granché più felici: non solo in posti come l’Ucraina, il Medio Oriente o nelle favelas brasiliane (e gli altri mille e mille luoghi) ma anche in molti quartieri degli Stati Uniti o nelle nostre città tra giovani che vagano già zombie sfatti di droghe o riuniti in bande per gridare la loro disperazione, la mitologica qualità della vita è sempre più confinata nelle pubblicità televisive.
Certamente vediamo innovazioni tecniche, autentiche rivoluzioni nelle diagnostiche e nelle terapie, livelli di confort neppure sognabili nei giorni in cui ragazzina mi capitava di andare negli ambulatori Inam di Via Cellini a Milano (Sez. Vittoria) dalle pareti smaltate a mezza altezza in malaticcio verde Speranza, le sedie di metallo ugualmente verdi, le luci basse e le immancabili infermiere scontrose, perché eravamo assistiti della mutua. Per tacere degli occhiali passati dalla stessa che gridano ancora vendetta.
Sono stata una persona relativamente sana (ecco, l’ho detto!) ma comunque ho potuto apprezzare di essere stata operata al setto nasale col laser e non con i i vecchi scalpelli: due ore di moderato bruciore al naso e via, o che le nuove tecniche odontoeccetera siano progredite in maniera eccezionale, o che le infiltrazioni al ginocchio consentano di muoversi come dieci anni fa.
E capisco perfettamente che soprattutto in evenienze più gravi e drammatiche si possa avere la convinzione che la Scienza in generale e ancor più la Medicina abbiano effettivamente aperto la strada al nuovo Eden. Se ci sono ancora scimuniti che diffidano dei vaccini e hanno fatto un gran can can per nulla, la Comunità di Sant’Egidio si porta avanti nel suo presepe e offre la quinta dose di vaccino. Che serva o meno è del tutto irrilevante, che diavolo vuoi che sia, nel più ci sta il meno e via delirando. La Medicina che sino a non molti anni fa era definita un’arte, riconoscendo l’apporto vitale dell’esperienza, della curiosità e talvolta del genio ora è solo Scienza e Tecnica, ed è la nuova divinità, e i suoi riti sono i protocolli.
La Medicina è una delle facce prismatiche della Scienza ma per noi gente comune la più importante poiché se leggi della fusione a freddo ottenuta negli USA, caspita sei pieno d’ammirazione è una cosa importante una meraviglia, sol che sapessi cosa accidenti sia, ma se ti danno una diagnosi infausta o anche solo preoccupante, beh allora l’uomo in camice bianco che ti sta di fronte assume un’importanza capitale. Sei disposto a seguirlo sino dove ti porta, hai fiducia in lui perché ti garantisce un altro piccolo tratto di vita eterna quaggiù. Che è precisamente la sola cosa ti interessi.
Ecco perché specialmente le persone istruite, ispirate ad un sano scetticismo verso ipotetiche felicità oltremondane, già liquidate come oppio dei popoli sono portate naturaliter ad abbandonarsi fiduciose nelle braccia della Scienza.
Questa nuova religione misterica giunge a noi da lontano, almeno dall’Umanesimo, ma vorrei limitarmi ad un giro per così dire turistico e, visto che le righe sono contate, segnalare solo alcuni monumenti d’interesse. Del resto a Roma non c’è solo il Colosseo ma comunque il Colosseo c’è; e allora facciamo tappa brevissima al grande lavoro dell’Encyclopédie illuminista, ovvero Dizionario ragionato delle Scienze, delle Arti e dei Mestieri, una specie di nuova Summa Theologica laica, la ricapitolazione di tutto il sapere umano alla luce della Ragione, e la Ragione è scientifica e tecnica. Ed è anche una Dea poi impersonata da una cantante lirica portata in processione in Notre Dame nel novembre 1793. Il tentativo di cambiare computo del tempo e Calendario, a partire dalla data ‘fondativa’ del 20 settembre 1792, non sopravvisse alla fine della Rivoluzione. Neppure un secolo dopo l’alfiere dei positivisti, Comte, propose una nuova Religione, nuove feste, nuovi santi e nuova scansione del tempo nel culto della Scienza. Anche qui non si ebbe nulla di fatto. Quei tentativi ancora goffi, che ci facevano sorridere quando li studiavamo, tuttavia una certa carica profetica l’avevano.
Infatti circa 150 anni dopo, abbandonati i costumi di scena e le quinte di cartapesta, perché ohibò le masse sono acculturate, sono state date loro le armi del sapere e della coscienza (beh, le spade non sono di vero acciaio ma di plastica, quelle di Carnevale, ma da lontano fanno la loro figura), il potere usa tecniche più raffinate, una specie di convincimento gentile, da un lato si incomincia a far capire en passant alla gente che dire Buon Natale non è inclusivo, anzi può essere offensivo, molto meglio festa delle luci, e oh la magia del Natale! Ce n’è una quantità diabetica nelle decine di film sciropposi programmati in questi giorni con tale crudeltà da farti rimpiangere ogni onesto splatter.
La bestemmia è ufficialmente ancora sanzionata, ma il battesimo di Lauro sul palco di Sanremo non scandalizza il conduttore che si dice cattolico. Ah beh allora stiamo tranquilli. La tattica, sino ad ora di grande efficacia, è quella di non affrontare apertamente il cristianesimo, ma di erodergli la terra sotto i piedi. Ad un certo punto verrà giù tutto. Ma la natura e la mente umana aborrono dal vuoto e il sostituto della Religione è presente da secoli, scalpitante come una riserva in panchina ormai pronta a scendere in campo, la scienza.
Del resto è altrettanto vero che non è tanto la carenza a richiedere d’essere colmata, quanto la presenza di qualcosa che genera la necessità. È l’anima della pubblicità: tu hai il vuoto esistenziale del tuo destino mortale, ma se ti convincono che il Paradiso non esiste, e che Dio se ci fosse in fondo dovrebbe avere molti scheletri nell’armadio e se ti offrono un’altra via per colmare questo insopportabile cruccio va bene lo stesso. E infatti la Medicina ti offre oggi il vaccino contro il cancro, domani una terapia genica per debellare altre gravi malattie, forse forse riesce a portare molto più in là il limite della vita, e potenziare le nostre capacità con qualche innesto tecnico. Insomma inserire tutti i nostri dati nel pollice e ritirare i soldi senza carta, questo sì che significa aver svoltato.
Noi, Signori, di fronte a queste meraviglie della Scienza e della Tecnica, siamo né più né meno indios pronti a barattare il loro oro con perline di vetro.
Al cospetto della scienza la onori rapito, quasi fosse l’imperatrice Teodora, ieratica, solenne, quasi disincarnata, sovrumana nelle sue vesti splendenti e pur severe, immortalata per sempre nei mosaici ravennati. Non pensi neppure che prima di sposare l’imperatore Giustiniano era una danzatrice parecchio chiacchierata.
Ebbene, anche la Medicina come la nostra imperatrice ha avuto i suoi trascorsi e senza andare ai tempi remoti in cui veniva esercitata dai liberti (schiavi liberati) basterà darne pochi cenni tratti dai ricordi di qualcuno un po’ avanti con l’età; a caso, eccone alcuni miei. Quando ero ragazzina, andava decisamente di moda l’operazione di adenotonsillectomia, che solo per l’orgoglio che ne ricavavi riuscendo a pronunciarla correttamente, e per il gelato, valeva la pena sottoporvisi. Alla prima concomitanza tra febbre e puntini bianchi sulle tonsille, il medico consigliava a tua madre l’operazione. Non il minimo dubbio se le tonsille, visto che la natura le aveva piazzate lì, servissero mai a qualcosa, invece la certezza che, visto che era semplice toglierle, un semplice zac, fosse la soluzione più funzionale. Una decina d’anni dopo avevo problemi di colite, una di quelle sindromi che tanto affliggono i mariti di quelle che ne soffrono. Detto fatto, operazione di appendicectomia, benché il radiologo, rara avis, non ravvisasse nulla di problematico. Già allora valeva il principio del “gonfiare i reparti” come si diceva in linguaggio iniziatico, vale a dire ricoverare quante più persone possibile e trattenervele il più a lungo possibile.
Era forse sempre per quel principio che vent’anni dopo (lo so, sembra la saga dei Tre Moschettieri) quando impiegata di concetto controllavo i conti di una piccola Casa di Cura in Milano, mi rendevo conto che dalle vallate più impervie e dalle plaghe più desolate di Lombardia si riversava ivi un numero impressionante di cisti sebacee. Con degenze di 3/4 giorni. Sempre il fato voleva anche che a più di metà delle madri nascessero figli affetti da macrosomia – vale a dire cicciottelli, sui 4 Kg ed oltre (tutti i miei figli ne furono affetti, ‘sti disgraziati) – che venivano ricoverati: così la Regione che solitamente paga (almeno pagava) un Forfait Parto doveva pagare a parte la degenza del neonato.
Niente di particolarmente pericoloso di solito, epperò forte indizio di una certa “corrispondenza d’amorosi sensi” tra amministrazioni mediche e ufficiali pagatori. Da questa armonia, a cascata, ne potevano e possono discendere promozioni ad assistenti o aiuti e primariati. Quante degenze Covid si eviterebbero, se lo Stato non riconoscesse in misura così cospicua un’eccedenza per tutti i ricoverati, dagli infartati ai plurifratturati ai portatori di ernia, sfortunatamente, o provvidenzialmente, positivi al Covid.
Niente di male se sotto la sontuosa veste imperiale della nostra Teodora si cela una disinvolta ballerina, purché non si scambi la veste e la carica per la qualità della persona o rischiamo di finire con una manciata di perline in mano.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. Sono ben accolti la discussione qualificata e il dibattito amichevole.
Sostieni il Blog di Sabino Paciolla
Scrivi un commento