Oggi si sente parlare a più non posso della “qualità della vita”. Molti si affannano per non invecchiare, per coprire le prime rughe. Altri inseguono una qualità della vita che appare un miraggio. Altri sottoscrivono delle dichiarazioni perché venga posta fine alla loro vita nel caso le situazioni sfortunate della vita la rendessero al di sotto di un certo standard di qualità. Ma occorre chiedersi che cosa intendiamo con l’espressione “qualità della vita”. Ci dà il suo parere il Card. Gerhard L. Müller, Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, in questo articolo apparso su Kath.net, e che Alessandra Carboni Riehn ha tradotto per i lettori di questo blog.

 

Card. Gerhard L. Müller - Foto: Daniel Ibanez / ACI Group

Card. Gerhard L. Müller – Foto: Daniel Ibanez / ACI Group

 

Nei suoi scritti sulle categorie e nel quinto libro della sua metafisica, Aristotele annovera la qualità tra le categorie, cioè le modalità fondamentali dell’essere e quindi del pensiero e dell’azione umani. Ma la qualità può essere intesa in vari modi e caratterizza la sostanza, cioè un soggetto che veramente è, da diversi punti di vista. Una bevanda può avere le qualità di caldo e freddo o avere la consistenza di un caffè o di un succo di frutta o distinguersi in alcolica o analcolica. Oppure, per la vita, l’acqua ha un’importanza cruciale, che abbia o meno la qualità dell’acqua potabile.

In cosa consiste la più alta qualità della vita umana?

Quando oggi ci interroghiamo sulla qualità della vita, intendiamo la vita nel nostro contesto non come ciò che tutti gli esseri organici hanno in comune, che sono vivi e come. Intendiamo la vita dell’uomo e quale sua conformazione sia data o vada desiderata, affinché alla fine ogni singolo uomo possa dire di se stesso: è meraviglioso e bello che io esista, che io sia in comunità con i miei genitori, la mia famiglia, la comunità linguistica del mio popolo. Alcuni si limitano al tenore di vita materiale, all’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria, e misurano la qualità della vita in base alla soggettiva sensazione di felicità, che però non può mai raggiungere uno stadio di definitività. La tendenza sociale va verso il diritto all’eutanasia e al suicidio assistito, quando sembra di aver raggiunto il tenore di vita materiale e la soglia del dolore. Ma la qualità della vita di un essere spirituale e aperto alla trascendenza comprende anche una speranza che va oltre la negazione di tutte queste condizioni esterne e oltre la mia limitata permanenza sulla Terra. Sarebbe la più alta qualità della vita se l’Autore di tutto ciò che è ci garantisse l’immortalità dell’anima e, come confessiamo nel Credo Apostolico, la risurrezione della carne. Secondo sant’Agostino, la vita del corpo è l’anima, ma la vita dell’anima è Dio.

La domanda di significato è la qualità dell’intelletto.

Con ciò ci troviamo in una discussione filosofico-teologica che dura da 3000 anni fino ad oggi sul significato della vita, senza il quale tutte le qualità primarie e secondarie della vita sprofonderebbero nel nulla. In parole povere, l’idealismo trova tutte le qualità della vita nello spirituale e nelle idee, rispetto a cui la dimensione corporale e materiale appare solo come un riflesso transitorio, mentre il materialismo riduce la qualità della vita solo a ciò che è sensibilmente godibile, politicamente fattibile, sensibilmente verificabile.

La posizione cristiana, che è intrinsecamente legata al popolo d’Israele attraverso la storia della salvezza di Dio, riconosce le qualità della vita sia nella dimensione corporale, psichica, intellettuale e spirituale dell’esistenza umana, sia nella sua realizzazione materiale nella corporeità, nella storia, società, cultura e nella comunione con il Dio vivente nel tempo e nell’eternità.

Un cristianesimo inteso a partire dall’incarnazione nella Chiesa sacramentale non conosce l’alternativa sbagliata di cercare il senso della vita solo in questo mondo, nel breve tempo della nostra esistenza terrena, o di fuggire quanto prima possibile dalla valle di lacrime terrena nell’aldilà. Il nostro motto non è nichilistico: “mangiamo e beviamo, godiamoci la vita, perché domani saremo morti”. Ma neanche abbandoniamo fatalisticamente il mondo al suo destino. La gioia del cristiano è il contrario della gioia alla vista delle sventure altrui che nutrono le persone piene di scherno e di invidia. Né un cristiano si abbandona allo “Weltschmerz” (dolore del mondo), che si compiace di scenari catastrofici.

La qualità della vita al di là del dualismo

Il dualismo tra aldilà e aldiquà inventato dalla critica della religione del XIX e XX secolo si basa anche sulla mescolanza di un – malinteso – platonismo con una definizione del cristianesimo come religione della salvezza.

Ma, si potrebbe obiettare: nella fede cristiana non si tratta della salvezza? Gesù Cristo, il Figlio di Dio, non è forse venuto nel mondo per redimerci? Sì, proprio così! Ma ci redime dal peccato, dalla distruzione operata dal Male e non dal nostro corpo e dal mondo, che è la buona creazione di Dio. Ci redime per una vita d’amore a Dio e al prossimo. La qualità della vita con Cristo consiste nella nostra liberazione “dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.” (Rom 8:21). Ecco perché la responsabilità per il mondo e il nostro completo orientarci al Dio Trino, in cui riponiamo tutta la nostra speranza, sono inscindibili. Non crediamo, invece che in Dio, nel progresso attraverso il quale l’umanità potrebbe ricreare se stessa ex novo. Non idolatriamo i leader umani, ma diamo la caccia solo a Dio e riponiamo la nostra speranza nella vita e nella morte esclusivamente in Lui. Ma noi riconosciamo quelle persone che nella Chiesa e nella società si sforzano onestamente di adempiere ai loro compiti come servizio. Ma noi promuoviamo il progresso nell’educazione, nell’istruzione, nella medicina e nella comunicazione digitale, senza dimenticare la dimensione etica. Altrimenti l’uomo può anche diventare schiavo delle sue accresciute possibilità. Così la sorveglianza e il controllo totale da parte dei partiti statali totalitari con i mezzi offerti da Internet, con il punteggio sociale con punti di credito, un sistema di ricompensa e punizione per comportamenti apprezzati e disapprovati, è un enorme passo indietro nella schiavitù che finisce in una dominazione dell’uomo sull’uomo che distrugge tutta la vita spirituale e morale. Una vita di questo tipo non ha più qualità, perché il senso della vita consisterebbe solo nel funzionamento intercambiabile del meccanismo sociale. La libertà è un prezzo troppo alto da pagare per la prevenzione dei reati di singoli individui. È così che si vuole giustificare lo Stato di sorveglianza totale. Perché la perfetta distruzione della libertà spirituale e morale è un crimine certo senza spargimento di sangue, ma il più crudele crimine mai perpetrato fino ad oggi contro l’umanità. La dignità umana ha il suo culmine nella libertà di fede e di coscienza. Dio, nostro Creatore, ha dato all’uomo la libertà e ci ha anche concesso, per amore della libertà, la possibilità di abusarne e quindi di peccare. L’essere umano reso totalmente conforme in pensiero, azione e sentire è degradato a macchina e quindi derubato della sua dignità umana. Il paradiso terrestre comunista o capitalista è l’inferno in terra.

Il mondo, invece, è creato da Dio e donato all’uomo perché lo preservi e lo coltivi fedelmente. Nell’Antica Alleanza Dio si è scelto un popolo e ha stretto un’alleanza con Israele. La storia della sua autorivelazione è identica alla storia salvifica di Israele, che secondo la fede in Gesù il Cristo si completa nell’incarnazione del Verbo eterno, del Figlio del Padre. Gesù Cristo – vero Dio e vero uomo: ecco il Rinascimento irreversibile dell’umanità, il vero Umanesimo con Dio, che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Gesù proclamò il regno di Dio, la sovranità della verità e della bontà del suo Padre celeste, e lo avverò nei suoi miracoli e nei suoi gesti potenti. Non prometteva ai malati e agli emarginati un futuro paradiso nei campi Elisi, ma li curava e li accoglieva nella comunità umana come segno del futuro Regno di Dio e della nuova creazione di cielo e terra. Il bene terreno e la salvezza eterna non sono identici, ma in Cristo e nell’operare della Chiesa si trovano in una vicendevole relazione dinamica.

Fannulloni devoti e quelli che fanno la bella vita a spese degli altri non possono richiamarsi a Lui. Piuttosto, è necessario che ognuno riconosca i suoi talenti e le sue capacità, li sviluppi e li renda utili per la costruzione di una società secondo gli ideali della libertà, della giustizia e della solidarietà sociale. Chi attraverso il Credo, il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia appartiene alla Chiesa di Cristo non può godersi passivamente solo le grazie e i doni di Dio, ma è anche chiamato a partecipare all’edificazione della Chiesa attraverso i suoi carismi, per via del sacerdozio comune di tutti i credenti, o nel ministero segnato da abnegazione e donazione di sé del vescovo e del sacerdote nella vigna del Signore. San Benedetto da Norcia, patrono d’Europa, ha posto l’esistenza cristiana di sacerdoti, religiosi e laici sotto il semplice ma efficace motto: Ora et labora, prega e lavora!

Non per accrescere potere e influenza sulle persone in senso politico o ideologico, bensì per co-operare con Dio a costruire il suo regno nel mondo, la Chiesa svolge attività educativa nelle scuole e nelle università, promuove la cultura e la scienza e contribuisce allo sviluppo dell’assistenza sanitaria in ospedali ecclesiastici, in centri della Caritas. Della qualità della cooperazione con la verità e la grazia di Dio fa parte anche la lotta contro il male, la menzogna, la disperazione e la presunzione.

Il maggior contributo alla democrazia moderna e all’umanizzazione della società dopo la Rivoluzione Industriale l’ha dato la Dottrina sociale cattolica – a partire dall’enciclica “Rerum novarum” (1891) di Papa Leone XIII. Vi si possono ora includere anche i principi etico-sociali dell’ecologia sviluppati nel quadro della dottrina della creazione, così come sono descritti nell’enciclica “Laudato sì. Sulla cura della casa comune”, presentata da Papa Francesco nel 2015.

Se fossi un predicatore televisivo americano, chiuderei con un’ardente incitazione: Fai qualcosa della tua vita! Puoi farcela! La qualità della tua vita dipende da te. Dacci dentro!

Ma la mia mentalità cattolica mi invita a più serenità. Il senso della vita non può dipendere da ciò che abbiamo fatto della nostra vita e da secondo quale indice l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) misura la qualità della vita soggettivamente percepita. Vogliamo negare la qualità della vita a quanti sono morti prematuramente, agli handicappati mentali e fisici, ai malati terminali e a chi è stato vinto dalle circostanze, ai traditi e agli abbandonati e a tutti gli sfortunati di questa terra?

L’uomo ha qualità e dignità più per quello che ha ricevuto che per quello che si è guadagnato e per come la sua vita è riuscita esteriormente, secondo gli standard di ricchezza, successo, prestigio tra gli uomini. La qualità imperdibile della vita sta davvero nello sperare nella giustizia di Dio, che giudica più giustamente di tutti gli uomini messi insieme. E il suo indice della qualità della vita umana, nel successo e nel fallimento, è l’amore. Con Paolo nell’inno all’Amore diciamo: se anche avessi tutta la scienza del mondo, possedessi tutte le sue ricchezze e il suo potere, “ma non avessi la carità, non sono nulla”. (1 Cor 13:2). “L’amore di Dio, che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rm 5,5) qualifica la nostra vita per una felicità, una ricchezza e una pace senza fine.

Grazie.

 

 

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