Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo
(Anno C)
(Gen 14,18-20; Sal 109; 1 Cor 11,23-26; Lc 9,11-17)
di Alberto Strumia
Queste solennità liturgiche che seguono la Pentecoste, ultimo giorno del Tempo di Pasqua, sembrano fatte appositamente per insegnarci che, ormai, tutto quello che si doveva fare sulla terra da parte di Cristo, per riparare e riaprire l’accesso alla “giustizia originale” è stato fatto ed è “definitivo”. L’accesso al giusto rapporto dell’uomo con Dio Creatore e, quindi, con se stesso, con gli altri esseri umani e con tutto il creato – è stato ripristinato, per chi vuole accedervi seriamente. A noi tocca il rendersene conto e vivere, di conseguenza, senza sprecare l’occasione, unica nella vita, di beneficiarne da subito per vivere una “vita buona” e in vista dell’eternità.
In particolare questa solennità del Corpus Domini, del Corpo e Sangue di Cristo, ci vuole educare ad “adorare” Lui che in modo “definitivo” ha dato se stesso per noi, una volta per tutte, in modo sempre accessibile nella Chiesa. È il fatto che Lui ha riparato in modo “definitivo” la rottura della “giustizia originale” tra l’umanità – come singole persone e nel loro insieme – voluta per istigazione di Satana, il primo trasgressore.
– Nella prima lettura il carattere “definitivo”, e perciò “unico” dell’opera di Cristo, racchiuso tutto nel Suo “unico” Sacrificio, è descritto in forma profetica dalla singolarità del sacrificio di Melchisedech che, in modo inconsueto «offrì pane e vino» (come farà poi il Signore nell’Ultima Cena lasciandoci l’Eucaristia) invece di animali, ripetutamente sacrificati, come era consuetudine nell’antico Testamento e nelle religioni pagane. Come frutto del sacrificio di Cristo, prefigurato da quello compiuto da un personaggio misterioso e perfettamente puro come Melchisedech, Abramo viene finalmente benedetto («Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, Creatore del cielo e della terra»), liberato da ogni forma di colpevolezza e di condanna, di nuovo reso capace di un “giusto” rapporto con Dio, con il quale potrà parlare, consapevole che Dio esiste e provvede («Dio stesso provvederà l’agnello», Gen 22,8) al bene nella storia dell’uomo.
– Il Salmo responsoriale insiste fin dal ritornello – che ci fa ripetere, perché il concetto si fissi nella nostra memoria – sul carattere “definitivo”, eterno, unico di Cristo Salvatore («Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore»). Un carattere “eterno” che segna per sempre ogni forma di partecipazione cristiana al Suo sacerdozio: dal sacerdozio “comune” dei fedeli che è reso indelebile dal “carattere” del Battesimo; a quello “ministeriale” che è reso indelebile dal “carattere” del Sacramento dell’Ordine.
– Nella seconda lettura san Paolo rievoca il carattere “unico” dell’Ultima Cena nella quale Cristo ha istituito l’Eucaristia, che la festa di oggi ci vuole educare ad “adorare”, nella sua straordinarietà: Cristo è realmente presente, in una modalità “materiale” e “universale” al tempo stesso, per tutto il corso della storia umana, in ogni luogo del mondo dove essa viene celebrata e custodita, in ogni tabernacolo che racchiude un’Ostia Consacrata.
Prima di tutto il Signore ha compiuto e lasciato in modo “definitivo” la “possibilità” di accedere nuovamente alla “giustizia” tra l’uomo e Dio Creatore, che era stato chiuso dal “peccato originale”. A questo provvede il Sacramento del Battesimo, viene portato a maturità piena nella Cresima, e poi quello della Penitenza.
Poi ha lasciato ai ministri della Chiesa la “consegna” (“Ordine”) di accedere al Suo “unico” Sacrificio riparatore celebrando la Santa Messa, nella quale, attraversando lo spazio e il tempo ci si rende miracolosamente contemporanei a quel Sacrificio “unico”. In questo la Messa è ben diversa dai sacrifici pagani che venivano ripetuti per ottenere il beneplacito delle divinità. Le Messe non sono tanti sacrifici ripetuti come distinti, ma ciascuno è per noi un rendersi contemporanei dell’unico Sacrificio di Cristo.
– La Sequenza, con le parole di san Tommaso d’Aquino, ci guida a ripercorrere tutta la storia accompagnandoci per metterci nel giusto atteggiamento di meravigliata adorazione dell’Eucaristia.
– Il Vangelo, con il racconto della moltiplicazione dei pani, evidenzia come l’Eucaristia non è prodotta dall’impegno sociale dell’uomo, che al contrario può esserne un frutto di carità, ma solo dal Signore, che attraverso le mani degli uomini che fanno ciò che Lui comanda, vedono sotto i loro occhi avvenire il miracolo.
Pochi hanno saputo fissare il vero senso cristiano dell’Eucaristia e della festa di oggi come in queste parole di Charles Péguy, ne Il mistero di Giovanna d’Arco.
«Egli è qui. È qui come il primo giorno. È qui tra di noi come il giorno della sua morte. In eterno è qui tra di noi proprio come il primo giorno. In eterno tutti i giorni. È qui fra di noi tutti i giorni della sua eternità. Il suo corpo, il suo medesimo corpo, pende dalla medesima croce. I suoi occhi, i suoi medesimi occhi, tremano per le medesime lacrime; Il suo sangue, il suo medesimo sangue, sgorga dalle medesime piaghe. Il suo cuore, il suo medesimo cuore, sanguina del medesimo amore. Il medesimo sacrificio fa scorrere il medesimo sangue. Una parrocchia ha brillato di uno splendore eterno. Ma tutte le parrocchie brillano eternamente, perché in tutte le parrocchie c’ è il Corpo di Gesù Cristo. Il medesimo sacrificio crocifigge il medesimo corpo, il medesimo sacrificio fa scorrere il medesimo sangue. Il medesimo sacrificio immola la medesima carne, il medesimo sacrificio versa il medesimo sangue. Il medesimo sacrificio sacrifica la medesima carne e il medesimo sangue. È la medesima storia, esattamente la stessa, eternamente la stessa, che è accaduta in quel tempo e in quel paese e che accade in tutti i giorni di ogni eternità. In tutte le parrocchie di ogni cristianità».
Maria, Madre della Chiesa, accompagnaci in questo cammino cristiano di fede nella Verità di tuo Figlio, nell’adorazione della Sua Presenza reale nella Santa Eucaristia!
Bologna, 19 giugno 2022
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