Rilanciamo alla riflessione dei lettori di questo blog la lettera che Robi Ronza ha inviato ieri a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Non sappiamo se quest’ultimo abbia risposto. Di certo Robi Ronza evidenzia questioni che anche noi più volte abbiamo sollevato sul giornale dei vescovi italiani. Robi Ronza ha pubblicato la lettera sul suo blog.

Egregio dott. Marco Tarquinio
direttore di Avvenire
Piazza Carbonari 3, Milano
Egregio Direttore,
Benché, come scrive tra l’altro BBC News, quella dell’aborto sia “in campo politico negli Stati Uniti probabilmente la questione più controversa” (arguably the most divisive issue in US politics), la stampa italiana durante la recente lunga campagna elettorale non ne ha parlato, e non ne parla nemmeno adesso. La censura è così vasta e compatta che viene da pensare sia qualcosa di concordato.
I corrispondenti dagli Usa dei nostri giornali e telegiornali si sono ben guardati dal far sapere in Italia che Trump e Pence sono apertamente schierati contro l’aborto mentre Biden e Harris sono altrettanto apertamente schierati a favore dell’aborto non escluso l’aborto senza termini fino alla nascita. Kamala Harris è inoltre impegnata in modo militante a promuovere il programma Lgbtq con obiettivi rispetto ai quali quelli del disegno di legge Zan, da cui lei ha giustamente preso le distanze, sono acqua di rose.
Per uno di quei paradossi di cui la storia non è avara, dunque, il devoto cattolico Joe Biden è per l’aborto mentre l’ex-libertino e vagamente protestante Donald Trump è per la vita. D’altra parte, diversamente da quanto si racconta qui da noi, il “no” all’aborto legale non è una «cosa cattolica» ma semplicemente una cosa umana. Negli Usa in particolare i contrari in vario modo all’aborto, ormai la maggioranza della popolazione, sono per lo più di fede protestante.
L’impegno di Trump contro l’aborto non è poi rimasto sulla carta. Nessuno negli Usa, che sia contrario o favorevole all’aborto, lo considera una prestazione sanitaria (che infatti non è). Quindi negli ospedali non lo si pratica e il servizio sanitario e le ordinarie assicurazioni malattia non lo pagano. Viene praticato in appositi ambulatori (abortion clinics) a spese o di chi lo chiede o di fondazioni create allo scopo, la maggiore delle quali è Planned Parenthood. Trump ha annullato i finanziamenti federali per un valore di parecchi milioni di dollari che Obama aveva stabilito per tale fondazione. Ha inoltre sospeso le erogazioni di fondi federali alle Ong e alle agenzie dell’Onu che, nel quadro di progetti di sviluppo nel Terzo Mondo, promuovono l’aborto come pratica terapeutica, e finanziano il funzionamento di strutture nonché la formazione di personale al riguardo.
Sotto la presidenza Trump gli Usa erano divenuti il più potente alleato della Santa Sede e di quella larga maggioranza dei paesi dell’emisfero Sud che in sede Onu si stanno opponendo, finora con successo, alla pretesa di fare dell’ aborto un «diritto umano». Il caso più recente risale al 13 novembre scorso, qualche giorno fa. Durante la seduta del Consiglio per i Diritti Umani dedicata alla loro periodica revisione, il vice-segretario di Stato Robert Destro, capo della delegazione americana, ha annunciato il voto contrario degli Usa con queste parole: “L’aborto è legale negli Stati Uniti e gli Stati Uniti promuovono programmi nazionali e internazionali di altissimo livello a tutela della salute delle donne. Rifiutiamo però la tesi secondo cui l’aborto attiene alla sfera dei diritti umani di livello internazionale e affermiamo che tutte le vite, sia nate che non nate, dovrebbero essere protette “.
Sarebbe a mio avviso molto bello se Avvenire, pur avendo un suo orientamento politico in forza del quale non meno de la Repubblica e de La Stampa vede Trump come il fumo negli occhi, in forza della sua ispirazione cattolica si discostasse tuttavia da questi suoi fratelli maggiori quando entrano in ballo questioni di cruciale rilievo umano e quindi cristiano come la presunta legittimità dell’aborto.
Distinti saluti
Robi Ronza
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