Il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga nella Basilica di San Pietro nel 2011. (AP foto/Riccardo De Luca)

Il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga nella Basilica di San Pietro nel 2011. (AP foto/Riccardo De Luca)

di Sabino Paciolla

Il 25 luglio scorso, Edward Pentin, del National Catholic Register, pubblica un articolo in cui riporta stralci di una lettera che 48 seminaristi (su 180 iscritti) il 28 maggio scorso avevano scritto ai loro padri formatori denunciando un modello diffuso e radicato di pratica omosessuale nel loro seminario di Tegucigalpa, Honduras, e che tale attività era protetta dal rettore della casa.

Pentin scrive che: “Le inquietanti accuse honduregne hanno particolare risonanza negli Stati Uniti perché riecheggiano alcuni aspetti chiave dell’attuale scandalo nella Chiesa degli Stati Uniti, riguardante presunti abusi sessuali da parte del cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington.

In maniera similare alle accuse riguardanti il cardinale McCarrick, che secondo quanto riferito era impegnato da tempo nella pratica di esercitare pressioni sui seminaristi affinché svolgessero attività sessuale con lui mentre prestava servizio come vescovo in due diocesi del New Jersey negli anni ’80 e ’90, il vescovo ausiliare José Juan Pineda Fasquelle di Tegucigalpa è stato accusato di avere rapporti omosessuali con i seminaristi di Tegucigalpa”.

Le accuse dei sacerdoti chiamano in causa anche il card. Oscar Rodriguez Maradiaga di Tegucigalpa per aver, a quanto pare, ignorato una ricchezza di prove di cattiva condotta omosessuale da parte del vescovo Pineda, suo vescovo ausiliare di Tegucigalpa, le cui dimissioni da ausiliare sono state accettate da papa Francesco il 20 luglio scorso.

Pineda dal 2005 è stato il numero due dell’arcidiocesi di Tegucigalpa guidata dal cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, strettissimo collaboratore di papa Francesco in quanto coordinatore del Consiglio dei nove cardinali che lo coadiuvano nella riforma della Curia romana (il cosiddetto C9).

Uno dei motivi che hanno spinto i seminaristi a scrivere la lettera ai vescovi è stato il suicidio di un seminarista della diocesi honduregna di Santa Rosa de Copán, poichè egli aveva scoperto che il suo amante maschio in seminario era entrato in un altra relazione. Il National Catholic Register aveva detto di avere la copia della lettera di addio.

Il National Catholic Register dichiarava di aver ottenuto prove fotografiche  di pornografia omosessuale, scambiate su WhatsApp tra i seminaristi che non avevano firmato la lettera, e altri messaggi osceni. Gli scambi erano stati verificati come autentici da specialisti informatici dell’Università Cattolica dell’Honduras, che hanno perquisito la memoria del computer e consegnato gli scambi ai vescovi del paese.

Il vescovo Guy Charbonneau di Choluteca aveva confermato al National Catholic Register il 29 giugno scorso che l’assemblea permanente dei vescovi, che si era tenuta ai primi di giugno, aveva ricevuto la lettera. Il vescovo aveva detto che la Conferenza Episcopale stava svolgendo un’indagine per vedere se le accuse fossero vere. “Siamo attualmente in questo processo”, aveva detto il vescovo Charbonneau. “Ogni vescovo ha a che fare con i seminaristi della propria diocesi”. “Questo è un problema nuovo”, ha aggiunto. “Forse è successo in altri anni, ma non con la dimensione di cui si parla ora”.

Il National Catholic Register aveva contattato gli uffici del cardinale Maradiaga, la Conferenza episcopale honduregna e ciascuno dei singoli vescovi del Paese, chiedendo ulteriori commenti in merito. Nessuno dei vescovi aveva risposto alle domande del Register al momento della pubblicazione di quell’articolo.

Si deve ricordare che il cardinale Maradiaga, dal dicembre scorso, era stato accusato di aver permesso al suo ausiliare, il vescovo Pineda, di continuare a servire al suo posto, e persino di averlo posto a capo dell’arcidiocesi durante la sua assenza a causa di cure mediche per il cancro alla prostata che Maradiaga aveva curato a Houston (USA), nonostante vi fosse un corpus di accuse di rapporti omosessuali contro il vescovo Pineda – anche con seminaristi (oltre ad accuse di presunti illeciti finanziari).

Il 29 luglio, in risposta all’articolo del Register, la Conferenza Episcopale Honduregna ha rilasciato una dichiarazione esprimendo “rammarico” per il fatto che la notizia della lettera era stata pubblicata, e negando il tipo di “atmosfera” riportata nell’articolo del National Catholic Register che essi percepivano come comunicante una promozione istituzionalizzata di pratiche che sono contrarie alla morale e alle norme della Chiesa.

Secondo il giornalista Pentin, i vescovi non hanno negato le accuse di omosessualità, ma hanno invece notato “erbacce nella debolezza affettiva e sessuale, che colpisce tutti noi e può generare atteggiamenti e comportamenti inappropriati”.

Dopo la presa di posizione dei vescovi, che in un certo senso negava o sminuiva quanto riferito dal Register, da più parti si chiedeva al National Catholic Register di tirare fuori le carte. Per questo, il Register ha deciso di pubblicare alcune di esse nell’articolo di ieri, dal quale riprendo una intervista ad un seminarista e la lettera integrale dei seminaristi che è molto delicata e rispettosa nei toni, piena di amore filiale verso i padri formatori, ma altrettanto carica di intenso e dignitoso dolore. E’ una lettera che merita di essere letta.

Eccole nella mia traduzione.

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Intervista con un seminarista honduregno sotto la condizione di totale anonimato:

 

L’omosessualità in seminario è un problema che si è moltiplicato negli ultimi anni“.

Penso che alcuni uomini potrebbero non essere sinceri quando fanno l’intervista per entrare in seminario. Col tempo, questa situazione di immoralità comincia a fiorire con gli uomini che hanno qualche tendenza all’omosessualità. Distrugge la vita comunitaria e i fondamenti che cerchiamo di imparare in seminario“.

Questa è una realtà che sta accadendo e che ho osservato“.

La mia opinione è che, in passato, i criteri per entrare in seminario non erano molto forti“.

Una delle cose buone di papa Francesco è che dice che queste cose non devono essere nascoste. Il problema dell’omosessualità in seminario è là. Non è facile. Una riforma del seminario richiede tempo. La Chiesa deve agire con misericordia e non condannare nessuno“.

Penso che se ci fosse qualche dubbio sull’omosessualità, le persone non dovrebbero entrare in seminario. Purtroppo, alcuni entrano. Forse pensano che andrà via“.

I vescovi si sono incontrati e hanno parlato di questo. Quando il problema è stato scoperto, la gente in un primo momento ha detto ‘No’, e lo ha negato. Il problema è che questo problema (di omosessualità) è apparso e viene negato. Il Cardinale, purtroppo, l’ha negato. Ma il problema è qui“.

I seminaristi eterosessuali sono scandalizzati e davvero depressi. Molti stanno pensando di lasciare il seminario.Temo che molti se ne andranno“.

Un altro grande problema è che quando qualcuno parla in modo diverso da quello che dicono i vescovi o il cardinale, viene censurato ed espulso“.

Se le persone vengono a indagare qui, troveranno cose peggiori di quelle che sono state trovate in Cile. Il problema è che il cardinale Maradiaga è la mano destra di papa Francesco. Penso che abbia mentito al Papa. I vescovi qui non hanno potere. Hanno paura del cardinale e sono troppo timidi per prendere una decisione“.

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Testo integrale della lettera dei seminaristi

 

Noi, mossi dallo Spirito del Signore risorto e con la speranza e la certezza che tutte le nostre azioni scaturiscano dal Signore come dalla loro fonte e tendano verso di Lui come il loro fine, ci sentiamo con urgenza chiamati a rivolgerci a voi, Padri, che avete la delicata missione di essere formatori dei sacerdoti di Cristo che giungiamo a questa casa seguendo la chiamata del Signore.

Vogliamo ed imploriamo che tutto ciò che leggete in questa lettera non sia ricevuto con lo spirito mondano di razionalizzazione e di orgoglio che deriva dalla sicurezza dei propri pensieri, ma con lo spirito proprio del discepolo, che è l’umiltà e la docilità allo Spirito Santo che ha parlato attraverso i profeti. Quanto vorremmo che lo stesso Spirito Santo ispirasse ciascuno di noi.

Siamo consapevoli che questo gesto potrebbe essere interpretato come un attacco a questo consiglio di formatori, ma vorremmo piuttosto che fosse interpretato come proveniente dalla Parola di Dio che ci invita a non avere paura di annunciare la Buona Novella che ci libera dalla schiavitù del peccato e dà vista ai ciechi. E così leggiate questa lettera come un segno che il Signore stesso vi parla attraverso di noi, perché sentiamo veramente dal cuore che questa lettera è un incarico del Signore.

Viviamo e sperimentiamo un momento di tensione nella nostra casa a causa di situazioni gravemente immorali, soprattutto di un’omosessualità attiva all’interno del seminario che è stata un tabù per tutto questo tempo. E per coprire e penalizzare questa situazione, il problema si è aggravato, trasformandosi, come ha detto un sacerdote non molto tempo fa, in una “epidemia in seminario”. Quasi tutti noi conosciamo questa situazione ma sembra che ci siano situazioni che passano inosservate nella formazione e che vengono lasciate dissolversi nel tempo, e così l’ampiezza del problema cresce di giorno in giorno, come pula tra il grano. Papa Francesco ha detto nel suo messaggio quaresimale di quest’anno: “A causa dell’aumento della malvagità, l’amore della maggior parte si raffredderà” (Matteo 24:12). Lasciamo che l’amore in seminario si raffreddi perché lasciamo che il male cresca, non a causa di liti o differenze tra di noi, ma a causa del peccato di cui non siamo consapevoli. Questa è una forma assunta dai falsi profeti, come dice il Papa nel messaggio: “Sono come ‘incantatori di serpenti’ che manipolano le emozioni umane per schiavizzare le persone e condurle dove vorrebbero che andassero. Quanti figli di Dio sono ipnotizzati da piaceri momentanei, confondendoli con la vera felicità! Quanti passano attraverso la vita credendo di essere sufficienti a se stessi, e finiscono intrappolati dalla solitudine!”

Tutti noi abbiamo trasportato molti complessi ma, non poiché non abbiamo lavorato su di loro, non li abbiamo superati e poi diventano seri problemi di identità di cui siamo tutti responsabili.

Abbiamo osservato in questi giorni una certa tensione che ha destabilizzato il clima di fraternità, e ora tutti sono sulla difensiva o stressati, impedendo una migliore esperienza dei sacramenti e della vita accademica. Di conseguenza, noi umilmente vogliamo che voi, Padri, riesaminaste come avete agito, secondo quanto il Signore vi ha chiesto di fare, o come pensavate di dover fare, agendo sotto i vostri impulsi, il sentimentalismo paternalistico, o una falsa misericordia che papa Francesco ha indicato con molta durezza.

Per favore, non possiamo più nascondere la grandezza di questo problema in seminario e abbiamo bisogno che voi formatori ne siate consapevoli e seguiate ciò che dice la Chiesa (secondo il diritto canonico e la ratio fundamentalis). Siamo consapevoli che non è colpa dei formatori, ma di un processo formativo che va ripensato nella prospettiva del discernimento dei candidati in ogni diocesi, che va modificato e aggiornato secondo i cambiamenti del tempo. La vita sacerdotale oggi non è vissuta come nel Medioevo, nemmeno come nel periodo pre-conciliare. Questo seminario non è come era all’inizio, infatti non è come era durante il tempo dei formatori. Cari Padri, questa lettera non deve provocare divisioni tra voi, ma, come fratelli, avete bisogno di una visione olistica, senza sentimenti patetici, e di prendere decisioni profetiche di fede profonda per cambiare e trasformare la dura realtà che la Chiesa sta vivendo nel nostro Paese che non tutti vogliono accettare.

Il problema principale che abbiamo in seminario è proprio quello dell’omosessualità ed è per questo che ci riferiamo direttamente a questo. Non si tratta di una persecuzione, né dei capricci omofobi di certi seminaristi machisti, come voi avete detto più volte. Né si tratta di pettegolezzi o mancanza di virilità. Se non lo diciamo davanti a voi, è perché molte volte avete espulso seminaristi per aver denunciato questo tipo di cose, e non potete negarlo perché conosciamo molto bene queste situazioni. È una preoccupazione e una sofferenza per l’amore della Chiesa. Non abbiamo bisogno di essere visti come nemici all’interno della comunità. Questa è anche la nostra sofferenza. Non ci sentiamo bene a essere indicati come propalatori di pettegolezzi, un aggettivo con cui a volte ci avete etichettati voi stessi.

Cari padri della formazione, questa lettera non è il frutto di un capriccio. Abbiamo pregato e invocato l’aiuto divino in molte occasioni per decidere se scrivere o meno questa lettera. Lo abbiamo scritto dopo aver parlato con molti fedeli nelle parrocchie dell’arcidiocesi e nelle diocesi suffraganee della provincia ecclesiastica, anche vittime di commenti sprezzanti quando scendiamo dagli autobus: i passeggeri che si riferiscono a noi come provenienti dalla casa dei “finocchi” o cose del genere. Il popolo di Dio non è né cieco né sciocco, ma ha la saggezza e l’intuizione dello Spirito del Signore e non deve essere ignorato.

Forse non abbiamo i fatti che volete, video, fotografie ecc, ma ricordate che in altri momenti, la parola ha avuto una forza straordinaria ed è stata un segno di fedeltà, verità e vita. Se un uomo ha dato la sua parola, ha chiesto rispetto. Forse oggi non siamo come quegli uomini del passato, ma ci sono ancora persone leali che sono fedeli alla loro parola. Anche per questo la Chiesa è ancora viva: con l’annuncio della verità proclamata da tanti uomini e donne. Qui ci sono molti seminaristi con testimonianze impeccabili che vivono la loro castità e lottano ogni giorno per vivere il loro processo formativo secondo la loro vocazione, consapevoli anche della loro miseria – seminaristi che non solo fuggono da una vita sessuale immorale, ma fuggono dall’alcolismo, non come un peccato, ma perché rappresenta una minaccia che distrugge il futuro ministro, come vediamo oggi. Crediamo profondamente che il Signore abbia posto davanti a noi sacerdoti che sono moralmente distrutti a causa della loro formazione qui in seminario.   

Non abbiate paura padri formatori di agire secondo i processi che la Chiesa propone, anche mandando via un seminarista molto amato e vostro amico. Ricordate sempre che compassione non significa nascondere le cose per un amico. Il vero affetto si manifesta facendo risplendere la verità espressa a quella persona. Molte volte con tristezza sentiamo molti di voi raccontare ai seminaristi: “Non preoccuparti, ti difendo”. Crediamo che la nostra missione non sia quella di essere avvocati difensori, perché questa casa non è un tribunale, ma un luogo santo, una casa il cui unico padrone è Cristo che seguiamo e con il quale dobbiamo configurarci. La vostra missione consiste nel mostrarci un esempio, come padri e pastori, di come essere trasformati in Cristo, come diceva San Giovanni Eudes.

Siate veramente padri custodi dei sacerdoti non ancora nati nel grembo della Chiesa, in pellegrinaggio in questo paese che è il seminario. Perché questa casa non è altro che la casa madre di tutti i sacerdoti diocesani ed è per questo che la maggior parte dei sacerdoti si sentono a casa quando vengono a visitare. Il seminario ha bisogno di custodi autentici che combattano coraggiosamente la formazione povera di cui molti seminaristi sono affetti a causa delle misure proposte dalla Chiesa. Perché molte volte, invece di bambini veri in gestazione, vengono curati tumori maligni e questi tumori causano metastasi in seminario. Tale discernimento è concesso solo dallo Spirito del Signore.

Vogliamo dirvi con dolore e con molta sincerità che abbiamo perso la fiducia in alcuni di voi e che ciò che vediamo è un’incoerenza tra ciò che siete e ciò che dovreste essere. I formatori non sono caratterizzati da un dottorato o dal loro “intellettualismo” o semplicemente dal fatto di vivere in seminario. Ciò che vi caratterizza è la missione che avete abbracciato, forse senza sapere quanto sia profonda e delicata. Questa missione è molto più delicata dell’essere parroci o maestri di seminario.  

Vi chiediamo di non commettere l’immaturità di voler indagare su chi ha scritto questa lettera o di prendere questo problema da un punto di vista personale. No. Prendetelo nel senso della sinodalità che la Chiesa ci invita a vivere, che i membri della Chiesa esprimono liberamente con libertà ciò di cui hanno bisogno o ciò di cui pensano di aver bisogno. Quanto vorremmo che voi disponeste di una copia di questa lettera e rifletteste su di essa, rivendicaste la vostra missione e adottaste misure visibili e definitive. Se un seminarista è sessualmente malato, non c’è bisogno di studi psicologici per determinare se è inadatto al ministero pastorale, perché prima o poi causerà dolore alla Chiesa.

Non tutti coloro che vogliono essere sacerdoti possono esserlo! Il ministero è un dono che deve essere vissuto e accolto con la convinzione del Vangelo e con lo zelo dell’amore, e dell’amore radicale, che esso esige. Il ministero non viene dall’affidarsi alla sicurezza del vescovo perché molti di loro sono ingannati dalla follia del comportamento della gente.

Questa lettera raccoglie i sentimenti non di un seminarista o di un sacerdote, ma di un grande gruppo di seminaristi che vivono qui, così come di sacerdoti e direttori spirituali che hanno raccomandato di rivolgerci a voi.

Chiediamo umilmente perdono se le nostre parole vi hanno ferito o vi hanno messo a disagio, ma siamo convinti che fosse necessario esprimerle con libertà, rispetto e carità. Esprimiamo il nostro affetto filiale e preghiamo per voi che siete i capi di questa casa e che avete una missione molto difficile. Vi affidiamo alle mani di Nostra Signora di Suyapa, Patrona di questo seminario e di San Giuseppe, patrono di tutti i seminari del mondo e della Chiesa universale.

Perdonateci per non aver messo sotto il nostro nome, ma non lo consideriamo necessario.

 

 

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