La settimana scorsa, il Vaticano ha annunciato che Papa Francesco ha aggiunto quattro donne come Consultrici della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.
È stata la prima volta che le donne sono state nominate nel corpo (dei vescovi, ndr), che è stato creato nel 1965 e, come indica il nome, è tradizionalmente maschile.
Tra loro c’è la spagnola Suor Maria Luisa Berzosa, presidente di Faith and Joy, una federazione internazionale dedicata all’educazione e alla promozione del benessere sociale.
Di seguito una intervista a Berzosa fatta da Inés Sant Martín nella mia traduzione.
Crux: Si aspettava di essere nominata nella commissione permanente del Sinodo?
Berzosa: Assolutamente no. Ho partecipato al Sinodo dei Vescovi sul Discernimento Giovanile e Vocazionale dello scorso anno, e ho avuto l’opportunità di viaggiare in Spagna per condividere questa esperienza. Ma quando tutto questo è finito, anche la mia esperienza sinodale è terminata. Non sapevo nemmeno che ci fosse una commissione permanente della Segreteria del Sinodo!
È perché ha tenuto dei discorsi memorabili durante il Sinodo del 2018, o sa se è stata scelta per qualcosa che ha detto o ha fatto lo scorso ottobre, mentre l’incontro si è svolto a Roma?
No. Ho partecipato al Sinodo come membro della commissione a cui sono stata assegnata, quella degli esperti e dei consulenti. Come tutti i miei colleghi di quella commissione, ho lavorato molto duramente, perché c’era molto da fare ogni giorno. E’ stata una grande commissione in cui lavorare. Abbiamo lavorato sodo, ma eravamo molto in sincronia.
Ma poiché c’erano pochissime donne al Sinodo – 12 di noi al di fuori dei giovani – siamo state molto significative perché abbiamo insistito per essere visibili. Ci siamo fatte sentire, abbiamo fatto un “casino” – come ci chiede Papa Francesco.
Quanto è significativo il fatto che la commissione permanente del Sinodo abbia ora quattro donne, tre religiose e una laica?
Voglio leggerlo come un piccolo segno, un piccolo passo nel cammino per dare più visibilità alle donne, per includere le loro voci – una pluralità di voci che va oltre quella del clero. È un modo per aprire la prospettiva, aggiungendo punti di vista diversi. Alla fine della giornata, questa è stata la proposta del Sinodo dell’anno scorso: Una Chiesa sinodale, secondo il Concilio Vaticano II, dove non c’è una sola voce o una sola persona, ma una Chiesa che è una comunità di comunità.
Qual è il ruolo delle donne nella Chiesa?
Qual è il ruolo delle donne nella Chiesa, o quale dovrebbe essere? Quelli di noi che sono dentro, che si sentono membra vive della Chiesa e non semplici spettatori, si sentono parte di essa attraverso una cordiale appartenenza e per la fede che abbiamo, ma hanno bisogno di più visibilità, più luoghi di leadership, posizioni di responsabilità, una maggiore presenza nel processo decisionale.
C’è ancora molta strada da fare?
Sì, è vero che la società civile si è mossa molto su questo e c’è ancora molto da fare, e la stessa cosa nella Chiesa. Ma io sono ottimista, non perdo mai la speranza, e voglio credere che mentre continuiamo a fare piccoli passi nella giusta direzione, anche se sembrano insignificanti, stiamo andando avanti, senza fermarci.
E penso che questo sia qualcosa che va a beneficio di tutta la Chiesa, non solo delle donne.
Questo implica che il sacerdozio dovrebbe essere aperto anche alle donne?
Personalmente, dato lo stato attuale della struttura, non vorrei che fosse così. Le cose dovrebbero cambiare. Ma penso che se si fanno passi, si fanno processi, si assumono responsabilità, l'[ordinazione delle donne] ci sarà alla fine di questo processo, senza molto rumore, come una progressione naturale.
È vero che quando accompagno spiritualmente una persona, non posso sentire la sua confessione, e devo chiamare qualcun altro a guidare la liturgia. E a volte vorrei essere in grado di farlo.
Ci sono molte religiose che non sono trattate correttamente, che vengono maltrattate o trattate come se fossero inferiori. Conoscendo la realtà dall’interno, pensa che sia così?
Sì, e c’è molto da fare, ma da entrambe le parti. Credo che non ci siano soggiogatori senza assoggettatamento, né persone soggiogate senza soggiogatori. A volte una persona si arrende o si apre alla sottomissione. Altri, è chiaramente un caso di abuso di potere, impediscono ad una persona di essere libera.
Dobbiamo prestare attenzione, e se ci sono stati casi di sottomissione all’interno della Chiesa, dobbiamo fare in modo che non accadano mai più. Dobbiamo tenere gli occhi aperti e parlare, dire ciò che va detto e porre le domande che vanno poste.
Questo comportamento abusivo non può essere permesso, ma non solo quando si tratta di sorelle religiose. Una persona, chiunque sia, non può essere trattata come fosse meno di un essere umano. Gli abusi di potere non fanno bene agli abusati, ma diminuiscono anche la dimensione umana dell’abusante.
Molte volte chi “serve” non comprende il significato della parola servizio, che non è sinonimo di schiavitù…..
Esattamente. Eppure molte volte finisce per essere schiavitù. Ecco perché abbiamo bisogno di dialogare, di parlare, di esporre le situazioni, senza aver paura di farlo. Perché la paura è anche un modo per sottomettere le persone, che impedisce ad una persona di svilupparsi pienamente.
Lei parla dell’importanza del dialogo, del parlare. Quale ruolo ha Papa Francesco nella costruzione di quello che lei descrive come un cammino in avanti attraverso il dialogo, senza timore di parlare?
Costruisce questo cammino attraverso i suoi gesti, con le sue parole, i suoi atteggiamenti….. Penso che sia un uomo che parla più con i gesti che con le parole, anche se le sue parole sono molto chiare. Il suo modo di accompagnare il cammino della Chiesa è quello di aprire le porte con i gesti, attraverso le parole e facendo piccoli passi.
Forse non riesce a fare tutto quello che vorrebbe fare, o che noi vogliamo che faccia di più, ma apprezzo quei piccoli gesti, ogni piccolo passo avanti. La speranza mi stimola. Non dovremmo avere paura di correre dei rischi. La paura può essere paralizzante.
Deve essere possibile andare avanti senza paura, anche quando si tratta delle donne nella Chiesa: Non siamo ragazze, siamo adulte anche nella nostra fede, e quindi meritiamo di avere voce in capitolo.
Fonte: Crux now
In tutta l’intervista la suora è riuscita a non parlare mai di Dio e di Cristo. Solo di Chiesa (come fosse una ong) e delle sue rivendicazioni, tipo dir Messa …
Vuole fare la sacerdota? Cominci a vestirsi da suora.