di Angela Comelli
Dal 1982, mia prima esperienza, per decenni, il Meeting di Rimini è stato una tappa imprescindibile delle mie estati, un’esperienza piena e gioiosa da ogni punto di vista: stimolante dal punto di vista culturale, commovente per i rapporti umani che si creavano o ravvivavano nella settimana in Fiera, educativa per i passi nel cammino di fede che ti costringevano a fare tanti testimoni, divertente per gli spettacoli, le mostre, le esperienze belle condivise con gli amici con cui andavo in albergo, tenda, bungalow…
Dopo alcuni anni di interruzione per motivi contingenti (vivevo all’estero, i bambini troppo piccoli ed un marito fieramente contrario a tutto ciò che ricordasse anche lontanamente la Chiesa), ho ripreso a frequentare i saloni del Meeting con i miei figli, proprio perché percepissero la bellezza e la ricchezza umana che sorgono dalla fede strettamente intrecciata al corretto uso della ragione spalancata sulla realtà.
Negli ultimi anni prima del Covid il mio entusiasmo si era smorzato, mi sembrava che tutto avesse perso un po’ di smalto: i giudizi che emergevano dalle mostre meno lucidi, i politici sempre più in passerella, la gente troppo accondiscendente ad applaudire chicchessia.
Ho continuato ad andarci, ma riducendo i tempi di permanenza, con sempre meno entusiasmo, forse più per l’occasione di ritrovare amici sparsi in tutto il mondo che si davano regolarmente appuntamento lì che nella speranza di imparare davvero qualcosa di nuovo.
Mercoledì sono andata in giornata al Meeting, principalmente per due ragioni: volevo visitare una mostra organizzata da amici e parenti su un prete santo amico di famiglia che non ero riuscita a vedere quando l’avevano presentata nella mia città e salutare amici storici che non vedevo da anni a causa della pandemia.
Per queste due ragioni sono partita decisa a godermi, con semplicità, il Bene che si fosse presentato.
Sono grata per aver visitato la bellissima mostra su don Emilio De Roma, spiegata da mia sorella, bravissima, e quella sul giudice Rosario Livatino, luminoso esempio di fede che illumina la realtà che ti è data da vivere e la trasfigura. In più gli incontri programmati con gli amici e quelli non programmati anche con persone che non vedevo da tantissimo tempo e le tante persone impegnate nella costruzione del Meeting, sicuramente generose, sincere e liete nella loro dedizione per nulla scontata.
C’è un punto, però, decisamente negativo che non posso tacere, nella speranza che altri se ne rendano conto e lo possano correggere.
Mi era stato detto che bisognava scaricare una App per prenotare le mostre, invero da qualche anno c’era la possibilità di prenotarsi on-line per evitare file ed ottimizzare le visite.
Io odio le App, per svariate ragioni, ho tentato di eliminare anche quelle preinstallate nel mio telefono, anzi in realtà odio lo smartphone, ma, come tutti sanno, la vita sta diventando sempre più difficile se non possiedi questo aggeggio!
Non mi sono preoccupata più di tanto, non ho scaricato l’App decisa ad affrontare con pazienza le code alle mostre che fanno tanto Meeting: negli anni sono nate amicizie e financo amori aspettando pigiati e sudati, di accedere agli spazi preposti!
Alla peggio mi sarei accontentata di girellare per salutare amici e respirare l’aria festosa del Meeting!
Arrivata alla Fiera, però, ho trovato un’amarissima sorpresa: l’App era richiesta per accedere alla Fiera stessa. C’erano due belle file ordinate di persone che esibivano con serenità il loro smartphone o un foglietto con un simil Green Pass scaricato dall’App medesima (noi NON nativi digitali diffidiamo spesso degli strumenti digitali e preferiamo avere un foglio di carta in mano).
M’è presa una gran rabbia e mi sono detta se davvero ogni bimbo, ogni persona anziana o semplicemente priva di smartphone, come mio marito, dovesse essere munito di codice QR per poter passeggiare tra i saloni della Fiera di Rimini.
Arrivato il mio turno mi hanno gentilmente indirizzato ad un volontario che mi ha chiesto nome, cognome, data di nascita ed e-mail per registrarlo su un computer e produrre per me un QR code cartaceo in tutto simile al Green Pass che mi permettesse di entrare e, scoprirò poi, anche di USCIRE (Il QR veniva controllato anche all’uscita!)
Alla sera mio marito è arrivato in Fiera per recuperarmi e, molto malvolentieri, si è sottoposto al medesimo rito cercando di farsene spiegare la ragione: “E’ per la Questura: servono i numeri di quelli che entrano ed escono”
“Per i numeri non basterebbe contare le persone dopo che hanno superato il metal detector (altro regalo di questi ultimi anni felici)?”
“Eh no, ogni numero deve essere associato ad un nome!”
“Perché mai?”
“Perché è così che ci hanno detto”
Ecco l’anima del piccolo burocrate inconsapevole, ma zelante, che si adatta al sistema senza farsi sfiorare dal minimo dubbio, collaborando a rendere il tutto molto efficiente!
Ma perché, in nome di Dio, devo consegnare i miei dati, peraltro non convalidati da alcun documento, ad un perfetto sconosciuto, non investito da alcuna carica ufficiale, per entrare in una Fiera?
Mi spiace di non aver avuto la prontezza di riflessi di dare generalità false, avrei tanto voluto essere, che so, la splendida Ingrid Bergman, per un giorno, giusto per vedere l’effetto che fa!
Mi chiedo se questo succeda ad ogni Fiera che si rispetti o se è un trattamento di riguardo per tutti i bravi partecipanti al Meeting che si abituino sempre di più a presentarsi con un lasciapassare in mano per fare qualunque cosa!
Certo per ora ci sono i gentilissimi ragazzi che, bontà loro, forniscono i riottosi o rimbambiti che dir si voglia, a superare l’ostacolo, ma…PER ORA!
Mi chiedo se tutto ciò sia legale: se fosse un problema di sicurezza dovrebbero controllare i documenti e non fidarsi di dichiarazioni spontanee.
Non capisco coloro che sono sempre più entusiasti di fare tutto con il proprio cellulare, dal trovare una strada a prenotare una pizza, ma li lascio tranquillamente alle loro vite “smart”, ciò che non tollero è che io non possa scegliere una forma diversa di vita. Accetto senza problemi le difficoltà di vivere in controtendenza: perdermi perché non uso il navigatore oppure rimanere senza cena perché non trovo un ristorante nei paraggi oppure fare una fila chilometrica perché non mi sono prenotata on-line, è il prezzo da pagare e lo pago volentieri.
Entrando nei padiglioni della Fiera IN INCOGNITO, senza armi (il Metal detector non ha suonato), girellando per i padiglioni, a chi avrei dato noia?
AL SISTEMA DEMENZIALE DI CONTROLLO PRESENZE!!!
Nel momento in cui mi si tiene FUORI dalla società perché non sto alle loro regole, mi preoccupo davvero e lotto perché i miei amici si accorgano che stiamo andando verso una schiavitù digitale che, presto o tardi, avrà un volto molto meno amabile del giovanotto che ieri ha stampato il Green Pass di accesso a questa signora!
Sperando per il meglio
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I “complottisti” dicono che il nazi-pass non è uno strumento per la protezione sanitaria bensì di controllo sociale e non è che l’inizio. Può essere che non abbiano tutti i torti se si pensa che proprio a partire dalla sua introduzione nei luoghi di lavoro si ebbe un’impennata di contagi smorzatasi solo tre mesi e mezzo più tardi. Non proprio un successone, se fingiamo di credere alla narrazione “ufficiale”.
Del resto è abbastanza ovvio che ogni rivoluzione viene introdotta evidenziandone unicamente i lati positivi connessi, sarà così anche quando ci toglieranno il contante.
In ogni caso, questo racconto non sorprende: già in tempi pre-psicopandemici mi giunse voce che non esiste altra modalità di iscriversi al raduno annuale della Fraternità se non sottoscrivendo l’account personale sul sito. Magari io sarò retrogrado, ma questo è puro delirio.
stai lottando? prossima alla pensione organizzi in clandestinità gruppi eversivi antidigitalizzazione?
sei tanto boomer che muovi a commozione
p. s. l’impero romano di Costantino, cristiano o così immortalato dall’agiogafia cristiana, aveva reso ereditarie le professioni e le classi sociali, ben prima del green pass e dell’oppressione burocratic dello statto sovietizzante di speranza e draghi: la provvidenza s’era sbagliata anche con Costantino?
Mi chiedo, sempre , perché molti amino essere controllati e schedati, senza rendersi conto del rischio di essere nudi davanti ad un potere immenso!
Lotti, non credo che la Provvidenza si sia sbagliata con Costantino, ( molti confondono Costantino, con Teodosio, l’Editto di Milano del 313 d. c , con l’editto di Tessalonica del 380) che accordò libertà di culto ai cristiani e agli altri e, di fatto, rese accessibile la fede a tutti, ma questo non significa che tutte le decisioni e tutte le leggi di Costantino fossero giuste e cristianamente ispirate. E ,comunque, non viviamo nell’epoca costantiniana, né nell’Impero ROMANO . ma in quella dei diritti , solennemente proclamati e ridotti a gentile concessione burocratica e dovremo ricordare benissimo cosa siano i totalitarismi e quale enorme ruolo vi svolga la burocrazia. Anche lo sterminio degli ebrei , nelle Germania nazista , non sarebbe stato possibile senza la collaborazione di tecnici , medici , infermieri, oscuri impiegati.
Cara Angela, bella la testimonianza circa il tuo vivere il Meeting in questi anni, che bello vedere come anche quel luogo è cresciuto negli anni. Un po’ noioso l’excursus sui QR code. questi codici maligni vengono usati pure in ambito medico o giuridico per semplificare dei processi, non avere paura di un segno grafico, non ti definisce. a presto