“Quel campo si preoccupa che la legittima inculturazione venga ridotta a un’ambigua e confusa fusione di costumi cristiani e locali, con pochissima spiegazione razionale della teologia che sta dietro le prassi emergenti. Alcuni si chiedono se il risultato di un tale processo possa davvero essere il cristianesimo”.

Così J.D. Flynn nel suo articolo pubblicato sul Catholic News Agency che vi presento nella mia traduzione. 

 

Figura femminile amazzonica (foto: credit CNA)

Figura femminile amazzonica (foto: credit CNA)

 

In un “momento di spiritualità amazzonica” il 16 ottobre, in una chiesa in fondo alla strada da Piazza San Pietro, una donna ha raccontato la storia popolare amazzonica di un delfino rosa di fiume che ha sedotto una ragazza di villaggio.

La storia, e la conversazione che ne è seguita, è un esempio toccante di questioni sollevate sul sinodo amazzonico del Vaticano, e sul significato degli appelli a “inculturare” il Vangelo.

Era seduta su uno sgabello basso, su una stuoia di stoffa, nella corsia che conduce al santuario di Santa Maria in Traspontina, una chiesa carmelitana costruita cinque secoli fa. Dietro di lei sedevano due persone indigene. Tra loro c’era una figura lignea di donna incinta, ormai controversa, con ciotole intagliate piene d’acqua, pezzi di rete intrecciata e piccole statue scolpite.

La versione del narratore dell’antica storia mitica in Amazzonia recita così:

C’è un delfino rosa di fiume nel profondo dell’Amazzonia. Quando sente il suono dei tamburi, a volte emerge dall’acqua, per entrare nei villaggi e ballare con gli abitanti dei villaggi. Va sulla terra per sedurre le giovani donne dei villaggi.

Per le giovani ragazze il delfino appare come un estraneo di bella presenza, uno straniero, un uomo bianco. A tutti gli altri sembra ancora un delfino.

Alla fine, il misterioso straniero seduce una giovane donna del villaggio. In alcuni racconti, lei rimane incinta. In altre versioni, si innamora semplicemente. Ma in ogni caso, si ritrova costretta [ad andare al fiume] al fiume. È caduta sotto un incantesimo. Se l’incantesimo non può essere spezzato, a volte da uno sciamano locale, si getta nel fiume, e lì diventerà una sirena.

Quando ha finito di raccontare la sua storia, la cantastorie ha chiesto a coloro che si sono riuniti in chiesa di condividere cosa ha significato per loro la storia.

“Cosa significa per te?” non è la stessa domanda di “Cosa significa?” Entrambe le domande hanno ovviamente valore. E la tradizione mitica e folcloristica ha un posto in ogni cultura, in cui nuovi significati e idee possono emergere da vecchie storie.

Tuttavia, i critici delle liturgie, delle cerimonie e dei rituali che circondano il Sinodo amazzonico dicono che questi eventi sono stati afflitti dall’ambiguità, da una sorta di soggettivismo postmoderno e dall’assenza dell’annuncio del Vangelo e del riferimento alla rivelazione sacra.

Alcune di queste critiche sono iperboliche ed esagerate. E, infatti, gli eventi sinodali che esprimono la spiritualità amazzonica, compreso il controverso 4 ottobre dove sono stati piantati degli alberi alla presenza del Papa, hanno incluso letture delle scritture, ovviamente preghiere cattoliche, e riflessioni o predicazioni sul mistero salvifico di Gesù Cristo.

Ma gli aspetti identificabili come cristiani dei rituali sono spesso avvenuti accanto a immagini e sculture non identificate, e con l’incorporazione di rituali di origine non chiara. Questo ha portato alla confusione.

I giornalisti che si chiedono “Che cosa significa questo?” hanno sentito, in risposta, un’altra domanda: “Che cosa significa questo per voi?”

Il 16 ottobre, in una conferenza stampa vaticana, un giornalista ha chiesto chiarezza sull’immagine scolpita, vista per la prima volta durante la cerimonia di piantagione degli alberi e in occasione di altri eventi legati al Sinodo. L’immagine era stata descritta da almeno un giornalista cattolico occidentale come la Vergine Maria e da Getty International come una dea pagana.

Giacomo Costa, portavoce sinodale, ha detto che l’immagine non è la Vergine Maria, ma una figura femminile che rappresenta la vita. Paolo Ruffini, funzionario della comunicazione vaticana, ha detto che, secondo il suo punto di vista personale, l’immagine sembra quella di un albero, che è, ha detto, una sorta di “simbolo sacro”.

Ruffini si è impegnato a saperne di più, ma ha offerto un indizio significativo che è diventato un tratto familiare al Sinodo amazzonico: “Sappiamo che alcune cose nella storia hanno molte interpretazioni”.

Un giornalista che ha chiesto ai vescovi [chiarimenti] dell’immagine il 7 ottobre ha avuto una risposta più nebulosa.

“Tutti abbiamo le nostre interpretazioni: la Vergine Maria, la Madre Terra…..probabilmente coloro che hanno usato questo simbolo hanno voluto riferirsi alla fertilità, alle donne, alla vita, la vita presente tra questi popoli amazzonici e l’Amazzonia è intesa essere piena di vita. Non credo sia necessario creare legami con la Vergine Maria o con un elemento pagano”, ha detto il vescovo David Martínez De Aguirre Guinea del Perù in una conferenza stampa vaticana.

Tra i giornalisti, gli osservatori e le altre parti interessate che assistono al Sinodo, ci sono chiaramente due prospettive sull’immagine scolpita e sulla controversia che la circonda.

Un campo sembra dire che questo tipo di ambiguità rappresenta il processo ordinario di inculturazione. Essi vedono nell’ambiguità la complicata realtà dell’annuncio del Vangelo in un contesto sconosciuto, e sono desiderosi di affermare punti di somiglianza tra la spiritualità amazzonica e il cristianesimo. Se un’immagine scolpita evidenzia questi punti, dicono, dovrebbe essere celebrata, anche se ogni domanda non avesse una risposta chiara. Essere eccessivamente dogmatici, suggeriscono, è una sorta di ostilità verso la buona volontà del Sinodo e dei suoi partecipanti.

L’altro campo, quelli che di solito sono classificati come conservatori, sono più scettici. Hanno cominciato a chiedersi se i partecipanti al Sinodo abbiano riflettuto sui limiti dell’inculturazione, o sulle conseguenze dell’ambiguità su questioni che sembrano vicine al sincretismo religioso o addirittura al tacito consenso all’idolatria funzionale.

Quel campo si preoccupa che la legittima inculturazione venga ridotta a un’ambigua e confusa fusione di costumi cristiani e locali, con pochissima spiegazione razionale della teologia che sta dietro le prassi emergenti. Alcuni si chiedono se il risultato di un tale processo possa davvero essere il cristianesimo.

Gli osservatori più scettici dicono che la Chiesa cattolica insegna che la riflessione soggettiva deve essere integrata da un’analisi razionale e da una proclamazione coerente, specialmente nel contesto della pratica religiosa, dove il significato, fondamentalmente, deriva dalla rivelazione. Essi dicono che, mentre l’inculturazione è importante, la fusione confusa di simboli abituali e cristiani porta a rituali religiosi che possono essere interpretati solo soggettivamente.

Mentre le linee [di pensiero] tra i vari seguaci delle fazioni sono chiare, non è chiaro quello che pensa la maggior parte dei partecipanti al Sinodo, in gran parte perché il flusso di informazioni al Sinodo amazzonico è strettamente controllato, e la comunicazione dell’ufficio stampa è sembrata per la maggior parte curata.

Anche i partecipanti al Sinodo che hanno parlato di inculturazione, e delle polemiche che circondano l’immagine e gli eventi di spiritualità amazzonica, non lo hanno fatto con particolare profondità teologica.

In una conferenza stampa del 12 ottobre, il vescovo ecuadoriano Rafael Cob García ha detto alla CNA che l’inculturazione è un processo, non è qualcosa che accade durante la notte.

L’inculturazione richiede “cercare di entrare nel loro modo di pensare, e poi, dopo molto tempo, si può vedere ciò che è collegato al Vangelo”, ha aggiunto il vescovo brasiliano Adriano Ciocca Vasino.

Questo viene fatto sempre, ha detto, “con riferimento a Cristo”.

I vescovi non hanno commentato i risultati desiderati dell’inculturazione, o i principi che dovrebbero guidarla, o il modo per evitare che diventi sincretistica, o che comprometta l’evangelizzazione. La loro incapacità di farlo ha reso il campo degli scettici ancora più scettico.

Ciò che i vescovi hanno spiegato è che l’inculturazione, comunque la intendano, richiede molto tempo.

“Se si segue un lungo cammino, cercando di capire e rispettare, fino a comprendere l’anima della loro spiritualità, allora si ottengono risultati davvero interessanti”, ha detto Vasino. “Per capire, dobbiamo scavare a fondo”.

I cattolici al Sinodo vaticano potrebbero presto riflettere di più sulla storia del delfino rosa.

Si chiederanno se i padri sinodali siano stati attratti dall’idea dell’inculturazione senza vederne i pericoli. Si chiederanno se la Chiesa debba gettarsi in un fiume per capire come la storia di un delfino rosa rapace sia “legata al Vangelo”. Le risposte non sono ancora arrivate.

 

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