Ampi stralci di un articolo di Soeren Kern sul persistente problema della minaccia del terrorismo jihadista in Catalogna (Spagna).
La polizia della regione nord-orientale spagnola della Catalogna ha arrestato 18 membri della cellula jihadista che pianificava un attacco a Barcellona – 15 dei quali sono poi stati rilasciati.
L’arresto ha posto nuovamente l’accento sul problema persistente dell’Islam radicale in Catalogna, dove risiede una delle più grandi comunità musulmane d’Europa.
La cellula – composta da persone provenienti da Algeria, Egitto, Iraq, Libia e Marocco – è stata smantellata il 15 gennaio, quando più di un centinaio di agenti di polizia hanno fatto irruzione in cinque edifici a Barcellona e nella città catalana di Igualada.
Gli arresti sono avvenuti nell’ambito di un’indagine antiterrorismo durata un anno e denominata in codice “operazione Alejandría”, lanciata nel maggio del 2017 dopo che la polizia aveva ricevuto una soffiata che i jihadisti stavano preparando un attacco.
La polizia catalana, i cosiddetti Mossos d’Esquadra, ha detto che la cellula era costituita da cinque capi, i quali erano impegnati in un “avanzato processo di radicalizzazione finalizzato a lanciare attacchi”. La cellula aderiva ai “principi dottrinali” dello Stato islamico e i componenti erano “forti fruitori” della propaganda jihadista.
Il quotidiano El Mundo ha riportato che la cellula era divisa in due parti: dodici membri erano dediti alle rapine e ai furti, i cui proventi finanziavano il secondo gruppo, costituito dai cinque leader che erano impegnati a pianificare attentati.
La polizia ha detto che i jihadisti hanno compiuto almeno 369 rapine e furti nei dintorni di Barcellona. Oltre ai furti, i membri della cellula si sono finanziati attraverso il traffico di droga e la falsificazione di documenti.
Secondo El Mundo, i membri della cellula erano dediti a rubare passaporti e altri documenti di identità ai turisti in visita a Barcellona, la seconda città più grande della Spagna e una delle mete turistiche più popolari d’Europa. I documenti rubati sono stati introdotti nelle reti del mercato delle identità contraffatte e poi utilizzati dai jihadisti per viaggiare in tutta Europa.
Il 18 gennaio, l’Audiencia Nacional (il Tribunale nazionale), un’alta corte specializzata in reati di terrorismo, ha rivelato che un cittadino spagnolo di origine libica soprannominato “Rabeh”, che stava scontando una pena nella prigione catalana di Brians I per reati legati al terrorismo, era entrato in contatto con la cellula, con l’intenzione di compiere un attacco una volta uscito dal carcere.
Ma settantadue ore dopo il loro arresto, soltanto tre dei 18 jihadisti sono rimasti in prigione. I media catalani, citando fonti di polizia, hanno riportato che sebbene tutti i 18 membri della cellula fossero radicalizzati, i tredici membri dediti al furto e alla contraffazione dei documenti sono stati rilasciati senza nemmeno essere comparsi davanti al tribunale perché non era possibile provare oltre un ragionevole dubbio la loro intenzione di partecipare a un attentato. Presumibilmente sono tornati ai loro illeciti mezzi di sussistenza quali il borseggio, il traffico di droga e la contraffazione dei documenti di identità. Altri due sono stati rilasciati a condizione che promettessero di non lasciare la Spagna.
Barcellona è in allerta dall’agosto del 2017, quando il 22enne Younes Abouyaaqoub, un membro di una cellula jihadista di 11 persone con base in Catalogna, alla guida di un furgone fece strage di pedoni sulle Ramblas, la principale arteria turistica della città. Poche ore dopo, cinque membri della stessa cellula a bordo di un veicolo si lanciarono contro la folla nella vicina città costiera di Cambrils. In quell’attacco, una donna spagnola perse la vita e molte altre persone rimasero ferite.
Il 23 dicembre 2018, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha messo in guardia dal rischio di un attacco jihadista a Barcellona durante le festività natalizie e di Capodanno. L’allarme di sicurezza ha avvisato i cittadini americani di “prestare una maggiore cautela nelle zone in cui ci sono movimenti di veicoli compresi bus, nell’area delle Ramblas di Barcellona (…) Terroristi potrebbero compiere un attacco prendendo di mira località turistiche, trasporti o altri luoghi pubblici”.
La polizia catalana in seguito ha dichiarato che stava cercando un autista di autobus marocchino di 30 anni, di nome Brahim Lmidi, sospettato di pianificare un attentato a Barcellona e di “investire” i pedoni con un “bus o qualcosa di simile”. Lmidi, che è a piede libero, sarebbe legato a una moschea salafita a Vilanova i la Geltrú, una località balneare a sud di Barcellona.
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La Catalogna indipendentista conta 7,5 milioni di abitanti, di cui circa 520mila musulmani, che rappresentano il 7 per cento della popolazione complessiva catalana. In confronto, la popolazione musulmana della Catalogna è più alta – come percentuale della popolazione totale – rispetto alla popolazione musulmana dell’Austria (6,9 per cento), della Gran Bretagna (6,3 per cento), della Germania (6,1 per cento), dell’Italia (4,8 per cento) e della Svizzera (6,1 per cento), stando alle stime del Pew Research Center.
Secondo le statistiche ufficiali catalane, in alcune municipalità catalane – come Castelló d’Empúries (48 per cento), Salt (40,5 per cento) e Sant Pere Pescador (39 per cento) – gli immigrati per lo più provenienti dal Marocco costituiscono quasi la metà della popolazione.
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Nel suo libro, Gihadisme: L’amenaça de l’islamisme radical a Catalunya, l’analista del terrorismo catalano Jofre Montoto ha stimato che almeno il 10 per cento dei musulmani in Catalogna sono “irriducibili sostenitori della dottrina del jihadismo”.
Molti dei problemi che la Catalogna ha con l’Islam radicale sono autoinflitti. Nel tentativo di promuovere il nazionalismo catalano e la lingua catalana, i partiti indipendentisti promuovono da decenni l’immigrazione dai paesi musulmani arabofoni, nella convinzione che questi immigrati (diversamente da quelli provenienti dall’America Latina) parleranno la lingua catalana anziché lo spagnolo.
Un rapporto di intelligence trapelato al quotidiano catalano La Vanguardia ha rivelato che metà delle 98 moschee salafite in Spagna si trova in Catalogna. Il report ha inoltre mostrato che le municipalità catalane di Reus e Torredembarra (Tarragona), Vilanova i la Geltrú (Barcelona) e Salt (Girona) sono centri del salafismo, un’ideologia fondamentalista che chiede apertamente di rimpiazzare la democrazia occidentale con un governo islamico basato sulla legge della Sharia. Il rapporto afferma:
“La dottrina salafita invoca un ritorno alle origini dell’Islam con ripetuti messaggi che potrebbero essere considerati fortemente contrari a una integrazione culturale armoniosa nel rispetto della parità di diritti tra uomini e donne… .
“I centri religiosi salafiti scoperti in Catalogna sono contrari a qualsiasi interpretazione del Corano che non sia la più rigorosa (…) e allo stesso tempo chiedono una ‘purificazione’ dei credenti musulmani dalle influenze straniere.
“Questa interferenza religiosa si traduce nell’obbligo per le donne di vestirsi in modo più castigato e nel divieto, soprattutto per le adolescenti, di frequentare scuole con classi miste. Questo presuppone una rottura profonda con i valori della libertà individuale che sono garantiti dalle leggi europee. Per gli uomini, come per le donne, l’ideologia salafita potrebbe influenzare una radicalizzazione e, alla fine, diventare un problema di convivenza”.
Pierre Conesa, un ex alto funzionario del ministero della Difesa francese e autore di una mezza dozzina di libri sull’Islam radicale, ha asserito che la Catalogna e il salafismo sono ormai inseparabili:
“La Barcellona è una città che ha a da sempre accolto una qualche forma di radicalizzazione. Per un certo periodo, la città ha caldeggiato i Fratelli Musulmani, poi il Tablighi Jamaat [un movimento missionario islamico sunnita che propende per un’interpretazione rigorosa e letterale dell’Islam] e adesso i salafiti.
“C’è una sorta di immersione radicale in Catalogna. Se Londra è da tempo la culla del Londonistan, Barcellona è una città salafita, dove un nucleo di radicalizzazione salafita si è formato nel corso del tempo ad immagine di Molenbeek in Belgio o di Trappes in Francia”.
Fonte: Gatestone Institute
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