di Giuliano Di Renzo
Tributo pubblico e solenne della Chiesa a Cristo presente nella Ss.ma Eucarestia e alla sua signoria sul mondo, che come Dio ha creato e come Figlio dell’Uomo ha redento. Il laicismo vero e proprio e assoluto è una pretesa e non esiste.
La fede è universale, luce di verità e testimonianza a tutti visibile di amore.
Nella solennità dei Ss.mi Corpo e Sangue del Signore pieghiamo le nostre ginocchia davanti a Lui in gioia di adorazione, ringraziamento e lode e di amore, come i Serafini che ardono senza mai consumarsi di amore, fuochi nucleari di spirituale sublime eterno amore. Amore tutto energia e non decade come guaggiù la materia, non lascia scorie ma sono solo sommamente coerente luce purissima senza entropia com’è lo spirito e sentiamo essere il nostro io entro e oltre la materialità del nostro corpo che non i laser del nostro mondo materiale esterno che appena è già non è più.
Gesù ci ricorda che siamo stati messi nel tempo dell’oggi per compiere il necessario cammino dentro di noi che farà di noi la perfetta immagine di Lui, Verbo, Parola con la quale di Dio dice se stesso in pienezza divina della sua Verità e Santità. Santo è Dio perciò eterno.
Gesù messosi a noi accanto come padre, fratello e amico ci dice a ogni momento con la sua viva presenza di non perderci d’animo nel cammino della nostra faticosa crescita alla quale è dedicato il tempo a noi concesso quaggiù.
Egli è perciò a noi accanto per irrorare con la stessa vita del suo sangue sparso e della sua carne offerta la tenera pianta che va crescendo per il cielo e siamo noi.
Gesù ci rammenta che lo scorrere del tempo è una faticosa transumanza nel tristo arido deserto del mondo a piena fioritura il noi umano che siamo nel tempo nel noi redento e misticamente s’indìa nella natura divina.
Ecco, Gesù, il Verbo Verità, Vita e Amore, che alimenta di sé gli spiriti, si dona ad essi come Verità e Vita e comunica ad essi la sua eternità ha voluto scendere accanto a noi assumendo una natura umana completa per offrirla per noi sulla croce e farsi a noi cibo come di pane e vino comuni sulla nostra mensa.
La passione di amore di Gesù lo ha trascinato per noi dal cielo e fatto iniziare a nutrirci di sé prima ancora che noi si giunga in cielo. Pane e bevanda dell’anima, pane e bevanda del corpo, perché bisognosa della vita è la persona.
La Ss.ma Eucarestia non lasciamola possibilmente mai se vogliamo avere la forza di traghettare noi stessi dalle anguste limitazioni del tempo all’eternità della piena e definitiva maturità di noi stessi come persone che trascendono spazio e tempo percepiti perciò nel fondo dell’anima una prigione.
Perché la persona trova la realizzazione completa di sé nella pienezza dell’amore, dell’amore che fa la sua dignità e il suo affanno, quindi la sua storia, la storia umana della quale tempo e spazio sono il teatro, pensiamo anche alla vita, alla gioia dei nostri cari lassù, nello stato da loro raggiunto di pienezza, pensiamo alla felicità con la quale pregano per noi e ci sollecitano mentre veniamo aggrediti dalle turpi sollecitazione del mondo.
Purtroppo il mondo è abile prestigiatore e agendo sulle parole ci ha abituati a chiamare orientamento ciò che da sempre è tentazioni e inclinazione al male. Il peccato originale ha scombinato l’iniziale DNA dell’innocenza della nostra natura appena uscita dal cuore soddisfatto di amore di Dio.
“Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” (Gn 1,26-27).
Si pensa di cambiare la natura delle cose cambiando il termine col quale le designa il nostro vocabolario umano.
Volendo essere onesti e precisi c’è chi ha inclinazione, orientamento, a dire bugie, chi a imbrogliare, chi ad approfittare delle difficoltà e distrazioni altrui, chi ad essere avaro, che ad essere fedifrago, chi alla collera, all’invidia, alla gelosia.
Quest’operazione di inganno della verità morale e della vera libertà avviene perché peccato e tentazione mettono noi davanti alla nostra responsabilità, quale si conviene alla nostra libertà.
Orientamento invece ha del burocratico e fa apparire quelle tendenze della natura al modo della fame, della sete e come la fame e la sete non vanno ostacolate ma prima o poi assecondate e salvare l’equilibrio psicologico e quello della
salute.
In fondo l’uomo è vile, tema la libertà, ha paura dell’annessa responsabilità, che è quella che di un uomo fa un uomo.
La libertà vagheggiata come un vagare senza valori e fatta solo di istinti ha a che fare col non senso della pura follia.
Se dal punto di vista metafisico immagine di Dio tuttora noi lo siamo, non siamo più candido riflesso della Santità di Lui, della Santità che Lui è. Siamo invece riflesso del Male e quando ci guardiamo dentro non incontriamo più il riverbero della bellezza del Verbo ma l’oscuro mondo del nostro subcosciente fatto di mostri, vediamo noi oscuri volti di Caino invidioso, inquieto e omicida.
Un lezzo di disfacimento morale dell’interiore nostro io diffondiamo intorno a noi, terrore a chi ci è vicino. Persino il mondo animale e inanimato ha paura di noi, persino noi ci temiamo l’un l’altro e bisogno di tutelarci l’uno dall’altro, i armiamo e costituiamo stati e imperi sfoderando armi, virus di morte e pandemie poi enfatizzate e astutamente dichiarate ormai endemiche e e croniche per il vero scopo che è il domino del mondo.
La conoscenza che siamo abituati a chiamare orgogliosamente scienza ha sempre nascosto il mortale pungiglione della morte che dentro rode i cuori.
Purtroppo il mondo è un abile prestigiatore e agendo sulle parole cambia davanti alla nostra mente la natura delle cose favorendo quindi in noi il diritto di dar sfogo ai nostri istinti al modo che si dà sfogo alla fame o alla sete.
Gesù viene accanto a noi e nel mistero della Ss.ma Eucarestia, del suo corpo immolato Egli si fa cibo e ristoro delle nostre anime nella bolgia del bailamme di questa nostra vita perennemente inquieta e sempre insoddisfatta.
Di fronte a Gesù presente e viene a noi nel pane e nel vino dell’umile umano nostro quotidiano desco per nutrirci di sé apriamo il cuore anche alla bellissima, umilissima e grandissima mamma che è la Madre di Gesù.
Lei è stata la Scala di Giacobbe per la quale il Verbo di Dio è potuto scendere a noi, Lei ha rivestito Dio del nostro corpo e del nostro Sangue (Ger 31,22), come ogni mamma riveste di carne lo spirito-anima del figlio per cui questi esiste e nasce alla luce di questo mondo.
Da Lei Gesù di che farsi pane e bevanda e poter nutrire non solo la nostra anima, ma anche il nostro corpo perché chi viene nutrita è la persona.
Ella è corredentrice e conseguentemente mediatrice a noi di ogni grazia in stretta unione col Figlio. E’ nell’unico mistero del Figlio. Al Signore che è Verità e Grazia non piace fingere o fare le cose a metà e ha sommo rispetto della persona sua immagine e sua creatura. Come si è visto sopra Dio è angusto come angusto è il nostro cuore.
“Sia la luce e la luce fu”
Se di questo secondo aspetto dell’effetto della Ss.ma Eucarestia ne abbiamo sentito e poi visto in alcune eccezionali sante creature, è tuttavia accade in modo discreto e invisibile anche in noi. Gesù è veramente pane e davvero bevanda e nutre e sazia la persona.
Se avessimo più fede e amore e vivessimo nella ferma e profonda intimità con Gesù e da Verbo di vita non ne facessimo un trattato di teologia o altro, se Gesù lo lasciassimo vivere in noi e noi vivessimo in Lui e di Lui, un poco come il bimbo nel seno della mamma, avvertiremmo fisicamente anche noi la forza di quel Pane e il caldo fluire in noi di quel Sangue disceso dal cielo.
“Là suonano a doppio. Si sente, / qua presso, uno struscio di gente, / e suona suona un campanello… / O vivo pan del ciel!… / E’ un vecchio che parte; e il paese / gli porta qualcosa che chiese, / cantando sotto il cielo d’oro: O vivo pan del ciel… / qualcosa che in tanti e tanti anni, / cercando tra gioie e affanni, /ancora non poté riporre / da portar via con sé. / E gli altri si assidono a mensa, / ma egli ancor pensa / al niente, al niente che gli occorre, / a un piccolo perché, / nel piccolo passo, ch’è un volo /di mosca, ch’è un attimo solo…/ Quel giorno anche per me, campane, / sonate pur così, / quel canto, in quell’ora, s’inalzi, portatemi, o poveri scalzi, / portatelo anche a me quel pane, / sul vostro mezzodì”.
(Giovanni Pascoli. Il viatico).
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