Si tratta di una sentenza unica perché smonta con dovizia di argomenti l’attendibilità dei tamponi come test per il rilevamento della positività al Covid-19.

 

La bilancia della giustizia

 

 

di Wanda Massa

 

L’11 novembre scorso la Corte di Appello di Lisbona ha respinto il ricorso dell’Amministrazione Sanitaria Regionale (ASR) relativamente al provvedimento di confinamento obbligatorio a carico di quattro turisti tedeschi, uno dei quali risultato positivo al Covid-19.

In base a quanto riferisce il 17 novembre, Vítor Alvito su RecordTV Europa (qui), si tratta di un’ulteriore sentenza del tribunale contro la quarantena obbligatoria imposta dalla Direzione Generale della Sanità (DGS). Questa volta è stata la Corte d’Appello di Lisbona a considerare illegale l’isolamento profilattico decretato dalle Amministrazioni Sanitarie Regionali (ARS).

Secondo l’edizione del Jornal de Notícias, che cita la sentenza giudiziaria, il DGS non può privare i cittadini della loro libertà a meno che il paese non si trovi in uno Stato di Emergenza e senza che i tribunali o l’Assemblea della Repubblica appoggino tale decisione. Altrimenti si è di fronte ad un caso, come quello in oggetto, di detenzione illegale.

La decisione della Corte d’appello di Lisbona giunge dopo che quattro turisti tedeschi si sono presentati in tribunale per essere stati costretti dall’ARS delle Azzorre a sottoporsi alla quarantena. Il tribunale alla fine ha dato ragione ai cittadini che hanno potuto così uscire dall’isolamento a cui erano costretti. L’ARS ha presentato ricorso in appello, ma alla fine il tribunale superiore ha confermato la precedente decisione.

Questo caso si è verificato lo scorso ottobre. I quattro turisti erano sbarcati a Sao Miguel con test Covid-19 negativi, ma uno di loro è risultato positivo già sull’isola. Per decisione dell’ARS, gli altri tre sono stati costretti a completare i 14 giorni di quarantena. Questo periodo è stato tuttavia abbreviato dopo la decisione del tribunale di accettare la richiesta di Habeas Corpus.

Nel sommario della sentenza (qui) si leggono i motivi per cui  il ricorso è stato respinto in quanto manifestamente inammissibile e infondato:

A. La prescrizione e la diagnosi sono atti medici di cui è responsabile esclusivamente un medico e che sono registrati presso l’Ordine dei medici (Regolamento n. 698/2019 del 5.9).

Pertanto, la prescrizione di metodi diagnostici ausiliari (come nel caso dei test per l’individuazione di un’infezione virale), così come la diagnosi dell’esistenza di una malattia, in relazione ad ogni singola persona, è una questione che non può essere effettuata per Legge, Risoluzione, Decreto, Regolamento o qualsiasi altro modo normativo, in quanto si tratta di atti che il nostro ordinamento giuridico riserva alla competenza esclusiva di un medico, essendo certo che il medico, nel consigliare il suo paziente, deve sempre cercare di ottenere il suo consenso informato (n. 1 dell’art. 6 della Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti Umani).

B. Nel caso in questione, non vi è alcuna indicazione o prova che una tale diagnosi sia stata effettivamente fatta da un professionista qualificato ai sensi della legge e che abbia agito secondo la buona pratica medica. In realtà, ciò che emerge dai fatti forniti come prova è che nessuno dei ricorrenti è stato visitato da un medico, il che è francamente inspiegabile, data la presunta gravità dell’infezione.

C. L’unica prova a questo proposito è che sono stati effettuati test RT-PCR, uno dei quali è risultato positivo per uno dei richiedenti.

D. Alla luce delle attuali prove scientifiche, tale test da solo non è in grado di determinare al di là di ogni ragionevole dubbio che un risultato positivo corrisponda di fatto all’infezione di una persona con il virus SARS-CoV-2, per diversi motivi, di cui ne evidenziamo due (oltre alla questione del gold standard che, per la sua specificità, non affronteremo nemmeno):

Perchè questa affidabilità dipende dal numero di cicli che compongono il test;

Perché questa affidabilità dipende dalla quantità di carica virale presente.

III. Qualsiasi diagnosi o qualsiasi atto di sorveglianza sanitaria (come la determinazione dell’esistenza di un’infezione virale e di un elevato rischio di esposizione, che rientrano in questi concetti) effettuato senza la preventiva osservazione medica dei pazienti e senza l’intervento di un medico iscritto all’OM (che ne valuterebbe i segni e i sintomi, nonché gli esami che ritiene adeguati alla loro condizione), viola il regolamento n. 1. Può costituire reato di usurpazione di funzioni, dall’art. 358 del codice penale.

IV. Qualsiasi persona o entità che emette un ordine, il cui contenuto si estende alla privazione altrui della libertà fisica, ambulatoriale (qualunque sia la nomenclatura che tale ordine assume: confinamento, isolamento, quarantena, custodia profilattica, sorveglianza sanitaria, ecc.) che non rientra nelle disposizioni di legge, in particolare nelle disposizioni dell’articolo 27 del CRP, effettuerà un arresto illegale, perché ordinato da un’entità incompetente e perché motivato dal fatto che la legge non lo consente.

E’ molto interessante l’analisi sull’infondatezza dei tamponi come strumenti diagnostici per il rilevamento della positività al Covid-19. E’ contenuta nel punto 17 della sentenza (qui). Vale la pena riportarlo per intero.

17. l’unico elemento dei fatti comprovati, a questo rispetto, è l’esecuzione di test RT-PCR, uno dei quali ha presentato un risultato positivo ad uno dei candidati.

i. Ora, alla luce delle attuali prove scientifiche, quel test da solo si dimostra positivo, incapace di determinare al di là di ogni ragionevole dubbio che tale positività corrisponde, infatti, all’infezione di una persona con il virus della SARS-CoV-2, in base di diversi motivi, di cui se ne evidenziano due (oltre alla questione del gold standard che, per la sua specificità, non ne parleremo nemmeno):

Perchè l’affidabilità dipende dal numero di cicli che compongono il test;

Perché tale affidabilità dipende dalla quantità di carica virale presente.

ii. Infatti, i test RT-PCR (Polymerase Chain Reaction) testano la reazione a catena della polimerasi, test di biologia molecolare che rilevano l’RNA del virus, comunemente usati in Portogallo per testare ed elencare il numero di infetti (dopo la raccolta nasofaringea), vengono eseguiti mediante amplificazione dei campioni, attraverso cicli ripetitivi.

Il numero di cicli di tale amplificazione si traduce maggiore o minore affidabilità di tali test.

iii. E il problema è che questa affidabilità è dimostrata, in termini di prove scientifiche (e in questo campo, il giudice dovrà ricorrere alla conoscenza di esperti del settore) più che discutibili.

Questo è il risultato, tra gli altri, del recentissimo ed esauriente studio Correlation between 3790 qPCR positives samples and positive cell cultures including 1941 SARS-CoV-2 isolates, di Rita Jaafar, Sarah Aherfi, Nathalie Wurtz, Clio Grimaldier, Van Thuan Hoang, Philippe Colson, Didier Raoult, Bernard La Scola, pubblicato a fine settembre di quest’anno da Oxford Academic, realizzato da un gruppo di alcuni dei principali specialisti europei e di tutto il mondo in materia.

Il presente studio conclude in traduzione libera:

Ad una soglia di ciclo (ct) di 25, circa il 70% dei campioni rimane positivo nella coltura cellulare (cioè sono stati infettati): in una ct del 30, 20% dei campioni è rimasto positivo; in un ct di 35, il 3% dei campioni è rimasto positivo; e in un ct superiore a 35, nessun campione è rimasto positivo (infettivo) nella coltura cellulare (vedi schema).

Ciò significa che se una persona ha un test PCR positivo ad una soglia di cicli di 35 o più cicli (come avviene nella maggior parte dei laboratori americani e in Europa), la probabilità che una persona sia infetta è inferiore al 3%. La probabilità che la persona riceva un falso positivo è del 97% o superiore“.

iv. Ciò che segue da questi studi è semplice – la possibile affidabilità dei test PCR eseguiti dipendono dalla soglia dei cicli di amplificazione che sono tali che, fino ad un limite di 25 cicli, l’affidabilità del test sarà di circa il 70%; se vengono eseguiti 30 cicli, il grado di affidabilità diminuirà al 20%; se si raggiungono i 35 cicli, il grado di affidabilità sarà del 3%.

v. Nel caso in esame, non è noto il numero di cicli di amplificazione con cui vengono eseguiti i test PCR in Portogallo, incluse le Azzorre e Madeira, poiché non siamo riusciti a trovare nessuna raccomandazione o limite in tal senso.

vi. A sua volta, in un recentissimo studio di Elena Surkova, Vladyslav Nikolayevskyy e Francis Drobniewski, reperibile in  qui , pubblicato nell’altrettanto prestigioso The Lancet, Respiratory Medicine, si riferisce che (traduzione gratuita):

Qualsiasi test diagnostico deve essere interpretato nel contesto dell’effettiva possibilità della malattia, esistente prima che si verificasse. Per Covid-19, la decisione di effettuare il test dipende dalla valutazione preliminare dell’esistenza di sintomi, storia medica precedente di Covid 19 o presenza di anticorpi, qualsiasi potenziale esposizione a questa malattia e non la probabilità di un’altra possibile diagnosi“.

Uno dei potenziali motivi per presentare risultati positivi potrebbe risiedere nella fuoriuscita prolungata di RNA virale, che è noto per protrarsi per settimane dopo la guarigione in coloro che sono stati precedentemente esposti alla SARS-CoV-2. Tuttavia, e cosa ancora più importante, non vi sono prove scientifiche che suggeriscono che bassi livelli di RT-PCR RNA virale RNA siano equivalenti all’infezione, a meno che non sia stata confermata la presenza di particelle virali infettive attraverso metodi di coltura di laboratorio.

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