di Roberto Allieri
Possiamo odiare il coronavirus con le sue varianti Beta, Delta, Omicron etc. fin che vogliamo. Tuttavia, un merito dobbiamo riconoscergli: è un virus democratico e inclusivo che colpisce tutte le categorie. Gli unici discriminati che non beneficiano di questo trattamento democratico (se non in misura lieve) sono i guariti da covid o quelli che hanno acquisito un’immunità naturale da contagio precedente. Ma alla scienza e alla politica non interessano queste distinzioni tra immuni e non immuni. L’immunità naturale è al di fuori del focus operativo. Tutte quisquilie…
Alla luce degli ultimi sciagurati provvedimenti governativi, sembra che il vero nemico da estirpare (ancor più del virus), l’obiettivo sul quale occorre concentrare l’azione è la categoria dei renitenti al vaccino, quelli che non si assoggettano allo stupro sanitario. Lo dicono i politici, a braccetto con gli esperti ‘scientificamente corretti’: per eliminare il virus bisogna eliminare i non vaccinati. Con la tecnica della rana bollita si infierisce su di loro sempre di più, per gradi. E’ troppo comodo avere un capro espiatorio perfetto su cui scaricare tutte le frustrazioni di una gestione ideologica fallimentare. Questo si chiama fascismo sanitario o strumento di pulizia etnica nei confronti di un popolo che deve scomparire!
Emblematica al riguardo potrebbe essere la decisione di favorire lo smart working. In effetti, se si vuole davvero arginare i contagi niente di meglio, razionalmente parlando, di concedere e incentivare il lavoro in isolamento. C’è un punto però che non è stato ancora chiarito: il lavoro agile da casa è ‘smart’ (intelligente) solo se è fatto da vaccinati o da non vaccinati sotto i cinquanta anni? E per i non vaccinati sopra i cinquanta anni la scelta intelligente è forse quella di lasciarli a casa sì, ma senza stipendio? Staremo a vedere se i nostri aguzzini politici considerano il lavoro agile come obiettivo secondario rispetto alla persecuzione ed umiliazione dei non vaccinati.
Il vaccino non funziona: ormai è una certezza. Se si parla di necessità di arrivare presto alla quarta dose, specifica contro la nuova variante (e in Israele si è già partiti) è perché le altre tre non sono bastate ad arginare la pandemia. Il vaccino ha la stessa affidabilità di un preservativo bucato. Ma allora perché continuare su questa strada imponendolo a tutti senza distinzioni, come se fosse l’unica soluzione? I tenaci oppositori dell’accanimento terapeutico non hanno niente da ridire?
Affermava Einstein: ‘La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi’. Sembra che i devoti fedeli della nuova religione del dio vaccino siano vittime di questa sindrome ossessivo compulsiva. Credono che moltiplicando le dosi e accanendosi contro chi le rifiuta la situazione pandemica migliorerà. Se però riscontrano peggioramenti della diffusione pandemica, reazioni avverse, avvelenamento dei rapporti sociali, inceppamento dell’economia etc. non è che valutano la possibilità di cambiare. La soluzione ai problemi è perseverare nell’errore, ripetendolo ancor più tenacemente. Attenzione però, il proverbio popolare ci mette in guardia: quando l’errore si incancrenisce diventa orrore; il fatto umano scusabile se è ripetuto ostinatamente si connota di risvolti disumani e diabolici.
Agli esperti che oggi dettano legge si potrebbe far notare che se stai sotto un acquazzone con un ombrello pieno di buchi non serve cambiarlo continuamente con altri uguali che si bucano in poco tempo. Forse è meglio pensare all’impermeabile o ad andare sotto i portici.
Ma purtroppo con loro non c’è niente da fare: se i fatti contraddicono la teoria tanto peggio per i fatti. I politici e i virologi si fanno un vanto di restrizioni e risultati fallimentari e pretendono cieca obbedienza alle loro strategie disastrose.
Bisognerebbe invece ragionare come succede in ambito commerciale o sportivo: cioè mettendo in correlazione i risultati con le scelte di marketing o tecnico-tattiche dei manager.
Un amministratore delegato che conduce una società in dissesto finanziario in genere non riscuote molto credito e rischia anche conseguenze penali.
Immaginiamoci invece un allenatore di un top club europeo di calcio, che in finale di Champions League imbottisca la sua formazione di difensori, diciamo per nove undicesimi. Immaginiamo poi che il risultato finale sia una sonora sconfitta per 3 a 0.
Continuiamo a supporre che questo fine stratega si presenti poi in conferenza stampa dicendo che la colpa del disastro è di quelli che stavano in panchina; e che si ostini a rivendicare, a chi gli contesta le dissennate scelte tecniche di mettere nove difensori asserragliati per tutto il tempo dentro l’area piccola, che se non avesse deciso così avrebbe perso 6 a 0. E che quindi la sconfitta per 3 a 0 è da considerare un buon risultato.
Proseguiamo nel nostro paradossale paragone: ecco l’allenatore immaginario che persevera nel voler applicare il suo modulo di (non) gioco disastroso anche per la stagione successiva; perché per lui ‘squadra che perde non si cambia’. Insomma, se voi foste tifosi o dirigenti di quella squadra, supplichereste tale sciagurato allenatore perché rinnovi il suo contratto per gli anni a venire?
Purtroppo oggi non solo le caste dominanti sono accecate da folli furori sanitari ma anche il popolo. Il grosso problema, ciò che innesca tale situazione sono la mangiatoia e l’abbeveratoio. Mi spiego meglio: i poteri forti, per imporre le loro direttive, adottano sempre più il sistema di incentivi o deterrenti ovvero il metodo della carota e del bastone. Offrono illusori benefici o forme di sostentamento per tutti ma per accedere a tale ‘nutrimento’ occorre piegarsi e strisciare dove vogliono loro. Se non ti chini sulle loro mangiatoie per nutrirti di ciò che ti danno rischi di crepare di fame perché non trovi altro cibo.
Ecco perché quando ci sono grossi interessi in gioco e si fanno delle scelte importanti bisognerebbe sempre chiedersi ‘cui prodest’, a chi giova questa scelta? E, conseguentemente, considerare con sospetto chi, prendendo una certa posizione, porta acqua al suo mulino o favorisce i suoi interessi. O perlomeno si mette al riparo da pesanti ritorsioni. Il vecchio motto ‘cherchez la femme’, cercate la donna’, dovrebbe diventare oggi ‘cercate la mangiatoia’.
Le mangiatoie, fuor di metafora sono gli interessi delle Big Pharma, delle multinazionali, della finanza, le agende massoniche, neo-malthusiane, del genderismo, dell’emergenza climatica e della filantropia buonista. Esse polarizzano l’opportunismo di chi vuol far carriera ma anche di chi vuole solo mantenersi a galla, al riparo di ritorsioni.
Il popolo che non si china su queste greppie e non si abbevera a queste fonti avvelenate secondo qualcuno deve schiattare.
Dunque che fare per resistere? Rifacendomi ad un insegnamento di Vittorio Messori, direi che per ‘porsi bisogna opporsi’, cioè combattere, metterci la faccia, non piegarsi, anche essere disposti ad affrontare umiliazioni pur di far vincere il buon senso. Perché anche oggi, come diceva il Manzoni, il buon senso c’è ma se ne sta nascosto per paura del senso comune.
I frutti della coerenza non si vedono subito ma maturano con il tempo. La libertà non è gratis, ma esige un costo. Occorre però trovare strategie perché il costo venga girato nella massima parte possibile anche sulle spalle dei persecutori.
L’apartheid delle persone mette in segregazione anche una quota del PIL, crea sfiducia, impoverimento, rancori reciproci e avvelenamento nei rapporti personali; ha progressivi effetti distruttivi e corrosivi. L’economia e la stabilità sociale non possono reggere mettendo fuorilegge una vasta e preziosa platea che produce, consuma e contribuisce in modo determinante alle sorti del Paese. Perché i dissidenti non sono una parte estranea della società o un ramo secco da tagliare bensì una parte integrante e inestirpabile.
Quando i benpensanti si troveranno sulle spalle macigni che pensavano dovessero portare altri, forse capiranno che segare il ramo ritenuto secco non è una buona soluzione quando ci si sta seduti sopra.
Buongiorno e complimenti per quanto scritto.
Penso che già da qualche decennio, l’uomo sia entrato in una unicità di pensiero.
Tutti si vestono in modo simile, tutti acquistano gli stessi prodotti, tutti compiono le stesse azioni, ecc, non per scelta ma piuttosto per non restare esclusi.
Un esempio di quanto affermo e che un tempo esistevano i negozi dove comprare l’abbigliamento di diverse marche, oggi i negozi monomarca.
Oggi tutti devono far vedere che appartengono al “branco” con lo smartphone di una marca piuttosto che un’altra, con un’auto di un certo tipo piuttosto che un altro, con un vestito di un marchio piuttosto che un altro o con un pseudo-vaccino di una casa farmaceutica piuttosto che un altra,
Non a caso il governo draghista (dopo il nazista, fascista e comunista) vuole ottenere l’immunità del gregge.
Ora capisco anche perché alcuni articoli hanno molti commenti e altri molti meno, nonostante i primi non siano migliori dei secondi.