Una riflessione del prof. Leonardo Lugaresi sul recente episodio del sacerdote ciclista che ha celebrato messa in maniera “pittoresca”.
Se credessero, veramente, che la messa è l’attualizzazione, sia pure incruenta, dell’unico sacrificio di Cristo che è morto atrocemente sulla croce, versando il suo sangue per salvarci, la farebbero su un materassino, come intermezzo di una giornata alla spiaggia, o in calzoncini da ciclista durante la pausa di una gita, mettendo magari le foto su Facebook per farsi vedere dagli “amici”? E farebbero le mille altre “pagliacciate minori” (o maggiori, talvolta) che si vedono un po’ dappertututto, le sciatterie, i pressapochismi, il routinismo (non so se si dica, ma rende l’idea) che si riserva di regola alle cose poco importanti e non pericolose? (La messa, invece, come ben vedeva nella sua follia Artaud, è estremamente pericolosa). La consegna del proprio corpo e del proprio sangue, che Gesù fa nell’ultima cena e che ci ordina di ripetere fino alla fine dei tempi, sarebbe solo una “bella parola” se non fosse seguita, di lì a poco, dalla sua concreta realizzazione attraverso un’atroce esecuzione capitale (non per nulla descritta in dettaglio nei vangeli). Questo nesso, essenziale, è ben chiaro nella formula latina della consacrazione: «Accipite et manducate ex hoc omnes: Hoc est enim corpus meum quod pro vobis tradetur […] Accipite et bibite ex eo omnes. Hic est enim calix sanguinis mei, novi et aeterni testamenti, qui pro vobis et pro multis effundetur». I due futuri dei verbi, sventuratamente, si sono persi nella traduzione italiana, per cui chi ascolta «questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi» può non capire e fraintedere, come se Gesù parlasse di un’offerta simbolica che fa in quel momento distribuendo un pane che “rappresenta” il suo corpo, che a sua volta è una metafora per indicare la donazione di sé …
Niente di tutto questo: il pane e il vino distribuiti alla cena sono già la carne straziata e il sangue effuso poche ore dopo. E ciò “accade” ogni volta che si celebra una messa (qualche volta anche in modo cruento, come la storia e la cronaca non mancherebbero di ricordarci). Chi mai farebbe il pagliaccio o sonnecchierebbe ad un’esecuzione capitale?
Ma la domanda è, per ciascuno di noi: ci crediamo noi, veramente? Questo è oggi il “caso serio” per l’intera chiesa cattolica. (Tutto il resto viene dopo, molto dopo).
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Per fortuna il vescovo di Brescia ha rimproverato questo “prete” e gli ha chiesto di compiere pubblicamente un atto di ammenda e “riparazione” al gesto compiuto.