di Sabino Paciolla
E’ degno di nota che un teologo di levatura e “aperto” come padre Ghislain Lafont, monaco benedettino, ora novantenne, in un suo intervento pubblicato su Cittadella Editrice, pur dichiarandosi a favore di preti sposati (ma con motivazioni che alcuni ritengono deboli), “alla fine” si è accorto che qualcosa non funziona con uno dei punti più criticati del documento finale del Sinodo dell’Amazzonia, quello dei sacerdoti sposati. Il teologo, al termine del suo intervento, dichiara, in sostanza, che, almeno su quel punto, il documento finale del sinodo amazzonico è da respingere.
Ecco qui lo stralcio finale del suo testo
Detto questo, bisogna ammettere che, in proposito, le disposizioni auspicate al n° 96 di questo stesso documento finale del Sinodo per l’Amazzonia sono strane. Questo testo infatti prevede che, « il Vescovo può affidare, con un mandato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti, l’esercizio della cura pastorale delle comunità a una persona non investita del carattere sacerdotale, che sia membro della comunità stessa»; e aggiunge che questo «mandato ufficiale» può essere istituito «attraverso un atto rituale». Mentre il n° 21 di Lumen Gentium dice espressamente che l’incarico pastorale è dato dal sacramento dell’Ordine, qui esso viene ridotto al livello di un «mandato ufficiale» (espressione canonica il cui contenuti aveva costituito l’oggetto di lunghe discussioni ai tempi dell’Azione cattolica sotto papa Pio XI), e si prevede un «atto rituale». Ma quale? L’atto rituale che esprime il ministero episcopale su una comunità è il sacramento dell’Ordine. Se il lettore vorrà rileggere qui sopra il testo di Pio XII, vedrà che la disposizione auspicata dal Sinodo corrisponde a questo testo, come se questo non fosse stato annullato dal Concilio. Bisogna dunque sperare che questo n° 99 sarà diventato obsoleto prima ancora di essere stato applicato!
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