di Sabino Paciolla
Luis Badilla, direttore de Il Sismografo, molto vicino alla Santa Sede, ipotizzando che il memoriale di Viganò sia stato scritto anche da Marco Tosatti, ha concluso ieri un suo articolo in questo modo: “Viene da chiedersi: E Papa Francesco dovrebbe rispondere a Marco Tosatti? Il grande Totò direbbe: ma mi faccia il piacere”. Dopo la lettura, ho scosso la testa.
Successivamente, ho letto le parole del card. Blaise Cupich il quale, intervistato, ha detto: “Il Papa ha un’agenda più ampia. Deve andare avanti con altre cose, parlare dell’ambiente e proteggere i migranti e continuare il lavoro della Chiesa”. Terminata la lettura, mi sono cascate letteralmente le braccia.
Si tenga conto che il card. Cupich è figura chiave dell’episcopato statunitense poiché promosso cardinale da papa Francesco e a lui molto vicino. Inoltre, egli è stato direttamente chiamato in causa da mons. Carlo Maria Viganò nel suo memoriale, poiché la sua nomina sarebbe stata direttamente “orchestrata” dall’ex card. McCarrick, colui che si è dimesso da cardinale per gli abusi sessuali.
Ora, che figure molto vicine al Vaticano o direttamente legate a papa Francesco dicano queste cose, dimostra che vi è in giro una massiva miopia. Si pensa infatti che, come già avvenuto nel caso dei Dubia, il Papa, dinanzi a delle accuse così esplosive, possa tranquillamente comportarsi come con i quattro cardinali, ovvero ignorando la loro richiesta di chiarimenti.
La differenza tra i Dubia ed il memoriale Viganò è che nel primo caso l’oggetto era di difficile comprensione per i semplici fedeli, mentre nel secondo è immediata. Nel caso dei Dubia l’oggetto del contendere era di natura profondamente teologica, potevano capirci qualcosa solo dotti teologi, lasciando i più indifferenti. Nel caso degli abusi sessuali, invece, la materia è nel cuore di tutte le persone, ed in alcune di esse addirittura sulla pelle. Un abuso sessuale è qualcosa che provoca profondo ribrezzo e orrore.
Queste persone, spingendo per una non-risposta da parte del Papa, non si sono affatto messe nei panni di chiunque abbia seguito l’evento dell’Incontro Mondiale delle Famiglie in Irlanda. Infatti, tanta gente ha seguito il Papa in Irlanda domenica scorsa vedendolo scusarsi continuamente per le coperture e gli scandali degli abusi commessi dal clero, ma, improvvisamente, un ex alto diplomatico vaticano, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ha affermato in una lettera pubblicata nello stesso giorno che il medesimo Papa si era unito ai massimi funzionari vaticani (card. McCarrick) nel nascondere gli abusi, chiedendone quindi le sue dimissioni. Per tutti i fedeli, un vero e proprio shock!
Come si può dinanzi a questo scenario invitare il papa a non rispondere e badare ad altre cose “più importanti”? E’ pura insensatezza.
A questo proposito, si deve notare che la stessa risposta data dal Papa sul volo di ritorno dall’Irlanda, in risposta alla domanda sul memoriale di Viganò fatta da un giornalista, non è stata all’altezza della situazione. Si può comprendere come non fosse possibile rispondere adeguatamente e seduta stante su un memoriale così complesso e delicato, ma proprio per questo la risposta avrebbe dovuto essere quella di riservarsi una analisi approfondita, per rispondere in maniera completa in un secondo tempo. Rispondere invece con: “Io non dirò una sola parola su questo. Credo che il documento parli da sé”, è risultato quasi offensivo agli occhi di parecchi. Non a caso, sul “no comment” del Santo Padre, il vescovo Robert Morlino, di Madison, ha detto: “Devo confessare la mia delusione”; mentre il vescovo Paproky ha osservato: “Francamente, ma con tutto il rispetto, tale risposta non è adeguata”.
Del resto, lunedì scorso è stato lo stesso presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, card. DiNardo, a dire: “La recente lettera dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò pone particolare attenzione e urgenza a questo esame. Le domande poste meritano risposte conclusive e basate su prove”.
La miopia è tanto più grande quando si pensi che, essendo il papa accusato di copertura di atti di abusi sessuali da parte di un insider di altissimo livello, è facile pensare che i giornalisti non si lasceranno sfuggire l’occasione, scatenandosi nell’inseguimento della storia con la massima aggressività professionale e investigativa possibile, facendo apparire quanto avvenuto nel 2003 con l’inchiesta del Boston Globe (da cui fu tratto il film Il caso Spotlight) un caso di secondo piano. In quella circostanza, per inciso, vi furono le dimissioni del card. Bernard Law.
Decidere di non rispondere è gravemente rischioso perché i dubbi ed i sospetti diventerebbero grandi come una montagna. In questo caso, diventerebbe sempre più difficile prendere posizione a favore del Santo Padre. Ad oggi, infatti, solo poche personalità della Chiesa si sono apertamente schierate a favore del papa: Cupich of Chicago, Tobin of Newark, Wuerl di Washington, McElroy di San Diego, il card. Maradiaga di Tegucigalpa. Questi, però, sono in qualche modo o legati alla vicenda di McCarrick (in quanto accusati di essere stati da lui sponsorizzati) o devono loro stessi rispondere di mala gestione per casi di abusi, vedi il card. Wuerl o il Maradiaga (per quest’ultimo, il suo ausiliare si è dimesso da vescovo per gravi abusi sessuali alcune settimane fa). Inoltre, la passata gestione della crisi cilena sugli abusi sessuali non gioca certamente a favore di papa Francesco. In quel caso, si ricorderà, l’intervento del Papa fu gravemente sbagliato e confuso, la soluzione, poi, tardiva. Lo stesso papa Francesco si scusò pubblicamente dicendo che era stato “parte del problema”.
Dall’altra parte, a favore di Viganò si stanno schierando sempre più vescovi richiedenti all’unisono che si faccia completa chiarezza. Non far nulla, significa correre il rischio di dividere fortemente l’episcopato.
Per questo, è facile pensare che la pressione sul Vaticano diventerà altissima ed irresistibile per il semplice motivo che il pontefice argentino si trova di fronte ad una crisi morale e istituzionale.
Vedere i critici di Viganò puntare le loro carte su qualche questione appannata del suo passato (chi non ha fatto sbagli), o addirittura sul razzismo, come ha fatto il card. Cupich (“Francamente, anche a loro non piace perché è latino”, il Papa è nato infatti a Buenos Aires, Argentina), appare francamente risibile, visto che il punto è rispondere ad un memoriale delicato, ampio e molto circostanziato. E’ quello il nodo da sciogliere.
Una mancata risposta alle accuse non può che portare ad una profonda perdita della autorità morale del Papa dovuta alla persistenza del dubbio sulla fondatezza e veridicità delle stesse. Un danno per la Chiesa incalcolabile.
In conclusione, non possiamo che sperare che il nodo venga sciolto nel più breve tempo possibile. Nel frattempo, non ci resta che sperare e pregare.
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