Papa San Paolo VI nel 1966 voleva visitare la Polonia nella ricorrenza del millesimo anniversario del battesimo della Polonia, ma il regime glielo impedì. San Giovanni Paolo II la visitò nel suo secondo viaggio all’estero. Questa volta il regime non glielo impedì per non mostrare il suo volto antidemocratico e totalitario nei confronti di un connazionale.
Sulla piazza della Vittoria (vedi foto), dove lo aspettavano più di 300 mila persone, Giovanni Paolo II celebrò l’Eucaristia sotto una croce gigantesca di 20 metri di altezza sotto la quale troneggiava l’icona della Madonna Nera di Czestochowa, Regina della Polonia.
Oggi celebriamo la Pentecoste. Per questo, ed a quarant’anni da quell’evento, vi propongo alcuni passi dell’omelia che San Giovanni Paolo II pronunciò quel 2 giugno 1979, proprio alla vigilia di Pentecoste. E’ una omelia bellissima ed attualissima.
Da Pietro, come dagli altri Apostoli, Cristo esigeva che fossero suoi “testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Con riferimento dunque a queste parole di Cristo non abbiamo forse il diritto di pensare che la Polonia è diventata, nei nostri tempi, terra di una testimonianza particolarmente responsabile?
Proprio di qua – da Varsavia e anche da Gniezno, da Jasna Gora, da Cracovia, da tutto questo itinerario storico che tante volte nella mia vita ho percorso, e in questi giorni colgo l’occasione per percorrerlo nuovamente – bisogna annunciare Cristo con una singolare umiltà, ma anche con convinzione? Che proprio qui, in questa terra bisogna venire, su questo itinerario, per rileggere la testimonianza della sua Croce e della sua Risurrezione? Ma, se accettiamo tutto ciò che in questo momento ho osato affermare quanto grandi doveri ed obblighi nascono! Ne siamo capaci?
Mi è dato oggi, nella prima tappa del mio pellegrinaggio papale in Polonia, di celebrare il Sacrificio Eucaristico a Varsavia nella Piazza della Vittoria. La liturgia della sera del sabato, vigilia della Pentecoste, ci trasporta al Cenacolo di Gerusalemme nel quale gli Apostoli – radunati intorno a Maria, Madre di Cristo – riceveranno, nel giorno seguente, lo Spirito Santo. Riceveranno lo Spirito che Cristo, attraverso la Croce, ha ottenuto per loro, affinché nella forza di questo Spirito potessero adempiere il suo mandato. “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). Con queste parole il Cristo Signore, prima di lasciare il mondo, ha trasmesso agli Apostoli la sua ultima raccomandazione, il suo “mandato missionario”. E ha aggiunto: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
(…) Proprio la solennità di Pentecoste e della Santissima Trinità ci avvicinano a questo inizio. Negli apostoli, che ricevono lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, sono già in qualche modo spiritualmente presenti tutti i loro successori, tutti i Vescovi, anche coloro ai quali spettava da mille anni annunziare il Vangelo sulla terra polacca. Anche questo Stanislao di Szczepanów, il quale ha pagato col sangue la sua missione sulla cattedra di Cracovia nove secoli or sono.
E in questi Apostoli – e attorno ad essi – il giorno di Pentecoste, sono radunati non soltanto i rappresentanti di quei popoli e di quelle lingue, che enumera il libro degli “Atti degli Apostoli”. Già allora sono attorno a loro radunati diversi popoli e nazioni che, mediante la luce del Vangelo e la forza dello Spirito Santo, entreranno nella Chiesa in varie epoche e in vari secoli. Il giorno di Pentecoste è il giorno della nascita della fede e della Chiesa anche nella nostra terra polacca. È l’inizio dell’annuncio di grandi cose del Signore, anche nella nostra lingua polacca. È l’inizio del cristianesimo anche nella vita della nostra nazione: nella sua storia, nella sua cultura, nelle sue prove.
a) La Chiesa ha portato alla Polonia Cristo, cioè la chiave per la comprensione di quella grande e fondamentale realtà che è l’uomo. Non si può infatti comprendere l’uomo fino in fondo senza il Cristo. O piuttosto l’uomo non è capace di comprendere se stesso fino in fondo senza il Cristo. Non può capire né chi è, né qual è la sua vera dignità, né quale sia la sua vocazione, né il destino finale. Non può capire tutto ciò senza il Cristo.
E perciò non si può escludere Cristo dalla storia dell’uomo in qualsiasi parte del globo, e su qualsiasi longitudine e latitudine geografica. L’esclusione di Cristo dalla storia dell’uomo è un atto contro l’uomo. Senza di lui non è possibile capire la storia della Polonia, e soprattutto la storia degli uomini che sono passati e passano per questa terra. Storia degli uomini. La storia della Nazione è soprattutto storia degli uomini. E la storia di ogni uomo si svolge in Gesù Cristo. In lui diventa storia della salvezza.
(…) Non è possibile capire e valutare, senza Cristo, l’apporto della nazione polacca allo sviluppo dell’uomo e della sua umanità nel passato e il suo apporto anche al giorno d’oggi; “questa vecchia quercia è cresciuta così e non l’ha abbattuta alcun vento, perché la sua radice è Cristo” (Piotr Skarga, Kazania seimowe IV, Biblioteca Narodowa, I, 70, p. 92). Bisogna camminare sulle orme di ciò che (o piuttosto chi) fu il Cristo, lungo le generazioni, per i figli e le figlie di questa terra. E ciò non soltanto per quelli che hanno creduto apertamente in lui e lo hanno professato con la fede della Chiesa, ma anche per coloro che erano apparentemente lontani, fuori della Chiesa. Per coloro che dubitavano o si opponevano.
b) Se è giusto capire la storia della nazione attraverso l’uomo, ogni uomo di questa nazione, allora contemporaneamente non si può comprendere l’uomo al di fuori di questa comunità che è la nazione. È naturale che essa non sia l’unica comunità, tuttavia è una comunità particolare, forse la più intimamente legata alla famiglia, la più importante per la storia spirituale dell’uomo. Non è quindi possibile capire senza Cristo la storia della Nazione polacca – di questa grande millenaria comunità – che così profondamente decide di me e di ognuno di noi. (…)
Il millennio del Battesimo della Polonia di cui San Stanislao è il primo maturo frutto – il millennio di Cristo nel nostro ieri e oggi – è il principale motivo del mio pellegrinaggio, della mia preghiera di ringraziamento insieme a voi tutti, carissimi Connazionali, ai quali Gesù Cristo non cessa di insegnare la grande causa dell’uomo; insieme con voi, per i quali Gesù Cristo non cessa di essere un libro sempre aperto sull’uomo, sulla sua dignità, sui suoi diritti e insieme un libro di scienza sulla dignità e sui diritti della Nazione.
La storia della Patria scritta tramite la tomba di un Milite Ignoto!
Desidero inginocchiarmi presso questa tomba [del Milite Ignoto] per venerare ciascun seme che cadendo in terra e morendo in essa porta frutto. Sarà questo il seme del sangue del soldato versato sul campo di battaglia o il sacrificio del martirio nei campi di concentramento o nelle carceri. Sarà il seme del duro lavoro quotidiano, col sudore della fronte, nel campo, nell’officina, nella miniera, nelle fonderie e nelle fabbriche. Sarà il seme d’amore dei genitori che non rifiutano di dare la vita ad un nuovo uomo e ne assumono tutto l’impegno educativo. Sarà questo il seme del lavoro creativo nelle università, negli istituti superiori, nelle biblioteche, nei cantieri della cultura nazionale. Sarà il seme della preghiera, del servizio ai malati, ai sofferenti, agli abbandonati: “tutto ciò che costituisce la Polonia”.
E grido, io, figlio di terra polacca e insieme io, Giovanni Paolo Il Papa, grido da tutto il profondo di questo millennio, grido alla vigilia di Pentecoste: Scenda il tuo Spirito!
Scenda il tuo Spirito!
E rinnovi la faccia della terra.
Di questa Terra!
Amen.
Fonte: w2.vatican.va
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