Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Robert Lazu Kmita e pubblicato su The Remnant. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella traduzione da me curata. 

 

Interno della cupola della basilica di San Pietro a Roma
Interno della cupola della basilica di San Pietro a Roma

 

Utilizzata di recente dal cardinale Müller,[i] (qui in italiano, ndr) l’espressione “eresia pratica” è stata resa popolare in un paio dei suoi ultimi articoli da Timothy Flanders,[ii] il caporedattore di One Peter Five (1P5). In sostanza, questo concetto si riferisce a qualsiasi pratica religiosa che contraddice, attraverso atti e azioni, una dottrina rivelata. Prendiamo come esempio l’insegnamento sul matrimonio.

Ogni cristiano ben formato sa che nella Chiesa fondata dal nostro Salvatore Gesù Cristo “le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità (monogamia) e l’indissolubilità”[iii]. In pratica, nel caso di coniugi uniti in un matrimonio valido e consumato, il divorzio non è possibile. Secondo l’insegnamento divino, nessuno sulla faccia della terra può “sciogliere” il loro legame: “Quello che dunque Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi” (Marco 10:9). Se, purtroppo, i due coniugi si separano, il loro risposarsi – finché entrambi sono in vita – è assolutamente vietato. I testi rivelati e privi di errori della Sacra Scrittura sono assolutamente categorici al riguardo:

“Ma a quelli che sono sposati, non io ma il Signore comanda che la moglie non si allontani dal marito. E se si allontana, che rimanga nubile o si riconcili con il marito. E che il marito non metta via la moglie” (1 Corinzi 7:10-11).

Possiamo facilmente capire con cosa abbiamo a che fare quando un membro della gerarchia afferma, ad esempio, che l’insegnamento evangelico sull’indissolubilità del matrimonio è immutabile, ma (Ah! Segue sempre questo “Ma” quando parla un eretico pratico…) a causa delle debolezze umane e di un nuovo contesto storico, in pratica, dobbiamo accettare che le persone divorziate e risposate, “accompagnate”, possano ricevere i santi sacramenti.

Nella Chiesa dei primi secoli, ogni violazione di questo insegnamento era punita anche con la scomunica e, comunque, con la proibizione dei Santi Sacramenti (Confessione e Comunione). Uno dei testi più antichi di quel periodo, le Costituzioni Apostoliche, lo dimostra chiaramente:

“Se un laico divorzia dalla propria moglie e ne prende un’altra, o una divorziata da un altro, sia sospeso” (Libro VIII, 48).

Come ha affermato, tra gli altri, Sua Eminenza il Cardinale Raymond Burke nella sua critica all’esortazione pontificia Amoris Laetitia (2016), la prassi tradizionale della Chiesa è sempre stata la stessa:

“In tutta la storia della Chiesa, non è mai stato possibile che qualcuno che viveva pubblicamente in stato di peccato, per esempio una persona che è legata in matrimonio a una persona, vive in modo coniugale con un’altra persona, non è mai stato permesso che una tale persona potesse accostarsi per ricevere la Santa Comunione”[iv].

Se un sacerdote o un membro della gerarchia viola questo divieto di ricevere la Santa Eucaristia da parte dei divorziati risposati, anche se professa a parole l’indissolubilità del matrimonio, allora commette quella che il cardinale Müller chiama “eresia pratica”. Molto prima degli attuali dibattiti, questa nozione è stata utilizzata, almeno implicitamente, da San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) nei suoi sermoni. Sant’Alfonso (1696-1787) la prese in prestito per svilupparla ulteriormente in alcuni suoi scritti.

Conosciuto con il titolo di Selva (1760),[v] il trattato di Sant’Alfonso sulla dignità e i doveri del sacerdote è molto probabilmente il testo più importante mai scritto sul Sacerdozio. Iniziando dalle qualità che devono possedere coloro che si preparano a diventare sacerdoti, proseguendo con i criteri per discernere un’autentica vocazione, per poi affrontare il modo in cui si deve assumere e svolgere il proprio sacro ministero, tutto viene presentato dal Santo Dottore con chiarezza adamantina. Inoltre, vengono affrontati temi molto dolorosi, come le liturgie sacrileghe.

Nel contesto del capitolo VIII, interamente dedicato al peccato di scandalo commesso dai sacerdoti, Sant’Alfonso mostra innanzitutto, citando Papa Gregorio I (540-604 circa), che i ministri dell’altare sono chiamati Patres Christianorum – i padri dei cristiani. In pratica, sono i padri di tutti i battezzati, essendo i rappresentanti di Dio sulla terra. Di conseguenza, se danno un cattivo esempio ai propri figli – i fedeli – commettono lo stesso peccato dei genitori che sono un cattivo esempio per i propri figli. Pertanto, aggiunge Sant’Alfonso, i peccati di scandalo commessi dai sacerdoti portano all’uccisione morale dei loro stessi fedeli, proprio come i peccati dei genitori portano all’uccisione morale dei loro figli.

È vero che, a differenza degli eretici “praticanti” che i santi Bernardo e Alfonso avevano in mente, molti dei sacerdoti e dei membri della gerarchia di oggi potrebbero anche non credere negli insegnamenti del Vangelo. Come già suggerito da alcuni autori, in questi casi non si tratta di eretici ma di apostati.

Uno dei santi più citati nelle meditazioni di Sant’Alfonso è il leggendario San Bernardo di Chiaravalle. Questo Dottore medievale afferma che i sacerdoti che commettono il peccato di scandalo sono, allo stesso tempo, suicidi – perché uccidono la propria anima – e assassini delle pecore del gregge loro affidato. A questo punto, basandosi su una citazione di San Bernardo, Sant’Alfonso fa un’affermazione che è direttamente collegata alla nozione di “eresia pratica”:

“San Bernardo dice che il sacerdote scandaloso uccide gli altri nello stesso momento in cui uccide la propria anima. E in un altro luogo il santo scrive che non c’è piaga più nociva per il popolo dell’ignoranza in un sacerdote unita all’irregolarità della vita. In un altro luogo lo stesso santo dice che nelle loro prediche sono ortodossi, ma nella loro condotta sono eretici; perché con il loro cattivo esempio infliggono alla religione una ferita più profonda di quanto facciano gli eretici insegnando false dottrine, perché gli atti hanno più forza delle parole (sottolineatura mia)”[vi].

Memorabile la frase di San Bernardo che ha ispirato la citazione sopra riportata: “Multi sunt Catholici praedicando, qui hareretici sunt operanda” – “Molti sono cattolici nella predicazione, ma sono eretici nelle azioni”. In altre parole, ci sono molti che professano il Vangelo a parole, ma sono eretici nelle azioni e nei fatti. In breve, sono eretici nella pratica.

Se teniamo conto di questo insegnamento dei due Dottori della Chiesa, possiamo facilmente capire con cosa abbiamo a che fare quando un membro della gerarchia afferma, ad esempio, che l’insegnamento evangelico sull’indissolubilità del matrimonio è immutabile, ma (Ah! Segue sempre questo “Ma” quando parla un eretico pratico…) a causa delle debolezze umane e di un nuovo contesto storico, in pratica, dobbiamo accettare che le persone divorziate e risposate, “accompagnate”, possano ricevere i santi sacramenti. Quando sentiamo questi insegnamenti abbiamo a che fare con promotori di eresie pratiche.

È vero che, a differenza degli eretici “pratici” che i santi Bernardo e Alfonso avevano in mente, molti dei sacerdoti e dei gerarchi di oggi potrebbero anche non credere negli insegnamenti del Vangelo. Influenzati dall’eresia storicista, sono convinti che gli insegnamenti rivelati siano “adattabili” – o addirittura completamente modificabili – a seconda del contesto storico. Come già suggerito da alcuni autori, in questi casi non si tratta di eretici ma di apostati. In ogni caso, ciò che è certo è che, attraverso le eresie pratiche, essi mettono in pericolo la salvezza di tutti – ma soprattutto di quei cristiani che non sono ben formati. Se è così, non posso fare a meno di ricordare una parola pronunciata da nostro Signore, Gesù Cristo, a proposito dei farisei e dei sadducei:

“Guai a voi scribi e farisei, ipocriti, perché chiudete il regno dei cieli agli uomini, perché voi stessi non vi entrate; e quelli che entrano non li lasciate entrare” (Matteo 23:13).

Robert Lazu Kmita

 

Note: 

[i] “Cardinal Müller: Some statements by Pope Francis could be understood as material heresy”:  https://www.lifesitenews.com/news/cardinal-muller-some-statements-by-pope-francis-could-be-understood-as-material-heresy/?utm_source=featured_news&utm_campaign=catholic [Accessed: 12 November 2023]

[ii] Cele două articole în care T. Flanders vorbește de „ereziile practice” ale Papei Francisc sunt “Pope Has ‘Uttered Plenty of Material Heresies’: Former Vatican Doctrinal Head”: https://onepeterfive.com/pope-has-uttered-plenty-of-material-heresies-former-vatican-doctrinal-head/ [Accessed: 12 November 2023] și “Pope Francis Welcomes ‘Transgender’ People as Godparents”: https://onepeterfive.com/pope-francis-transgender/ [Accessed: 12 November 2023].

[iii] Ludwig Ott, Fundamentals of Catholic Dogma, TAN Books, 1974, p. 462.

[iv] https://cruxnow.com/vatican/2017/04/cardinal-burke-says-sympathetic-marriage-difficulties [Accessed: 12 November 2023].

[v] Saint Alphonsus of Liguori, Dignity and Duties of the Priest or Selva, Edited by Rev. Eugene Grimm, New York, Benzinger Brothers, 1889. The full text is available online here: https://archive.org/details/alphonsusworks12liguuoft [Accessed: 12 November 2023].

[vi] Saint Alphonsus of Liguori, Dignity and Duties of the Priest or Selva, p. 145.

 


Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. I contributi pubblicati su questo blog hanno il solo scopo di alimentare un civile e amichevole confronto volto ad approfondire la realtà.


 

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