Sabino Cassese, già presidente emerito della Corte Costituzionale, dice in questa intervista a Alessandro De Angelis, dell’Huffington Post: “Non ci sono più le condizioni. E in caso di necessità bastano poche ore per reintrodurlo, non serve tenersi pronti”.
Riporto alcuni stralci da questa interessante intervista.
Professore Sabino Cassese, nel Governo c’è una discussione sullo “stato di emergenza” e l’orientamento al momento è quello prolungarlo oltre la fine di luglio. Lei è sempre stato molto critico. Come se lo spiega?
Non riesco a trovare una spiegazione all’eventuale dichiarazione governativa dello stato di emergenza, a questo punto.
Vista anche la situazione in Inghilterra, ci può essere una recrudescenza delle varianti. E dunque il Governo vuole tenersi pronto.
Lo stato di emergenza può essere dichiarato molto rapidamente, con una decisione del Consiglio dei ministri. Per convocare il Consiglio dei ministri, basta qualche ora. Non vedo quindi quale necessità ci sia di “tenersi pronti”.
La domanda è: dopo un anno e mezzo di pandemia si può definire questa situazione ancora “emergenza”? Se saremo costretti a convivere con vaccini e varianti per i prossimi due anni, si può mantenere per due anni lo stato di eccezione?
È un interrogativo che mi sono posto più volte anche io. Lo stato di emergenza può essere dichiarato se c’è un fatto nuovo che emerga, per decidere, come dice il codice della protezione civile del 2018, misure e interventi diretti ad assicurare il soccorso e l’assistenza alle popolazioni colpite dagli eventi calamitosi. Le pare che ci troviamo in una situazione di questo tipo?
Lei parlò, quando c’era il Governo Conte che certo non brillava per decisionismo, di “proroga dell’impotenza”. Diceva: si ricorre alla legislazione speciale perché non si riesce a governare con quella ordinaria. Poi in verità non si governò neanche con la legislazione speciale. Anche in questo caso è “impotenza” o è “prudenza” o è “non disturbate il manovratore”?
Non saprei come definirla. So invece che, qualora si procedesse alla dichiarazione dello stato di emergenza, sarei critico. Infatti, viviamo in questa situazione da tempo ed abbiamo passato momenti peggiori da ormai molto tempo. Il codice della Protezione civile detta norme molto precise sul superamento dello stato di emergenza. Esso dispone anche che l’emergenza può essere revocata anticipatamente e regola anche il “rientro nell’ordinario”.
(…)
Più in generale però c’è un tema che riguarda la democrazia. La pandemia ha abolito la partecipazione, ha reso normali “poteri speciali” e legislazione di emergenza. È una parentesi o è un dato irreversibile, nel senso che ci stiamo abituando a vivere con margini di democrazia ridotti?
Questo è il problema centrale. Le democrazie devono avere abbastanza anticorpi per sopravvivere alle malattie. Debbono poter reagire alle condizioni di necessità con strumenti ordinari, eventualmente con procedure accelerate, ma senza ricorrere né a emergenze, né ad eccezioni.
(…)
La dichiarazione dello stato di emergenza non comporta limitazioni per l’attività del Parlamento. Consente al Governo soltanto di agire con strumenti amministrativi più rapidi, facendo ricorso al codice della Protezione civile. Quindi, non ho tanto preoccupazioni per il funzionamento della democrazia quanto per l’eventuale incapacità di gestire con rimedi ordinari situazioni che stanno rientrando nell’ordinario.
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