Ruini - Quagliariello

 

di Sabino Paciolla

 

In questa strana Pasqua passata da persone chiuse in casa, in quarantena, ho letto un bel libro intitolato: “Un’altra libertà”. Devo dire che è un libro veramente interessante, e per questo devo ringraziare Claudia Passa che ne è stata la curatrice. Mille di questi volumi! E’ un libro dai contenuti impegnativi, ma espressi con una leggerezza tale da consentire una agevole lettura. L’opera, infatti, è il frutto di un dialogo tra il card. Camillo Ruini, già presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e Gaetano Quagliariello, Senatore della Repubblica, Professore ordinario di storia contemporanea, Presidente “Fondazione della Magna Carta”. Due personaggi significativi, dunque. 

Il tema del libro è incentrato su domande come: Cos’è l’uomo? Quali i limiti ed i confini della sua libertà? Cos’è la verità? Quale la relazione dell’uomo con il diritto naturale? e così via.

Come si vede, domande importanti. Fa bene pertanto Claudia Passa a mettere chiaramente in evidenza nella sua introduzione che il grande interrogativo del nostro tempo è: cos’è l’uomo di fronte alla presunzione di superare il proprio stesso limite, combinando le armi della scienza e del diritto? Giusta dunque l’osservazione di Passa secondo cui “oggi che il diritto naturale viene sempre più messo in discussione, difendere la persona e la sua autentica libertà diventa un imperativo categorico per chiunque abbia a cuore le sorti dell’Occidente e della stessa umanità”.

Il cardinale Camillo Ruini, a questo proposito, non può fare a meno di domandarsi se vi sia un nesso tra l’attacco alla vita e la crisi dell’Occidente e dell’umanesimo occidentale. La sua risposta è positiva, e nel delinearla si rifà all’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, un testo miliare e profetico che individua “le radici delle attuali minacce alla vita nella rivendicazione della libertà individuale: in qualcosa, dunque, che caratterizza soprattutto la cultura occidentale». Un testo profetico perché, pur scritto 25 anni fa, sembra prodotto oggi.

Ruini dice: «Vi è una profonda contraddizione alla base del disagio e dell’infelicità della nostra epoca, quindi della sua tendenza a evadere da noi stessi e dalla realtà. Da una parte è grande la rivendicazione della libertà e dei diritti del soggetto, fino a erigere questa libertà a criterio assoluto delle nostre scelte. Dall’altra parte il soggetto è concepito semplicemente come un frutto dell’evoluzione, una “particella della natura” (Gaudium et spes, 14), che come tale non può essere realmente e interiormente libero e responsabile né può rivendicare alcuna centralità o alcun diritto di fronte alla natura che lo ignora e non si cura di lui. Questa contraddizione esplode drammaticamente in casi come la morte di un giovane o una malattia invalidante, che appaiono privi di senso e del tutto inaccettabili. A questo punto l’Evangelium vitae fa un ulteriore e assai impegnativo passo in avanti (cfr. nn. 21-22): per uscire dalla contraddizione e perché la rivendicazione della nostra libertà possa veramente avere un senso non è necessario che Dio non ci sia – come ha ritenuto gran parte del pensiero moderno – ma al contrario che Dio ci sia. Infatti, solo se all’origine della nostra esistenza non vi è soltanto una natura inconsapevole ma anche e ancor prima una libertà creatrice, possiamo essere realmente e interiormente liberi. (…) Evangelium vitae risponde affermando un nesso inscindibile che lega la libertà alla vita e alla verità». (Pag.13-14)

Infatti, precisa Ruini, la pretesa di una libertà assoluta è “sbagliata perché la nostra vita e la nostra stessa libertà vengono da Dio e sono intrinsecamente in rapporto con Lui, sono legate a Lui e in ultima analisi dipendono da Lui”.

La controprova di quanto affermato, dice Ruini, la si ritrova nella “cultura dei diritti soggettivi”, la quale, “se assolutizzata, diventa un’illusione, anzi, una tragica illusione che conduce alla negazione degli altri e dei loro diritti e alla fine anche alla negazione di noi stessi, come avviene appunto nell’eutanasia». (pag. 17). Oltre all’eutanasia, un altro caso concreto di affermazione dispotica dei “diritti soggettivi” è data dai bambini “generati” con l’utero in affitto e con l’acquisto dei gameti da parte dei membri delle coppie omosessuali. A questi bambini, infatti, sarà sempre negata una figura genitoriale, il papà o la mamma.Ruini Quagliariello libro

Di fronte a queste situazioni, Quagliariello, che ha abbandonato da tempo le sue origini radicali, non può che rimanere perplesso davanti alla cultura liberale, quanto meno ad una sua componente. Egli, infatti, pur riconoscendo che il “pensiero liberale ha contrastato nel ‘900 il più grande esperimento di ingegneria sociale mai concepito: quello di costruire un ordine sociale perfetto, in grado di fare dell’uguaglianza materiale tra tutti gli uomini non solo un dato di auspicata partenza ma anche una mèta che lo Stato avrebbe dovuto garantire (pag. 18)”, non può fare a meno di rimanere fortemente preoccupato dinanzi ad un certo filone del pensiero liberale che oggi ha preso sentieri decisamente problematici, per dire il meno. Per questo, Quagliariello non può fare a meno di chiedersi: “cosa intende un liberale per individuo?”.

Egli è giustamente preoccupato perché ritiene che una certa corrente del pensiero liberale abbia sposato “il concetto di autodeterminazione assoluta, una sorta di nuova religione civile”, che però “è destinata a negare il valore di tutto ciò che è accumulazione di senso: la tradizione, i corpi intermedi, la comunità, lo stesso popolo”. E poi prosegue: “Secondo questa impostazione, infatti, l’individuo deve essere libero di determinare la propria vita dalla culla alla bara; anzi, ancor prima della culla e anche dopo la bara. Lo Stato, dal suo canto, deve garantire tale pretesa, trasformando in diritto esigibile ogni intendimento individuale. Si stabilisce così una sorta di dittatura dell’individuo su se stesso, che contiene una radice di assolutismo giacché espelle ogni imprevisto, ogni dubbio, ogni conseguenza non voluta in quanto determinata dall’interazione della propria volontà con quella di altri. (…) è proprio qui che si colloca l’intuizione che fu di Augusto Del Noce di una progressiva trasformazione dei partiti comunisti in partiti radicali di massa. Al centro di questa trasformazione, infatti, vi è proprio la categoria del perfettismo, applicata ieri alla società (il comunismo voleva creare la società perfetta, ndr), oggi all’individuo (…) L’esempio più efficace di tale dinamica è in quelle declinazioni del testamento biologico”. 

Di qui le tensioni che pervadono le nostre democrazie le quali, se da una parte, dal punto di vista puramente formale, proclamano la tolleranza ed il rispetto di tutte le posizioni e opinioni, dall’altra, dal punto di vista sostanziale, sono violentemente intolleranti.

La ragione di questa apparente contraddizione è ravvisabile, come dice il card. Ruini, nella parola «relativismo, che vuol dire che tutto è relativo ai nostri personali punti di vista. È un atteggiamento oggi molto diffuso, che esclude che una cosa sia in se stessa vera o falsa, giusta o ingiusta, buona o cattiva. Questo atteggiamento viene spesso teorizzato come l’unico giusto e valido, cadendo così in una contraddizione: proprio il relativismo sarebbe giusto in sé e non relativo ai nostri punti di vista. Si verifica allora quella che Benedetto XVI ha definito “dittatura del relativismo”. Su queste basi viene costruito il ben noto argomento: lasciamo ciascuno libero di abortire, o di scegliere l’eutanasia ecc., mentre al tempo stesso viene escluso il diritto di pensare che l’aborto e l’eutanasia siano un male in se stessi e di agire di conseguenza. L’espressione “dittatura del relativismo” è molto felice proprio perché individua esattamente il nostro avversario: una contraddittoria assolutizzazione del relativo». (pag. 19-20)

A parere di Quagliariello, la soluzione al vicolo cieco in cui si è infilato un certo filone del pensiero liberale affinché si liberi dall’affermazione di una libertà che scivola nell’assolutismo è quella “di passare dal concetto di individuo a quello di persona, dall’individualismo alla centralità della persona”, poiché “presuppone la responsabilità nei confronti degli altri e in particolare nei confronti delle comunità all’interno delle quali la vicenda umana si inserisce. (…) Per questo i suoi diritti si fermano laddove iniziano i diritti degli altri e gli obblighi che le derivano dall’appartenenza a una comunità. (pag. 24)

Frutto di questo impazzimento di una società che ha posto sull’altare supremo della nuova religione civile l’assoluta libertà dell’individuo, e ad essa esprime adorazione, è la contemporanea e contraddittoria tensione verso la difesa della vita che si esprime, da una parte, nella grande lotta contro la pena di morte, nell’ingente sforzo, medico, scientifico ed economico, per salvaguardare la vita e migliorarne la “qualità” e, dall’altra, nella crescente assuefazione alla liceità dell’aborto, fino al tentativo di farne un vero e proprio diritto, nel sacrificio degli embrioni umani per uso terapeutico e per la riproduzione artificiale, nella inquietante e crescente apertura verso una eutanasia non richiesta, quella praticata verso gli “stati vegetativi”, i malati terminali, i disabili gravi, e perfino verso i bambini nati con gravi handicap.

Quagliariello, a tal proposito, osserva come “lo sviluppo della tecno-scienza non sia inteso come conoscenza e applicazione al servizio dell’uomo, ma come frontiera sempre più avanzata nella pretesa di rimuovere l’imperfezione, fino al punto di superare l’umano e giungere al post-umano. (…) Procedendo per astrazioni ideologiche la scienza si separa così dalla persona – dallo scienziato che la elabora, dal medico che la applica, dal paziente che ne fruisce… − e rischia di rivolgersi contro di essa”. Siamo in presenza, dice ancora Quagliariello, di un tentativo, patetico e tragico, aggiungo io, di rinnegare l’imperfezione, di praticare con l’eugenetica nuove forme di razzismo, di sopprimere i fragili “nell’illusione totalitaria di rimuovere la fragilità”. (pag. 28)

Fulminante il card. Ruini, il quale, per spiegare il fenomeno sopra menzionato, riprende il filosofo francese Jean-Michel Besnier quando affermava: “È necessaria una massiccia presa di coscienza da parte della popolazione. Il fascino per le tecniche è il rovescio della medaglia di una disistima di sé e dell’umanità. Non si sopportano più la vecchiaia, la malattia e la morte, e tantomeno la casualità della nascita. Riconciliarci con la nostra finitudine, accettare le nostre debolezze… è il prerequisito per salvare l’umanità. In questo, le odierne filosofie, le spiritualità e le religioni hanno un ruolo da svolgere”. (pag.27)

L’impressione che ho tratto dalla lettura del libro è che il card. Ruini sia veramente una grande personalità, dal pensiero lucido e profondo, con grande coscienza e conoscenza della cultura contemporanea e delle dinamiche profonde che la attraversano, convinto assertore del legame inscindibile tra fede e cultura. Dice infatti: “Quando è in gioco la verità sull’uomo, la Chiesa può e deve parlare. Perché siamo liberi. Mi hanno confortato in questo tanto la linea di fondo di Giovanni Paolo II circa la rappresentazione pubblica del cristianesimo, quanto l’insegnamento di Benedetto XVI circa la necessità di prendere posizione ed esprimersi con chiarezza sui punti salienti della questione antropologica, soprattutto nel momento in cui tutto viene messo in discussione”. (pag. 87-88) (…) Una Chiesa che tacesse su questi temi non farebbe invero molto onore né a se stessa né all’Italia». (pag. 93)

E poi, rivolgendosi al retroterra cattolico, ed a tutti coloro che hanno espresso critiche, anche dure, prima fra tutte quella di essere l’artefice di una “Chiesa militante”, egli afferma: “respingo con fermezza la tesi più volte avanzata nei confronti della Chiesa secondo la quale impegnarsi pubblicamente su una tematica di questo genere (la questione antropologica ed i “princìpi non negoziabili”: vita-famiglia-educazione, ndr) sarebbe lontano dal Vangelo. Non si tratta di erigere barricate contro qualcuno, ma di esprimersi a favore di qualcosa che si ritiene molto importante per le persone, le famiglie, la società. Ciò significa al giorno d’oggi correre il rischio di rendere più difficile l’evangelizzazione? Se questo timore portasse i cristiani a tacere sulle cose concrete della vita sarebbe il Vangelo stesso a diventare insignificante». (pag. 75-76)

Infine, del Sen. Quagliariello mi ha sempre colpito la sua onestà intellettuale, il suo percorso umano, il suo coraggio nell’attraversare posizioni politiche e culturali diverse, ma con la costante tensione verso i temi che riguardano l’uomo e la sua verità. Ricordiamo tutti la sua coraggiosa presa di posizione sul caso Eluana Englaro, quando in Parlamento, in uno dei momenti più concitati e alti del dibattito politico della storia democratica, la sera della morte di Eluana, il 9 febbraio 2009, affermò: “Eluana non è morta, Eluana è stata ammazzata”. Con quella frase, egli manifestò l’istintiva reazione al tentativo di coprire sotto una coltre di ipocrisia ciò che era effettivamente avvenuto.

Come si vede, i temi e le questioni sono tanti ed anche spinosi. Quanto esposto è solo una minima parte, e si potrebbe continuare per ore. Ma il colloquio tra i due personaggi è avvincente e chiaro allo stesso tempo, tale da rendere immediata la comprensione e scorrevole la lettura del libro.

E’ un libro senz’altro da leggere in ogni momento, ma ancor di più in questo tempo di pandemia di coronavirus. 

 

 (se il video qui sopra non si apre, fare il refresh di questa pagina o cliccare qui)

 

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Libro: “UN’ALTRA LIBERTA’ – CONTRO I NUOVI PROFETI DEL PARADISO IN TERRA”, di Camillo RUINI e Gaetano QUAGLIARIELLO, a cura di Claudia Passa

Editore Rubbettino

Pagine 136

Prezzo 15 euro

In libreria da giovedì 20 febbraio

Si può acquistare anche qui

 

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