Rod Dreher, l’autore del fortunato libro “L’opzione Benedetto”, ha concesso un’intervista ad Aldo Maria Valli, il quale l’ha pubblicata sul suo blog. È una intervista molto interessante. Poiché lunga, ho pensato di scegliere i passi che a me sono sembrati più significativi, e che per questo propongo alla vostra attenzione.
Dreher dice che: “Viviamo in un tempo in cui i cristiani hanno dimenticato che la fedeltà può richiedere sofferenza“
Perché secondo te, Rod, L’opzione Benedetto ha avuto tanto successo?
Il libro è così popolare perché legge i segni dei tempi e descrive lo spirito dell’attuale momento culturale. I cristiani che credono veramente nella nostra fede percepiscono chiaramente che viviamo in un momento di grande confusione e turbamento. Le risposte standard fornite dalla Chiesa non sembrano sufficienti per affrontare la realtà della nostra situazione.
Essere un cristiano autentico non è mai stato facile, ma oggi le sfide sono davvero grandi. Il problema non è solo che la civiltà occidentale sta diventando via via meno cristiana, ma anche che questa stessa civiltà sta diventando post-umana. In molti modi diversi stiamo perdendo la capacità di riconoscere la nostra stessa umanità e di avere fiducia nella verità. Questa crisi non è iniziata ieri e nemmeno negli anni Sessanta, ma è cresciuta nell’arco di secoli diventando sempre più forte. Ora ci troviamo in un momento decisivo nella storia del mondo e nella storia della Chiesa.
(…) gli europei sono più avanti di noi (americani) nel processo di scristianizzazione. Per noi cristiani americani è più difficile capire che cosa sta accadendo, perché non abbiamo ancora sperimentato ciò che gli europei invece hanno già sperimentato. Certo, la stessa cosa sta avvenendo ora anche da noi, ma per gli americani è più facile negare tutto ciò.
(…) È difficile, per i cattolici di una certa età, ammettere che il Concilio non ha prodotto il rinnovamento che aveva promesso. Inoltre, per i cattolici delle generazioni più anziane è difficile accettare che, per vivere fedelmente il cristianesimo ora e negli anni a venire, bisognerà accettare una maggiore emarginazione sociale. Si sono convinti che, se solo facessimo qualche piccolo cambiamento nel modo in cui presentiamo il Vangelo, il mondo ci lascerebbe ancora sedere alla sua tavola, per così dire.
(…) il regime liberale ci vuole catechizzare, e (…) i tentativi della Chiesa di avvicinarsi a questo regime liberale basandosi sui suoi medesimi termini produce come unico effetto una Chiesa che è meno se stessa.
(…) Per le famiglie, vivere in totale simbiosi con questo mondo post-cristiano è una sorta di suicidio spirituale. Quei cattolici che sono attratti dall’Opzione Benedetto lo capiscono, e vogliono qualcosa di più resistente. Ne va della sopravvivenza del cristianesimo.
Monsignor Gäenswein presentando il tuo libro ha detto che anche Papa Benedetto vede se stesso come un vecchio monaco in preghiera. E tu, Rod, come vedi Benedetto XVI? E che idea ti sei fatto della sua rinuncia?
Io lo considero un padre spirituale. È un profeta. Un amico ebreo, che lo ammira fortemente, mi ha detto di essere convinto che Papa Ratzinger fosse l’ultima opportunità dell’Occidente per salvare se stesso, opportunità che l’Occidente ha rifiutato. La tragedia del suo pontificato è stata che lui non era abbastanza forte per combattere i suoi nemici. Ammetto di averlo giudicato severamente quando si è dimesso, e di essere stato tentato di pensare a lui duramente quando il pontificato di Francesco è degenerato in un disastro per la Chiesa cattolica.
Monsignor Gäenswein presentando il tuo libro ha detto che anche Papa Benedetto vede se stesso come un vecchio monaco in preghiera. E tu, Rod, come vedi Benedetto XVI? E che idea ti sei fatto della sua rinuncia?
Io lo considero un padre spirituale. È un profeta. Un amico ebreo, che lo ammira fortemente, mi ha detto di essere convinto che Papa Ratzinger fosse l’ultima opportunità dell’Occidente per salvare se stesso, opportunità che l’Occidente ha rifiutato. La tragedia del suo pontificato è stata che lui non era abbastanza forte per combattere i suoi nemici. Ammetto di averlo giudicato severamente quando si è dimesso, e di essere stato tentato di pensare a lui duramente quando il pontificato di Francesco è degenerato in un disastro per la Chiesa cattolica.
Recentemente, però, ho iniziato a pensarla diversamente. Un amico vicino a Benedetto mi ha detto che il Papa si è dimesso nel momento in cui si è accorto che la corruzione all’interno della Curia andava ben oltre ciò che lui aveva il potere di combattere. Potrebbe essere che Papa Ratzinger abbia visto in Roma (in questo caso intesa come simbolo del Vaticano) le stesse cose che San Benedetto vide a Roma al suo tempo? Potrebbe essere che il modo migliore di combattere la corruzione sia davvero quello di ritirarsi a Subiaco (nel caso di Papa Ratzinger, in contemplazione all’interno del Vaticano)? Probabilmente al suo tempo San Benedetto sembrò pazzo agli occhi della gente per quello che fece. Avranno detto: se sei un vero cristiano, perché non resti a Roma a combattere per ripulire la Chiesa? Ad ogni modo, oggi sappiamo che l’atto di rinuncia del santo ha portato grandissimi frutti nei secoli a seguire.
Potrebbe essere che l’atto di rinuncia di Papa Benedetto sia destinato a produrre lo stesso effetto? È impossibile saperlo, ma non possiamo scartare questa possibilità. Potrei sbagliarmi. Tutto ciò che posso dirti è che lo adoro e che penso che sia un santo.
Che cosa dice Benedetto da Norcia alla Chiesa di oggi?
San Benedetto ha lasciato Roma quando ha scoperto che era troppo corrotta. Temeva che rimanendo lì, vivendo nella città, avrebbe perso la fede. Benedetto però non ha abbandonato Dio, ma ha solamente cercato un modo nuovo di vivere la fede in quelle condizioni così difficili. Allo stesso modo, è chiaro che la Chiesa oggi è diventata molto fragile e disgregata, e addirittura corrotta. Papa Giovanni XXIII voleva “aprire le finestre della Chiesa e lasciar entrare aria fresca”. Ora è chiaro che i ladri si sono lanciati dentro e, in molti modi, hanno ridotto la Chiesa contemporanea in rovina. I cattolici che vogliono restare cattolici dovranno trovare nuovi modi per vivere come cattolici. Questo non implica lasciare la Chiesa cattolica, ma richiede di scavare più profondamente alle radici della fede cattolica e di vivere una vita spiritualmente più disciplinata.
(…) Il punto è che i cristiani fedeli che oggi vivono nella Chiesa devono essere come San Benedetto, nel senso che devono riconoscere chiaramente le rovine attorno a loro, prendendo con coscienza la decisione di allontanarsi da ciò che potrebbe costar loro la fede. Bisogna ricordare che San Benedetto non ha solamente voltato le spalle a qualcosa di cattivo, bensì è andato incontro a qualcosa di buono. E il buono che trovò a Subiaco, nella vita monastica, Benedetto riuscì a riportarlo nel mondo. I suoi figli spirituali furono capaci di ricostruire sulle rovine che portarono il loro padre San Benedetto ad andarsene. È questa la chiamata dei cattolici di oggi.
(…) Il problema che i cattolici stanno affrontando oggi è legato al fatto che troppi dei loro capi non riescono ad ammettere i fallimenti della Chiesa postconciliare, credendo che la selva oscura (simile a quella di Dante, ndr) sia invece il Giardino dell’Eden.
(…) Nel libro (l’Opzione Benedetto, ndr) io dico molto chiaramente che non credo che i cristiani laici debbano nascondersi sulle montagne e costruire una roccaforte contro il mondo moderno. Noi non siamo chiamati ad essere monaci. Dovremmo però seguire l’esempio monastico per vivere vite più ordinate, oranti e contro-culturali. Ciò che intendo è che se vogliamo vivere come fedeli cristiani in un mondo post-cristiano, dobbiamo stabilire una certa distanza tra noi e le pratiche normali di questo mondo, per una nostra maggiore fedeltà. Dobbiamo rafforzare la nostra resilienza interiore.
(…) Viviamo in un tempo in cui i cristiani hanno dimenticato che la fedeltà può richiedere sofferenza. Come disse una volta la scrittrice cattolica americana Flannery O’Connor, i cristiani moderni vogliono credere che il cristianesimo sia una coperta calda, ma in realtà il cristianesimo è la croce.
(…) Papa Francesco esorta i cattolici ad andare nel mondo e condividere la fede, e non sbaglia a farlo. Ma non puoi dare al mondo ciò che tu non hai. Ci sono sempre meno cristiani, e molti di quelli che ancora si definiscono tali hanno una scarsa comprensione di che cosa significhi essere cristiano. La crisi è grave e pressante.(…)
Stai lavorando a un nuovo libro?
No, non sto ancora lavorando ad un nuovo libro, ma ho qualche idea. Penso continuamente ad una conversazione avuta un anno fa a Parigi con un famoso filosofo francese. Concordavamo sul fatto che l’Occidente sia in rapido declino. Gli chiesi allora dove lui trovasse speranza. Mi disse: “Io non ho speranza”. Gli dissi che la mia speranza è in Gesù Cristo, che io non sono ottimista per quanto riguarda il breve termine, ma sono fiducioso, perché la speranza cristiana ci dà la certezza che Dio mantiene il controllo, e che anche le nostre sofferenze hanno significato se le uniamo a quelle di Cristo. Il professore mi ascoltò rispettosamente, poi disse: “Questo è un bene per voi americani, ma qui in Francia crediamo che questa vita sia l’unica cosa che esiste. Quando tu muori, sei morto.”
Non seppi più che cosa dirgli dopo questa sua affermazione. Ma non riesco a smettere di pensare a quella conversazione. Sto pensando di scrivere un libro per far vedere come possiamo scoprire Dio in questo mondo post-cristiano. Avrà qualcosa a che fare con l’osservazione di Benedetto XVI secondo cui i migliori “argomenti” per la fede sono l’arte prodotta dalla Chiesa e i suoi santi: in altre parole, la bellezza e la bontà rese visibili.
Fonte: blog di Aldo Maria Valli
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