di Giuliano Di Renzo
E’ buona testimonianza e buon esempio la gioia che molti hanno manifestato l’altro giorno circa la firma del protocollo d’intesa tra la CEI e il governo italiano per la ripresa del servizio liturgico con i fedeli e la Santa Messa martedì prossimo 18 maggio.
Significa il desiderio che ancora molti nutrono di ricevere il Signore vivente nella Ss.ma Eucarestia.
Posta questa premessa, io personalmente non mi sento di gioire. Per il fatto che si sia dovuto addivenire a formale atto giuridico per abrogare una restrizione che è di buon ordine di polizia per limitare difficoltà dovute a improvvisa – ma pare non troppo – sopravvenuta epidemia.
Ritengo essere questo un atto molto grave e in prospettiva, ma non tanto in prospettiva, tristemente significativo.
Mi spiego. E’ l’accordo che fa riaprire le chiese o è la diminuzione del rischio?
La libertà di coscienza e la pratica religiosa sono un diritto non una concessione.
Lo stato è associazione di persone per meglio raggiungere con l’aiuto vicendevole il fine a ciascuno proprio come persona.
Perciò lo stato è per la persona non viceversa, e ha il dovere di garantire la libertà delle coscienze, non di conculcarle con astuzie, intellettualismi e stratagemmi vari.
La persona ha un destino eterno, oltre il tempo e superiore a ogni cosa è il suo valore. Lo stato invece è nel tempo, esplica la sua funzione come servizio alla persona nel tempo, e col tempo quindi finisce.
Chi è preposto a responsabilità pubbliche ha il dovere dell’onestà, quindi della lealtà.
Se dunque il pericolo è diminuito, bastavano disposizioni amministrative di ordine pubblico, come fino ad ora.
Un accordo a livello di governo invece sposta la questione e solleva legittimi sospetti per il futuro.
Preghiamo il Signore e chiediamogli di aiutarci a convertirci tutti seriamente a Lui.
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