Viandanti verso Emmaus

 

Domenica III del Tempo Ordinario (Anno C)

(Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21)

 

 

di Alberto Strumia

 

Le letture di questa terza domenica del Tempo Ordinario sono particolarmente adatte, per noi, in questi tempi, perché ci suggeriscono un “metodo” su quanto è più urgente fare, proprio nei nostri anni. Il lavoro da fare è quello di istruirsi sul cristianesimo, perché quasi tutto è stato dimenticato, e per la maggioranza della gente, ben poco è mai stato saputo; e quello che si crede di sapere è quasi sempre inadeguato, o scorretto, o interamente falsato.

– Il Vangelo. Come ai tempi dell’Evangelista Luca, occorre che ci sia chi, essendo in grado di farlo, per ragioni anagrafiche – avendo ricevuto a suo tempo una formazione cristiana dottrinale seria – e per una preparazione frutto di uno studio guidato da maestri sicuri, è in grado di istruire anche gli altri.

Ai tempi di san Luca, di certe notizie su Cristo, si avevano – per la prima volta – informazioni generiche, imprecise e contraddittorie che potevano anche trarre in inganno. Per questo egli si mise all’opera in prima persona: «anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato». Oggi anche a noi, che abbiamo gli strumenti per farlo, possiamo e dobbiamo insegnare il cristianesimo, avendo il Catechismo come testo di riferimento, perché in esso viene spiegato il contenuto del Vangelo e di tutta la Scrittura, del Magistero che la Chiesa ha messo a punto nei secoli. Così da non essere condizionati e fuorviati dalle cose deviate che si sentono fuori e da alcuni anni anche dentro la Chiesa, da chi invece dovrebbe parlare del Cristo vero e non di quello inventato ideologicamente da lui, o di tutt’altro…

– La prima lettura. Già nella prima lettura vediamo all’opera il governatore Neemia e il sacerdote Esdra, adottare lo stesso “metodo”, quello dell’istruzione del popolo di Israele, mediante la lettura e la spiegazione dell’importanza della Legge di Mosè, i Dieci Comandamenti, senza la coscientizzazione e il rispetto dei quali, nessuna comunità, nessuna società civile, nessuna nazione, può reggersi, senza finire per disgregarsi autodistruggendosi e divenendo preda di altri che finiranno per prendere il suo posto anche nel suo territorio. Non sta succedendo questo anche oggi, qui da noi? Non si sta forse decomponendo la nostra società e il nostro intero continente, il mondo intero, per avere smarrito la consapevolezza del valore insostituibile – prima di tutto nella coscienza dei singoli e poi nelle legislazioni degli stati – addirittura della legge e del diritto naturale? E anzi, avendoli sistematicamente sostituiti con la loro negazione?

È arrivato il momento di istruire e di istruirsi alle fonti “genuine” della dottrina cristiana cattolica, di non seguire le mode del momento e di non esibirsi per vanità. Ricordiamo l’avvertimento dell’Apostolo Paolo: «Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore» (Ef 4,14,-15).

L’avvertimento dell’Apostolo è ancora più profetico, là dove dice che «verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» (2Tim 4,3-4). Quel giorno è oggi! E quelle che Paolo chiama «favole» sono ciò che noi chiamiamo “mode” e “ideologie”.

Allora il metodo da seguire è quello indicato anche in questa prima lettura: «I leviti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura». Seguiamo il loro “metodo” e il loro esempio.

C’è da augurarsi, anzi da pregare, che anche da noi si arrivi a piangere, come accadde al popolo governato da Neemia, per avere sbagliato strada in troppe scelte di vita, individuali e sociali, e per la commozione di fronte alla giustezza, riconosciuta, delle parole che ascoltavano («Tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge»).

– Nella seconda lettura, poi, anche san Paolo ricorre alla saggezza popolare, dettata dalla sana “ragione”, che può e deve aiutare la “fede”, ricorrendo all’allora ben noto “apologo di Menenio Agrippa” (un tempo lo imparavano anche noi alla scuola elementare con i primi rudimenti di storia romana), facendo un’analogia tra il corpo sociale e il Corpo di Cristo che è la Chiesa e spiegare il ruolo della diversità dei carismi. Non è un caso che Cristo sia nato nel momento storico in cui la saggezza della filosofia greca, del diritto romano e della tradizione biblica potevano incontrarsi per contribuire realizzare la sintesi matura di fede e ragione che l’Annuncio cristiano avrebbe poi saputo realizzare.

Oggi si sta buttando tutto questo alle ortiche e non ci si può, allora, meravigliare che le cose stiano peggiorando di giorno in giorno. Ma a nulla servirebbe vivere di lamentele, proteste violente e cinismo. Questo ci dicono le letture di oggi, suggerendoci il “metodo” positivo da seguire per “costruire”, rimanendo sempre vigili «nell’attesa che si compia la beata speranza, e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo».

A Maria, la Madre del Signore, ci affidiamo come sempre, ogni giorno, con le preghiere che la tradizione cristiana ci ha insegnato, per essere da lei accompagnati, guidati e protetti: «rendi sicuro il nostro cammino, finché vedendo Gesù possiamo essere sempre insieme nella gioia (iter para tutum ut videntes Iesum semper colletemur)».

 

Bologna, 23 gennaio 2022

 

Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari. È direttore del sito albertostrumia.it

 

 

 

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