Ecce Homo - Andrea Mantegna, 1500 circa, dipinto tempera a colla e oro su tela montata su tavola (54x42 cm), conservato nel Museo Jacquemart-André di Parigi.
Ecce Homo – Andrea Mantegna, 1500 circa, dipinto tempera a colla e oro su tela montata su tavola (54×42 cm), conservato nel Museo Jacquemart-André di Parigi.

 

 

di Lucia Comelli

 

Gesù, riconosciuto colpevole di bestemmia dal Sinedrio, viene condotto al governatore romano, con la grave accusa di essersi fatto re dei Giudei, [1] cioè di essere un ribelle, reo di morte. Ma Pilato sapeva che la predicazione di Gesù non aveva suscitato disordini, cioè che sotto l’aspetto dell’ordinamento romano non c’era contro di lui nulla di serio.

Durante il successivo interrogatorio, alla domanda di Pilato: Dunque Tu sei re? Gesù risponde: Tu lo dici: io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce. Poco prima Egli aveva detto: Il mio regno non è di questo mondo [altrimenti] i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei, ma il mio regno non è di quaggiù (Gv.18, 36, 37).  Questa confessione di Gesù mette Pilato davanti ad una strana situazione:

<< Il dominio richiede un potere, addirittura lo definisce. Gesù invece qualifica come essenza della sua regalità la testimonianza alla verità. La verità è forse una categoria politica? Oppure il regno di Gesù non ha niente a che fare con essa? … Molto comprensibilmente Pilato chiede: Che cos’è la verità?

È la domanda che pone anche la moderna dottrina dello Stato: può la politica assumere la verità come categoria per la sua struttura … o deve invece cercare di stabilire la pace e la giustizia con gli strumenti disponibili al potere? Vista l’impossibilità di un consenso sulla verità, la politica puntando su di essa non si rende forse strumento di tradizioni, che, in realtà, non sono che forme di conservazione del potere? Ma, d’altra parte, che cosa succede se la verità non conta nulla? Quale giustizia sarà allora possibile? Non devono forse esserci criteri comuni, sottratti all’arbitrarietà delle opinioni mutevoli e alle concentrazioni del potere, che garantiscano veramente la giustizia per tutti? Non è forse vero che le grandi dittature sono vissute in virtù della menzogna ideologica e che soltanto la verità ha portato alla liberazione? Che cos’è dunque la verità? Possiamo riconoscerla? Può entrare come criterio, nel nostro pensare e volere, nella vita del singolo come in quella della comunità? >> [2]

La definizione classica, formulata dalla filosofia scolastica, qualifica la verità come corrispondenza tra intelletto e realtà. Se l’intelletto di una persona rispecchia una cosa come essa è in se stessa, allora quella persona pensa il vero: ma si tratta di una verità particolare, non della verità nella sua interezza. Secondo san Tommaso, la verità si trova in primo luogo nell’intelletto divino [come l’ordine complessivo con cui Dio ha progettato il mondo], in quell’umano invece si trova in modo derivato, poiché Dio stesso è la prima e suprema verità [3].

<< Dio è la realtà che dona l’essere e il senso. Dare testimonianza alla verità significa mettere in risalto Dio e la sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze … Dare testimonianza alla verità significa: partendo da Dio, dalla ragione creatrice, rendere la creazione decifrabile e la sua verità accessibile, in modo tale che essa possa costituire il criterio orientativo nel mondo dell’uomo – che ai potenti si faccia incontro il potere e il diritto della verità … La mancata redenzione del mondo consiste nella non – riconoscibilità della verità, una situazione che poi conduce inevitabilmente al pragmatismo, rendendo il potere dei forti il dio di questo mondo … Come uomini moderni siamo tentati di dire che grazie alla scienza per noi la creazione è diventata decifrabile… Sì davvero, nella grandiosa matematica della creazione, che oggi possiamo leggere [ad esempio] nel codice genetico dell’uomo, percepiamo il linguaggio di Dio. Ma purtroppo non il linguaggio intero. La verità funzionale sull’uomo è diventata visibile. Ma la verità su lui stesso – su chi egli sia, di dove venga, per quale scopo esista, che cosa sia il bene o il male – quella, purtroppo, non si può leggere in tal modo. Con la crescente conoscenza della verità funzionale, sembra piuttosto andare di pari passo una crescente cecità per la verità stessa – per la domanda su ciò che è la nostra vera realtà, il nostro vero scopo. Che cos’è la verità? [4] Non soltanto Pilato ha accantonato questa domanda come irrisolvibile e, per il suo compito, impraticabile. Anche oggi, nella disputa politica come nella discussione circa la formazione del diritto [5], per lo più si prova fastidio per essa. Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della sua vita, lascia, in fin dei conti, il campo ai più forti. La Redenzione, nel senso pieno della parola, consiste nel fatto che la verità diventa riconoscibile… Ciò accade unicamente se Dio diventa riconoscibile … in Cristo. La regalità annunciata da Cristo nelle parabole e, infine, apertamente davanti a Pilato è la regalità della verità>>.

Dopo che fallì il tentativo di dare a Gesù la possibilità di salvarsi in extremis candidandolo per l’amnistia pasquale (la folla, infatti, gli preferì il brigante Barabba), vinse in Pilato l’interpretazione pragmatica del diritto ed egli, fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso: un’assoluzione dell’uomo che pure sapeva innocente poteva non solo danneggiarlo personalmente, ma anche provocare, e proprio a Pasqua, ulteriori disordini. La pace fu per il governatore in questo caso più importante della giustizia: così forse calmò la sua coscienza. Per il momento tutto sembrò andare bene: Gerusalemme rimase tranquilla. Il fatto, tuttavia, che la pace in ultima analisi non può essere stabilita contro la verità, si sarebbe manifestata in seguito.

 

Note:

[1] Le citazioni sono tratte dall’opera di Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), Gesù di Nazareth. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, Libreria Editrice Vaticana 2011. I puntini di sospensione e l’utilizzo del neretto nel testo, nonché il titolo, sono opera dell’autrice dell’articolo.

[2] Ivi, pp. 214 – 215. 

[3] Ricordiamo che, prima di incarnarsi in Cristo, il Verbo (logos) – di cui parla l’inizio del Vangelo di Giovanni – esisteva da sempre presso Dio, come Seconda Persona della Trinità. Per la successiva citazione, Ivi, pp. 217 – 218.

[4] Quid est Veritas? Anagrammando le parole della stessa domanda di Pilato, secondo una geniale intuizione di Sant’Agostino, compare la risposta: Est vir qui adest! Vale a dire (la Verità) è l’uomo che ti sta di fronte!

[5] Papa Ratzinger ha difeso la verità del diritto naturale, ovvero sia di quel complesso di principi razionali – conosciuti fin dall’antichità – che costituiscono il nucleo originario e indistruttibile (per quanto spesso contrastati/oscurati, come accade oggi molto spesso in Occidente) della coscienza umana.

 


Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. Sono ben accolti la discussione qualificata e il dibattito amichevole.


 

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