di Un Sacerdote

 

Carissimo Sabino, due notizie molto diverse, ma legate da una stessa ideologica concezione.

Prima notizia: Come ormai purtroppo risaputo, il piccolo Archie Battersbee è morto il 6 agosto o, meglio, è stato soppresso mediante la consueta agghiacciante procedura di sospensione dei supporti vitali, nutrizione, idratazione e soprattutto ventilazione. Il motivo, lo sappiamo bene, è per il suo best interest, per il suo maggior bene, così non dovrà più soffrire e bla bla bla …

Seconda notizia: Nel 2021 la Pontificia Accademia per la Vita ha organizzato Seminario Teologico (30 ottobre – 1 novembre), ora pubblicato nel volume Etica teologica della vita. Scrittura tradizione, sfide pratiche (Editrice Vaticana), dove in sostanza nei vari contributi si cerca tra le altre cose di sdoganare un nuovo approccio al fine vita, alla contraccezione e alla fecondazione artificiale omologa.

Commento la seconda notizia per mostrare che in ambedue è sottesa, come ho detto, una stessa logica iniqua.

Il metodo teologico morale con cui il Seminario affronta i suoi argomenti è quello di un ennesimo ritorno ad una concezione utilitaristica della morale, al caso per caso secondo la situazione, mettendo in discussione temi che invece il precedente Magistero ha una volta per tutte chiarificato. Questo significa che ogni teologo deve tenere presente queste affermazioni magisteriali che non dovrebbero necessitare quindi di alcuna evoluzione di contenuti, ma semmai di approfondimenti catechetici e pastorali. Si tratta di uno sdoganamento quasi ufficiale iniziato in modo autorevole da papa Francesco in alcune note di Familiaris Laetitia (nota 329, 336, 351). E non solo.

Non ci si deve quindi meravigliare che lo stesso papa Francesco abbia di fatto approvato l’approccio teologico morale adottato nel Seminario e poi pubblicato. Infatti nella sua consueta intervista aerea al recente ritorno dal Canada, di fronte alla domanda della giornalista Claire Giangrave, del Religion News Service, che gli chiedeva se fosse possibile uno «sviluppo nella dottrina della Chiesa per quanto riguarda gli anticoncezionali», e quindi se fosse pensabile una «rivalutazione» del divieto totale per una coppia di usare metodi anticoncezionali, papa Francesco ha così risposto: “«il dovere dei teologi è la ricerca, la riflessione teologica, non si può fare teologia con un “no” davanti. Poi sarà il Magistero a dire no, sei andato oltre, torna, ma lo sviluppo teologico deve essere aperto, i teologi (ci) sono per questo. E il Magistero deve aiutare a capire i limiti». Per quanto riguarda poi il tema della contraccezione il papa ha così chiarito: «Sul problema dell’anticoncezionale, so che è uscita una pubblicazione su questo tema e su altri temi matrimoniali [appunto la pubblicazione del Seminario Teologico sopra citato]. Questi sono gli atti di un congresso e in un congresso ci sono le ponenze, poi discutono fra loro e fanno le proposte. Dobbiamo essere chiari: questi che hanno fatto questo congresso hanno fatto il loro dovere, perché hanno cercato di andare avanti nella dottrina, ma in senso ecclesiale, non fuori […]. Poi il Magistero dirà, sì va bene o non va bene».

Io però pensavo ingenuamente che il precedente Magistero, per es. Casti Connubii, Humanae Vitae, Familiaris Consortio, ma non solo, avesse già detto parole definitive oltre alle quali non si dovesse andare, salvo che si concepisca la dottrina e la morale cattolica in fase di perenne evoluzione, mutabile al variare delle circostanze storiche in cui di volta in volta ci si trova. E allora cosa si fa? Si mutano i contenuti per rispondere al best interest delle persone con l’illusione di acchiappare più fedeli, senza rendersi conto che la gran parte già si prescrive da sola ricette morali fai da te. Utilitarismo, appunto, uno del mondo, uno della fede (?) cattolica (?). Ma la logica è la stessa. È sempre una questione di come individuare il best interest. Un Modernismo tanto laico quanto cattolico.

Ora, se il mondo attuale concepisce l’uomo come essere di pura utilità, con la macelleria sociale che ne deriva, io non mi stupisco, ma semmai inorridisco. Ma se la Chiesa Cattolica fa lo stesso, io inorridisco non so quante volte! L’utilitarismo morale, la morale della situazione et similia hanno come base una uguale concezione disumana dell’uomo perché gli si nega la totalità di quella Verità che solo ci fa liberi (cfr. Gv 8, 32), anche se si dice di voler fare misericordia all’umano. Una Verità che va testimoniata umilmente ma fieramente ad ogni costo, fosse anche sino al martirio. Non ci sono altre possibilità anche se non ci diranno “bravi”, anzi: “Ma tu, figlio dell’uomo non li temere, non aver paura delle loro parole; saranno per te come cardi e spine e ti troverai in mezzo a scorpioni; ma tu non temere le loro parole, non t’impressionino le loro facce, sono una genìa di ribelli. Tu riferirai loro le mie parole, ascoltino o no, perché sono una genìa di ribelli” (Ez 2, 6-7). “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero” (2 Tm 4, 1-5). “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5, 37). Ricordiamoci che i primi a dover essere liberati siamo noi, e un sintomo che viviamo questa liberazione è che saremo liberi dall’esito! Diversamente saremmo anche noi annoverati tra coloro che Gesù così denuncia in modo terribile: “voi […] avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8, 44).

Di questo passo si sdoganerà sempre più ogni cosa a livello della Dottrina, della Morale, dei Sacramenti, della vita, della sessualità e via dicendo. Però, che paradosso, magari si muterà il concetto di infallibilità papale il che vorrebbe dire che non sapremmo più che farcene di una funzione suprema che non garantisce più nulla e non le dovremmo obbedire. Insomma, tutto rischia di diventare sempre più il relativismo di “questa o quella per me pari sono”. Va bene tutto, basta che corrisponda al mio piacere (teologico o morale) del momento. Quest’aria libertina del Rigoletto ce la canterà sicuramente in qualche predica il vescovo della Pop Theology, mons. Staglianò, non per nulla appena nominato a capo della Pontificia Accademia Teologica. A cui seguirà naturalmente anche l’aria mozartiana del Don Giovanni: “Madamina, il catalogo è questo”, perché si farà l’amore dottrinale e morale con tutte le evoluzioni possibili che ci verranno a tiro. Insomma “andrà tutto bene”, purché naturalmente sia per il nostro best interest. O forse, per quello di qualche nostro “Nemico”?

 


 

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