di Massimo Lapponi
Sono passati quasi quarant’anni da quando, in seguito all’impressione causata dalla lettura di un romanzo di Senkyevicz sulla storia della Polonia, ebbi la prima ispirazione di scrivere un romanzo storico ambientato in Italia, e in particolare nel centro Italia. L’Italia non aveva una missione storica come la Polonia o come altre nazioni che avevano trovato i loro cantori? Certamente il Manzoni aveva rievocato magistralmente una pagina della storia d’Italia, ma bastava? Non c’era qualche cosa di più da dire e non era opportuno che, oltre al nord della penisola, trovassero una voce anche altri suoi territori?
Pensare che uno scrittore italiano non molti anni fa ha ricevuto un premio per un romanzo storico ambientato in Belgio e in Francia con un protagonista americano, sinceramente mi fa storcere il naso!
Tornando a quarant’anni fa, grazie ad alcune letture, e anche ad un sogno molto impressionante, in poco tempo già il progetto del romanzo aveva preso forma. Ma, aimé, le buone idee hanno l’inconveniente di trasformarsi, poi, in duro lavoro – e in questo caso il lavoro si prevedeva durissimo. Tanto che per un tempo incalcolabile l’impegno venne rimandato, o anche relegato tra i sogni irrealizzabili. Nello stesso tempo, però, avvertivo un certo disagio di coscienza, come se una vocina segreta mi rimproverasse la mia infingardaggine. E poi, a dire il vero, fin dall’inizio qualche cosa avevo fatto.
Dopo aver provato a seguire le orme del Manzoni, con un dettato ampio e analitico, avevo capito che quello non era lo stile che faceva per me e che, in ogni caso, non avrei mai avuto la disponibilità di tempo per adottarlo. Avendo, perciò, scelto uno stile sintetico e veloce, quasi di getto avevo buttato giù il primo capitolo del romanzo. E poi? Qui veniva il bello! Ora bisognava acquisire una serie sterminata di dati, per non cadere in arbitri inaccettabili in un romanzo storico.
Così, dopo aver abbozzato alcune pagine qua e là, tra le quali il capitolo finale – ispirato al famoso sogno – mi ero presto arrestato, e quasi mi ero convinto a rinunciare ad un’impresa che superava le mie possibilità. Ma intanto, quasi senza volerlo, ogni volta che mi accadeva di imbattermi in qualche informazione, documento o altro dato che poteva essere utile allo scopo, la mia fastidiosa coscienza mi ripeteva di farne tesoro. In questo modo andavo accumulando alcuni spunti importanti, pur ripetendomi che intanto non c’era nulla da fare.
Nel frattempo avevo scritto, e in parte publicato, altri romanzi, per più un migliaio di pagine. Dunque, mi dicevo, la coscienza può essere soddisfatta! Macché! Quella fastidiosa suocera continuava a ripetermi che non avevo affatto assolto il mio debito. Come possono romanzi di fantasia surrogare un romanzo faticosamente elaborato con approfondite ricerche storiche? E poi la missione storica dell’Italia che fine aveva fatto?
Così, se pure continuavo a ripetermi che non era affar mio, intensificavo le mie letture e mettevo da parte una discreta documentazione. Venne il momento in cui mi dissi che, tutto sommato, per la prima parte del romanzo potevo anche impegnarmi, ma senza alcuna garanzia di dover poi affrontare le altre due parti previste. Dunque, anche se malvolentieri e poco convinto, mi misi finalmente al lavoro e, come Dio volle, contro ogni previsione realistica, arrivai fino al concludere la prima parte.
E ora che succede? Per molto tempo la cosa rimase lì. In fondo non avevo preso l’impegno di continuare. Già, ma la suocera ora era diventata più imperiosa e motivata. “Come!?” mi sussurrava. “Che senso ha scrivere la prima parte e poi interrompere il lavoro? Allora era più logico rinunciare subito! Ora che fai?”
Insomma, alla fine mi lasciai convincere almeno a provarci. Così finalmente mi misi seriamente a studiare e, quando mi sembrò di avere i dati sufficienti, provai a dare inizio alle seconda parte. A questo punto sentii anche il bisogno di chiedere la revisione e il consiglio di uno storico vero, e feci certamente la scelta giusta. So che non gradisce essere nominato, e quindi tralascio di riportarne il nome, ma approfitto dell’occasione per esprimere a lui – e anche ad altri che ho incontrato in seguito cammin facendo – tutta la mia riconoscenza. Non soltanto tante precisazioni storiche, ma anche diversi passaggi narrativi importanti non sono farina del mio sacco, ma vengono dai miei gentili consiglieri, e soprattutto dallo storico al quale per primo mi sono affidato.
Devo precisare che ancora in questa fase non avevo affatto la certezza di poter continuare il lavoro fino alle fine – e più volte lo ripetei anche all’amico storico, che però non lasciava di incoraggiarmi. Non saprei dire quando, ma ad un certo punto capii di essere arrivato al “punto di non ritorno”. Oramai, in un modo o nell’altro, dovevo andare avanti fino alla fine. Vi furono, tuttavia, momenti di vera disperazione, in cui mi sembrava che non sarei mai riuscito a superare ostacoli troppo grandi per me. E la tragedia più grande era quando i diversi consiglieri, che nel frattempo erano aumentati di numero, non si accordavano tra loro sull’interpretazione dei dati storici!
Poi succedeva che mi mettevo di fronte all’ostacolo a muso duro e mi dicevo: avanti, devo farcela! Così mi trovai più di una volta ad aver scritto più velocemente di quanto avrei mai pensato.
Verso metà febbraio era previsto un mio breve rientro in Italia dallo Sri Lankla, dove abitualmente risiedo. Allora mi dissi che era molto opportuno, e forse necessario, che completassi il romanzo prima della partenza, altrimenti avrei dovuto interromperlo e poi riprenderlo senza lo “slancio” e lo spirito che nel frattempo avevo in qualche modo acquisito. Miracolosamente – mi dissi allora – pochi giorni prima della partenza la stesura del romanzo era ultimata. Rimaneva una lunga e massacrante opera di revisione e di correzione, ma ormai il lavoro vero e proprio era terminato. Non ero cosciente, allora, che l’irrompere dell’epidemia di corona virus avrebbe immensamente complicato le cose, se non avessi terminato almeno la stesura del testo prima della partenza per l’Italia.
Ed ecco, dunque, che, pochi giorni prima di Pasqua, in tempi veramente da record del tutto imprevisti, il mio romanzo storico vede finalmente la luce, pubblicato dall’editore Solfanelli di Chieti per i tipi delle edizioni Tabula fati.
“Ma del contenuto non ci dici niente?” mi si chiederà. Sinceramente non vorrei togliere la sorpresa della scoperta. Dico soltanto che diversi fattori – dei quali non ho ora piena coscienza – mi suggerirono di collocare la narrazione negli anni 1795-1800. Quando ero ragazzetto un amico di famiglia aveva scritto, per mia sorella, che doveva affrontare l’esame di maturità, una bellissima “Storia di Napoleone” in versi. Purtroppo, come tutte le sorelle smemorate, anche la mia finì per perdere quel prezioso lavoretto. Ma almeno mi erano rimasti impressi due versi, scritti apposta per imprimere nella memoria la data della battaglia di Marengo: «È nell’anno Ottocento – che successe questo evento». Devo confessare che questo simpatico ricordo ha condizionato la collocazione storica della narrazione.
Per il resto, mi limito a mettere qui il link della pagina editoriale, nella quale si può leggere il quarto di copertina, che dà qualche informazione sul romanzo – senza però svelare il senso del suo titolo enigmatico!
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“Quanto degna sei d’amore” – Romanzo storico, di Massimo Lapponi, 2020, Edizioni Solfanelli, Chieti.
Il libro è acquistabile qui.
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