Domenica XVII del Tempo Ordinario (Anno A)
(1Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52)
di Alberto Strumia
1. Il Vangelo. Saltano agli occhi, nelle letture di questa domenica, le parole di Gesù ai Suoi discepoli, al termine dell’esposizione di un’ampia serie di parabole: ad incominciare da quelle del grano e della zizzania, del granello di senape, del lievito che fa crescere la pasta del pane (della scorsa domenica), a quelle del tesoro nascosto nel campo, della perla preziosa acquista investendo tutti i propri beni, a quella escatologica della rete che raccoglie pesci buoni e cattivi. Alla fine del Suo discorso il Signore chiede ai discepoli di allora come a noi, oggi: «Avete compreso tutte queste cose?». E loro gli risposero: «Sì!».
Da un lato fa una certa tenerezza il coraggio, in realtà anche un po’ timoroso, con il quale quelli si azzardarono a rispondere «Sì!», e la dolcezza paziente di Cristo che accettò quella un po’ tremolante risposta di fede, pur conoscendo tutti i futuri fraintendimenti della Sua Dottrina che ci sarebbero stati nella storia futura, compresi quelli clamorosi di questi nostri ultimi anni.
Viene da domandarsi spontaneamente, quanti, ai nostri giorni sono in grado di comprendere in profondità ciò che sta avvenendo: dalle cose sempre più spaventose che accadono nel mondo ad ogni livello e dimensione. Dai disordini internazionali a livello globale, fino alle efferatezze domestiche più spaventose, forse mai viste prima nella storia dell’umanità. Non è forse divenuto invivibile il mondo da quando si è sistematicamente e progressivamente, volontariamente allontanato da Cristo, e addirittura dai Comandamenti dati da Dio a Mosè per far assimilare la Legge morale naturale, indispensabile per vivere in maniera sensata («Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti dò, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te», Deut 4,40; «Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. […] è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica», Deut 30,11.14)?
Non assomiglia, forse il nostro mondo contemporaneo, più alla situazione che Gesù stesso ha descritto, in un altro passo del Vangelo, quando disse che tutti «mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito [mentre oggi c’è sregolatezza anche su questo!], fino a quando Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti» (Mt 24,38-39). Tenendo conto che questa profezia del Signore si riferiva alla necessità della vigilanza in vista degli ultimi tempi («Così sarà la venuta del Figlio dell’Uomo», Mt 24,37), il richiamo che ne deriva è più che serio, anche per noi.
Il Signore dimostrò grande tenerezza e pazienza nei confronti dei discepoli che, come noi oggi, vollero rispondergli coraggiosamente con quel «Sì!», sapendo che avrebbe loro dato, a suo tempo, lo Spirito Santo che avrebbe fatto loro comprendere in profondità, la realtà delle cose, la centralità indispensabile del Fondamento che Egli è («Cristo, centro del cosmo e della storia», Redemptor hominis, n. 1; «Senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste», Gv 1,3).
2. La prima lettura. Questa capacità di comprendere la realtà delle cose, di giudicare il momento presente («Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?», Lc12,56) è ciò di cui oggi abbiamo maggiormente bisogno, per non perderci in un modo di vivere vano («Essi seguirono ciò ch’è vano, diventarono loro stessi vanità», Ger 2,5) e instupidito, fino a farci del male. Questa “capacità di giudizio” sulla realtà della cose, Dio la concesse a Salomone che ebbe il coraggio intelligente di domandargliela nella sua preghiera («Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa», prima lettura). È ciò di cui oggi abbiamo più bisogno e siamo invitati a domandarla quotidianamente per saperci orientare e preparare ad affrontare gli eventi di questo tempo presente (Diversamente «non so come regolarmi», prima lettura).
Anche nella Chiesa, oggi, riscontriamo penosamente, più che in altri momenti della storia, un simile smarrimento e una simile confusione, per cui si sente dire tutto e il contrario di tutto, ad ogni livello.
Mentre noi che seguiamo il Signore abbiamo bisogno di una piena consapevolezza della nostra vocazione cristiana («quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati»), che è quella di «coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» ad avere le idee chiare in vista del compito storico di sfidare il mondo, facendo toccare con mano, alla prova dei fatti, che senza Cristo («senza di me non potete far nulla», Gv 15,5) e senza la Legge, scritta nel cuore dell’uomo le cose precipitano, il mondo intero come la vita domestica e quella personale, divengono ingovernabili e insostenibili.
Occorre, urgentemente, rimettere a punto un “giusto rapporto” tra gli uomini e Dio Creatore, ricorrendo alla fede in Cristo, che, unico è stato in grado di realizzare l’accesso a questa restituzione dell’uomo a se stesso, restituendogli il giusto modo del rapporto con Dio. Questa è la giustizia, la giustificazione della quale parla l’Apostolo Paolo nella seconda lettura di questa domenica («quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati»).
La saggezza di Salomone, che fu data a lui al tempo dell’Antico Testamento, e alla Vergine Maria, all’inizio del Nuovo, la domandiamo anche per noi stessi, ringraziando il Signore per quella parte di essa che già ci ha concesso e ci concede, per essere pronti a riconoscerlo, in qualunque momento Egli si manifesti.
Possiamo anche noi, fare nostre le parole consolanti che abbiamo letto nel Salmo responsoriale:
«La mia parte è il Signore: ho deciso di osservare le tue parole. […[
Il tuo amore sia la mia consolazione […].
Perciò amo i tuoi comandi, più dell’oro, dell’oro più fino. Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti e odio ogni falso sentiero. […]
Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti: per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina, dona intelligenza ai semplici».
Bologna, 30 luglio 2023
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