John Singleton Copley (1782) The tribute Money Londra, Royal Academy of Arts. Olio su tela
John Singleton Copley (1782) The tribute Money Londra, Royal Academy of Arts. Olio su tela

 

Domenica XXIX del Tempo Ordinario (Anno A)

(Is 45,1.4-6; Sal 95; 1Ts 1,1-5; Mt 22,15-21)

 

di Alberto Strumia

 

Il passo del Vangelo di questa domenica è stato, almeno nel secolo scorso, sempre inteso come il “manifesto” cristiano del rapporto tra fede e politica, tra fede e scienza, tra fede e progresso tecnico, ecc. In esso si sancisce l’“autonomia relativa” delle realtà temporali, dotate dal Creatore di “leggi proprie”, attraverso le quali esse sono finalizzate (“ordinate”) a Dio stesso e mai possono essere a Lui contrapposte. Il Concilio Vaticano II così si espresso in proposito: «Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d’autonomia legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore» (Gaudium et spes, n. 36). Dio ha voluto governare tutto il creato “mediante leggi” volute e dirette a Lui come “fine ultimo”, e non direttamente senza di esse (come vorrebbe quella concezione della realtà che è nota come “occasionalismo”).

Ne deriva che il nostro modo di conoscere le creature e Dio stesso, gode di questo “partecipare”, limitatamente, ma autenticamente, alla scienza di Dio. Così che «dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce il loro autore» (Sap 13,5).

Nel corso della storia ci sono sempre state possibili deviazioni ideologiche rispetto a questo equilibrio, fondato sulla “partecipazione” dell’essere da parte di Dio alle creature, così che esse non sono Dio, ma gli sono inferiori e sottoposte, ma non sono neppure “pure apparenze”, prive di una consistenza propria. Così ogni essere, e in particolare ogni creatura umana può dire di avere “diritto di esistere”, di avere una dignità come persona, ad immagine e somiglianza delle Persone divine, non alla pari con loro, ma per “partecipazione”. E questo per volontà del Creatore.

– Una prima deviazione ideologica dalla dottrina della “partecipazione/analogia” è “per difetto” e considera solo “apparenti” le leggi volute dal Creatore e l’autonomia delle realtà create, così che tutto è visto come privo di dignità davanti a Dio che è il solo ad “essere”. Così che, riferendoci al linguaggio del Vangelo di oggi, dovremmo dire che Cesare viene annullato da Dio. Questo è tipico di quelle ideologie religiose – come quella islamica – che identificano politica e religione, fino a far crescere in esse delle forme di fanatismo violento e addirittura terroristico. Proprio in queste ultime settimane abbiamo sotto gli occhi l’attuarsi drammatico di questi estremismi.

– La seconda, al contrario, considera sempre meno rilevante Dio rispetto a Cesare, fino a farlo scomparire, negandolo o banalizzandolo di fronte al potere dell’uomo, che finisce per farsi dio al posto di Dio. In questo modo, per così dire Dio viene annullato da Cesare.

Da qualche secolo è questa seconda visione delle cose ad avere preso il predominio. Già il Concilio diceva in proposito: «Se invece con l’espressione “autonomia delle realtà temporali” si intende dire che le cose create non dipendono da Dio e che l’uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora a nessuno che creda in Dio sfugge quanto false siano tali opinioni. La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce» (Gaudium et spes, n. 36).

Questa è la posizione tipica di quegli uomini politici che, pur essendo cattolici e magari anche praticanti con una frequenza regolare alla Messa e ai Sacramenti, vivono le fede come fatto rigorosamente privato, mentre in pubblico si comportano come se avessero lo Stato al posto di Dio, la Costituzione al posto dei Comandamenti. Pere questo, non di rado, essi non hanno alcuna difficoltà ad aderire a società come la Massoneria, le cui visioni della realtà sono incompatibili con la fede cristiana. Se poi questo si verifica addirittura in uomini di Chiesa, la contraddizione tra fede e vita è ancora più grave.

I comuni abitanti credenti di una nazione sono così essi pure indotti a concepire la loro fede come un “fatto privato” che non deve avere alcuna influenza pubblica nel loro comportamento. Così che essi sono indotti anche nelle scelte elettorali e politiche a non tenere in alcun conto neppure i Comandamenti (la Legge morale naturale) e il conseguente Diritto naturale, che è indispensabile fondamento della legislazione di uno Stato, per rendere possibile una convivenza che possa dirsi “civile”.

Oggi possiamo aggiungere che l’erroneità di questa seconda posizione che attribuisce a Cesare il posto di Dio, si manifesta in una sorta di “vendetta” (“nemesi storica”) della realtà dei fatti, nei confronti dell’uomo:

– Da un lato il mondo, basato su una cultura che conosce solo Cesare come signore assoluto, diviene progressivamente sempre meno vivibile e meno governabile, come sta accadendo da anni, proprio oggi;

– Dall’altro lato, la natura e la tecnica anziché essere alleate dell’uomo, finiscono per dominarlo, come una sorta di “nuova divinità”, sempre meno amica e sempre più malvagia («I frutti di questa multiforme attività dell’uomo, troppo presto e in modo spesso imprevedibile, sono non soltanto e non tanto oggetto di “alienazione”, nel senso che vengono semplicemente tolti a colui che li ha prodotti; quanto, almeno parzialmente, in una cerchia conseguente e indiretta dei loro effetti, questi frutti si rivolgono contro l’uomo stesso. Essi sono, infatti, diretti, o possono esser diretti contro di lui», Redemptro hominis, n. 15).

Così che l’umanità, impaurita, finisce per adorare come un idolo la natura, le piante, gli animali, l’ambiente, il cosmo, finendo per colpevolizzarsi di fronte ad essi, come un essere sempre inferiore e dannoso. È ciò che succede oggi, quando si è obbligati da leggi ridicole stabilite dal’“odierno Cesare”, a non toccare nulla, preferendo piuttosto lasciarsi travolgere fino ad autodistruggersi. Così abbiamo, da una parte, qualsiasi genere di animali che invadono le città, i boschi, le campagne, senza che l’uomo si azzardi a controllare il loro moltiplicarsi; e dall’altra l’uccisione volontaria o imposta dal potere di esseri umani vecchi e  di bambini, ritenuti inutili, dannosi e privi del diritto di esistere.

Oggi è sempre più chiaro, per chi ha l’uso di ragione, che Cesare non è appena più solo lo Stato, ma che dietro di esso ci sono poteri sovrastatali trasversali, ben più potenti (economici, finanziari, mediatici, culturali, psicologici, religiosi, spirituali). Dietro Cesare si nasconde – ormai sempre meno – un ente di natura superiore che sta pilotando, ubriacando, drogando, i detentori dei poteri mondiali, per convincerli illusoriamente di essere loro i padroni del mondo. Dietro di loro a pilotarli c’è il nemico che semina la zizzania della ben nota parabola («Un nemico ha fatto questo», Mt 13,28). È il demonio “in persona”, che solo gli ingenui o i disonesti possono pensare ancora che possa essere solo un “simbolo impersonale” del male. Di fronte ad un simile nemico non basta un “Ciro” semplicemente umano a vincerlo, occorre il potere di Dio, unito inscindibilmente alla natura umana, per comparire direttamente nella storia. Per questo il Ciro della prima lettura, è figura di Cristo.

Ma nel Vangelo Gesù non si limita a qualificare come “ingenui” coloro che non rispettano il giusto rapporto (la “giustizia originale”) tra Dio e Cesare, ma li apostrofa come ipocriti, perché sono guidati dalla «malizia» di Satana come i “padroni del mondo” di oggi. Coloro che hanno conosciuto la Rivelazione, come quanti hanno interrogato Cristo allora, e come i cristiani di oggi, devono sapere, devono essere istruiti da chi ha il compito di farlo, e istruirsi da se stessi, sul fatto che anche Cesare è di Dio e non viceversa. Così che san Paolo può dirci, nella seconda lettura di conoscere «la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro».

In questo mese di ottobre, a lei tradizionalmente dedicato, ci affidiamo sempre di più alla Madre di Dio, la Vergine Maria, perché ci guidi e ci protegga, ottenendoci dal Signore quella sapienza che fa comprendere secondo verità, come funziona la realtà delle cose create, così da orientare tutta la nostra vita al “fine ultimo”, servendoci saggiamente dei “fini intermedi” voluti da Dio Creatore, in vista del conseguimento della beatitudine nell’Eternità.

Maria Regina del Santo Rosario, intercedi per noi! San Giovanni Paolo II, del quale oggi ricorre la festa, difendi la Chiesa di Cristo come facesti straordinariamente durante il tuo pontificato!

 

Bologna, 22 ottobre 2023

 

 

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