Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Christopher R. Altieri e pubblicato su Catholic World Report. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella mia traduzione.

 

Papa Francesco e Marko Rupnik.
Papa Francesco e Marko Rupnik.

 

Dopo la dichiarazione del vicariato di Roma di lunedì scorso, che annunciava un certificato di buona salute per il Centro Aletti, l’unica domanda è: come si chiama un’imbiancatura che è anche una copertura, che è anche un insabbiamento?

Il Centro Aletti è l’istituto d’arte fondato dal caduto in disgrazia Marko Rupnik – il gesuita olim espulso dall’ordine all’inizio di quest’anno, che è intollerabilmente ancora un sacerdote in regola – e attualmente sotto l’ombrello giuridico dello stesso vicariato di Roma che ha indagato e vi ha trovato “una vita comunitaria sana e priva di particolari criticità”.

Rupnik, nel caso in cui abbiate difficoltà a collocare il suo nome, è accusato di abusi sessuali, psicologici e spirituali seriali su più di due dozzine di donne – e almeno un uomo – nel corso di tre decenni, gran parte dei quali trascorsi a Roma.

Rupnik non è accusato nemmeno di semplice sfruttamento.

I resoconti credibili delle sue accusatrici raccontano di perversioni letteralmente diaboliche, tra cui “rapporti a tre con un’altra sorella della comunità, perché la sessualità doveva essere, secondo [Rupnik], libera dal possesso, a immagine della Trinità dove, [Rupnik] diceva, ‘la terza persona avrebbe accolto la relazione tra i due'”.

Il vicario generale di Roma, il cardinale Angelo De Donatis, ha affermato alla fine di dicembre dello scorso anno – in vista del fine settimana delle festività natalizie – che la diocesi di Roma è venuta a conoscenza delle accuse contro Rupnik solo “in tempi molto recenti”, anche se uno degli stessi ausiliari di De Donatis, il vescovo Daniele Libanori SJ, aveva portato a Roma una serie di accuse di abusi contro Rupnik nel 2019, dalla comunità di religiose Loyola che Rupnik aveva contribuito a fondare negli anni Ottanta.

Libanori ha anche incoraggiato le accusatrici di Rupnik a presentare denunce presso la sezione disciplinare dell’ufficio allora denominato Congregazione per la Dottrina della Fede, ossia il dipartimento vaticano responsabile delle indagini e talvolta del perseguimento dei crimini sessuali, e pare che diverse accusatrici lo abbiano fatto, anche se la CDF ha rifiutato di procedere per… motivi.

Anche se il rapporto di Libanori sulla visita a Loyola fosse rimasto sotto segreto pontificio, sarebbe stato necessario un livello incredibile di disfunzione ufficiale per evitare che tutti, da Papa Francesco alla portinaia della CDF, facessero anche solo una telefonata per dire che quel tizio è un viscido che deve essere tenuto sotto stretta sorveglianza e il suo negozio probabilmente chiuso al più presto.

I gesuiti stessi hanno limitato il ministero di Rupnik più volte – almeno sulla carta – tra il 2019 e il Natale del 2022, ma nessuno ha pensato di dirlo al vicariato di Roma, a quanto pare. Rupnik ha mantenuto le sue facoltà sacerdotali nel momento in cui De Donatis ha rilasciato la dichiarazione del fine settimana di Natale, così come il suo posto in diverse opere e commissioni del vicariato di Roma.

Sebbene sia stato formulato con molta cautela, nel gergo squisitamente gutturale della curia romana, il riassunto di De Donatis è stato che Papa Francesco aveva deciso di lasciare Rupnik al suo posto e che, in sostanza, era lui a decidere sul caso di Rupnik. Poco dopo che De Donatis ha consegnato il suo regalo di Natale anticipato, il cardinale vicario si è trovato in gran parte privato dei suoi poteri.

Tra gli altri risultati dell’indagine di De Donatis – condotta da un professore di diritto canonico della Pontificia Università Urbaniana, Giacomo Incitti – c’erano “procedure gravemente anomale” relative all’unica piccola disciplina medica a cui Rupnik era stato segretamente sottoposto e da cui era stato rapidamente riabilitato, cioè una scomunica per il grave crimine di aver assolto uno dei suoi “complici” in un “peccato contro il Sesto Comandamento” – un’espressione della Chiesa che indica un comportamento sessuale scorretto – anche se la scomunica è stata revocata quasi subito.

La dichiarazione del vicariato di Roma dice che l’esame del “copioso materiale documentario” relativo al caso di Rupnik “ha generato anche fondati dubbi sulla richiesta di scomunica stessa”, e che De Donatis ha doverosamente “presentato il rapporto alle autorità competenti”, presumibilmente lo stesso dicastero dottrinale che ha rifiutato di perseguire Rupnik. È sicuro che una copia è arrivata anche sulla scrivania di Papa Francesco.

Quindi, per riassumere: Un ausiliare gesuita della diocesi di Roma ha indagato sulla casa che Rupnik ha costruito nella sua nativa Slovenia e ha scoperto cose disgustose, ma la Roma ufficiale ha tirato per le lunghe e alla fine il papa gesuita si è rifiutato di revocare la decisione di sospensione, così la CDF guidata dai gesuiti ha rifiutato di procedere, poi i gesuiti hanno indagato su Rupnik e hanno deciso che ci sono accuse credibili, ma Rupnik si è rifiutato di collaborare e quindi non hanno potuto fare nulla se non cacciarlo, solo che Rupnik voleva andarsene comunque, e poi il vicariato di Roma ha indagato sul proprio Centro Aletti – quello fondato da Rupnik a Roma – e ha scoperto che tutto è fantastico e che tutti lì non sono assolutamente colpevoli di… qualcosa, e hanno anche deciso che un’azione intrapresa contro lo stesso Rupnik era in qualche modo sospetta, ma non dicono come, ma hanno inviato la questione a qualcuno, ma non hanno detto esattamente o davvero a chi.

Vi ho detto che l’attuale direttrice del Centro Aletti, Maria Campatelli, collaboratrice di lunga data di Rupnik, è stata in visita con Papa Francesco la scorsa settimana?

Qualche mese fa, la Campatelli aveva rilasciato una dichiarazione attraverso il Centro Aletti, definendo le accuse contro il suo vecchio amico “non provate e diffamatorie” – anche se non false – e sostenendo che “altri gesuiti del Centro Aletti” hanno perso fiducia nella guida dei loro superiori gesuiti e “hanno anch’essi chiesto il permesso di lasciare la Compagnia e sono in attesa della conclusione della relativa procedura, per poter continuare l’esercizio del loro ministero sacerdotale”.

L’affare Aletti sembra per tutto il mondo una sorta di ammutinamento o defezione innescata da una spinta di alcuni gesuiti della dirigenza dopo che i loro sforzi per tenere a freno Rupnik si sono rivelati troppo poco e troppo tardivi. Rupnik ha operato troppo a lungo senza controllo, anzi sotto l’egida di altri superiori, e forse ha intorno a sé un’allegra banda di ultras.

De Donatis non può aspettarsi che qualcuno dia credito alla sua indagine o al suo rapporto, per il quale esiste solo una parola in inglese, un termine quotidiano, la cui denominazione tecnico-scientifica è excrementum bovinum.

Christopher R. Altieri

 

Christopher R. Altieri è giornalista, redattore e autore di tre libri, tra cui Reading the News Without Losing Your Faith (Catholic Truth Society, 2021). È redattore aggiunto di Catholic World Report.

 



Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni del responsabile di questo blog. I contributi pubblicati su questo blog hanno il solo scopo di alimentare un civile e amichevole confronto volto ad approfondire la realtà.


 

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