Ricevo e volentieri pubblico
di Leonardo Spineti
OGGETTO DELLA PRONUNCIA: LA CONDIZIONE DI UNA PSICOLOGA NON VACCINATA CONTRO LA MALATTIA COVID-19, IN RELAZIONE AL DIRITTO AL LAVORO, IN COMBINATO DISPOSTO CON LA LIBERTA’ DI SCELTA IN AMBITO SANITARIO E FARMACEUTICO, DI CUI AGLI ARTICOLI 4 E 32 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA, DELL’ARTICOLO 3 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA (CDFUE) E DIVERSE NORME DELLA CONVEZIONE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI (CONVENZIONE EDU)
Innanzitutto, è necessario premettere che il provvedimento giurisprudenziale in questione, è assai articolato e complesso, il quale ha ad oggetto una controversia insorta tra una Psicologa non vaccinata contro la malattia Covid-19 ed il relativo Ordine Professionale degli Psicologi della Regione Toscana.
Tale contenzioso, azionato dalla sanitaria ricorrente, ai sensi dell’articolo 700 del Codice di procedura civile, era già stato in parte oggetto di intervento del Giudice, il quale aveva emesso in data 11 luglio 2022, una Ordinanza cautelare, inaudita altera parte, ovvero data l’urgenza e la delicatezza delle questioni sollevate dalla parte ricorrente, senza il regolare contraddittorio tra le parti in causa.
Il provvedimento emesso in data 31 ottobre 2022, il quale rivestendo la forma dell’ordinanza, ha definito la controversia tra le parti richiamando non solo la normativa interna ma anche il diritto dell’Unione europea ed anche il diritto internazionale, in particolare la Convezione Europea dei Diritti Umani (Convezione EDU).
Ciò premesso la psicologa ricorrente chiedeva al Giudice la disapplicazione dell’articolo 44 della legge 76/2021, poiché ritenuto in contrasto con le norme di rango costituzionale, in particolare gli articoli 4 e 32 della Costituzione italiana, in materia di diritto al lavoro e di libertà di scelta in ambito di trattamenti sanitari.
La parte ricorrente evidenzia anche il contrasto della normativa interna dello Stato italiano, con il diritto dell’Unione europea, il quale a proposito della vaccinazione anticovid ha emanato delle norme che hanno sempre espresso i principi di non discriminazione e di rispetto del consenso libero e informato; a cominciare dai regolamenti di programmazione della vaccinazione, per passare al regolamento 953/21 in tema di circolazione dei cittadini europei che tutela coloro che non solo non possano ma anche non “vogliano” vaccinarsi; da notare che la locuzione “non vogliano” non compariva nella traduzione italiana fino al 5.7.21; anche la risoluzione europea n. 2361/21 è una fonte del diritto dell’Unione e non enuncia una mera norma etica, quindi seppure non dotata di efficacia diretta, deve essere valutata dal giudice comune in quella disamina di fonti di vario livello che portano al giudizio di conflitto insanabile della norma interna; la risoluzione raccomanda agli Stati una corretta campagna di informazione, soprattutto relativa alla non obbligatorietà del vaccino, alla sua sicurezza e ai possibili effetti indesiderati, in modo da assicurare una scelta consapevole e libera, senza alcuna forma di discriminazione o
svantaggio per coloro che decideranno di non sottoporsi al vaccino, sottolineando che eventuali certificazioni vaccinali dovrebbero avere solo lo scopo di monitoraggio.
Inoltre si richiama la violazione degli articoli 1 3 e 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, i quali affermano l’inviolabilità della persona della sua dignità e integrità fisica e psichica, comprendendovi la libertà di scelta in campo medico e giammai potrebbe esserne lesa la dignità parificandola ad una cavia di laboratorio, imponendole una vaccinazione obbligatoria sperimentale, nonché prevedono un divieto di discriminazione attuata per le opinioni personali tra cui quelle che la persona si forma in campo medico.
In tale provvedimento, il giudice affronta anche il ruolo dello stesso in materia di conoscenze scientifiche, richiamando il principio “iudex peritus peritorum” per cui non si può pretendere, come vorrebbe l’Ordine, che il Giudice si astenga da approfondimenti scientifici della materia trattata, e da affermazioni tecnico scientifiche, invocando il divieto di scienza privata; invero il Giudice è peritus peritorum e non ha necessità di ctu per poter fare delle affermazioni scientifiche.
Questo principio è affermato dalla suprema corte di cassazione; si veda per tutte cass. sez. 2 – Sentenza n. 30733 del 21/12/2017 “Il principio ‘judex peritus peritorum’ comporta non solo che il giudice di merito, per la soluzione di questioni di natura tecnica o scientifica, non abbia alcun obbligo di nominare un consulente d’ufficio, potendo ricorrere alle conoscenze specialistiche che acquisite direttamente attraverso studi o ricerche personali, ma anche che egli, esaminando direttamente la documentazione su cui si basa la relazione del consulente tecnico, può disattenderne le argomentazioni, in quanto sorrette da motivazioni contraddittorie, o sostituirle con proprie diverse, tratte da personali cognizioni tecniche”.
Infine, inerente il divieto di ricorrere a scienza privata del Giudice, lo stesso ricorda che, inerente il caso di specie, rigettando la tesi prospettata dall’Ordine, “l’utilizzo di dati degli istituti europei EudraVigilance ed Euromomo sull’andamento epidemiologico sono consultabili a mezzo internet dallo stesso sito Aifa per cui non costituiscono scienza privata del Giudice, ma, acquisizioni tecniche e scientifiche del Giudice; la stessa ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana del 12 sett. 2022 di remissione alla Corte costituzionale dell’art. 4 dl 44/21 conv. in legge 76/21 utilizza tali dati pubblicati in siti istituzionali al paragrafo 25.4 con richiamo ai dati EudraVigilance”.
Sempre in tema di affidabilità scientifica della tesi della parte ricorrente, in merito all’inefficacia della vaccinazione anticovid, il Giudice sottolinea che un documento presentato dalla stessa, oggetto di pubblicazione sulla rivista THE LANCET in data 1 dicembre 2021, ha evidenziato “la rilevanza epidemiologica della popolazione vaccinata è in aumento”; trattasi di uno studio condotto in Israele, per un focolaio scoppiato in ospedale che aveva contagiato 16 medici, esposto 23 pazienti e due familiari, e che era derivato da un paziente vaccinato con tre dosi. Prosegue l’articolo con la disamina del fenomeno in Israele concludendo col fatto che anche i vaccinati con tre dosi si contagiano e contagiano gli altri.
Ciò risulta anche dagli altri documenti ISS e Aifa prodotti dalla parte ricorrente, che dimostrano come i contagi avvengano comunque e non si sono mai interrotti, nonostante la campagna vaccinale pluriennale; ciò è tanto diffuso e conosciuto nella percezione comune di questo momento storico da essere fatto notorio, perché tutti sanno che i vaccini non impediscono il contagio; dunque vaccinati e non vaccinati sono vettori virali indistintamente; trovandosi in situazioni identiche non è pensabile un trattamento discriminatorio dei non vaccinati.
Anche in merito alla presenza di effetti gravi e addirittura fatali, il Giudice richiama il report annuale Aifa sulla sicurezza del vaccino, che pur limitandosi alla farmacovigilanza passiva nelle prime due settimane dall’inoculo (vd. pag. 25), quindi un intervallo temporale assai ristretto, si ammette che vi siano stati decessi e reazioni avverse gravi in soggetti sani.
Quindi dalla lettura del report annuale Aifa e dalle stesse indicazioni delle case produttrici si comprende che il trattamento sanitario obbligatorio con questi farmaci a mRNA risulta incompatibile con l’art. 32 Cost. comma 2 Cost.
Sul punto si veda per tutte la sentenza del 1990 n. 307 della Corte cost. che, conformemente ai lavori preparatori della Carta fondamentale, afferma come “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale. Ma si desume soprattutto che un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili”.
Come condivisibilmente recita l’ordinanza di rimessione del Consiglio di GA siciliano del 22.9.22 a pag. 36, il criterio posto dalla Corte costituzionale in tema di trattamento sanitario obbligatorio non pare lasciare spazio ad una valutazione di tipo quantitativo, escludendosi la legittimità dell’imposizione di obbligo vaccinale mediante preparati i cui effetti sullo stato di salute dei vaccinati superino la normale soglia della tollerabilità, IL CHE NON PARE LASCIARE SPAZIO ALL’AMMISSIBILITA’ DI EVENTI AVVERSI GRAVI E FATALI”; si condivide tale interpretazione dell’alta corte siciliana laddove si afferma che neanche un solo sacrificio umano è tollerato dalla Costituzione Repubblicana.
Il Giudice afferma poi che è “inutile ricordare che ogni anno i decessi per le banali influenze sono stati sempre migliaia e mai si è introdotto un obbligo vaccinale per legge con la contestuale limitazione di tutte le libertà fondamentali”.
“Nemmeno era stato mai dichiarato uno stato di emergenza sanitaria non previsto né dalla legge né dalla Costituzione; infatti, epidemie anche più gravi con tasso di letalità anche 10 volte maggiore del Sars Cov 2 (Mers Sars cov 1 – vd. gli atti di audizione in Senato degli esperti),
sono sempre state gestite da 40 anni a questa parte con il potere di ordinanza ex art. 32 legge 833/78, senza creare allarme sociale e segregare le persone al domicilio per un tempo significativo privandole di tutte le libertà”.
Il rifiuto da parte della ricorrente di questo trattamento vaccinale è dunque motivato perché nessun cittadino europeo può essere costretto a trattamenti farmacologici sperimentali, specie quando, come in questo caso, esistevano evidenze scientifiche sull’efficacia degli antinfiammatori sin dalle prime fasi della malattia (vd. ad es. risultati Istituto per la Ricerca Farmacologica Mario Negri pubblicati sin da giugno 2021 su riviste mediche facenti capo alla rivista inglese The Lancet).
Sotto questo profilo la ricorrente ha anche prodotto i risultati dello studio dell’Università Thomas Jefferson condotto su cavie di laboratorio e che ha evidenziato sulle cavie la stabile deregolazione del genoma umano, trasmissibile alla prole.
“C’è quindi il pericolo segnalato da ricercatori universitari indipendenti di vari stati, di un’alterazione dei codici della vita, vietata dalle norme internazionali soprarichiamate, e che potrebbe esporre stabilmente il vaccinato all’incapacità di dare una risposta immunitaria adattativa efficace non solamente per il covid 19, ma anche per altri patogeni e per la stessa formazione fisiologica di cellule tumorali, che un sistema immunitario normale e non manipolato può portare a necrosi (vd. anche lo studio su New Medical life Science del 10.5.2021 compiuto dai ricercatori dei Paesi Bassi e della Germania, che avevano avvertito di come il vaccino Phizer – BioNTech’s inducesse una riprogrammazione delle complesse risposte immunitarie innate determinando una risposta immunitaria indebolita).
Si nota che su questi aspetti scientifici l’Ordine convenuto si è limitato a richiamare generiche evidenze scientifiche nazionali e internazionali sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, e le opinioni delle autorità sanitarie e istituti comunque riconducibili alla gestione pandemica, senza tuttavia produrre alcuno studio a sostegno di queste generiche difese”.
In conclusione il Giudice ha affermato che si rende necessario confermare il decreto inaudita altera parte già emesso, mandando gli atti alla Procura di Roma per gli eventi avversi e i morti e le numerose criticità evidenziate e per il fatto che la campagna vaccinale prosegue ed è stata recentemente perfino estesa ai neonati dai sei mesi in su, senza alcuna sperimentazione.
Tale decisione è giustificata dal fatto che è chiaro che gli Stati membri dell’Unione europea non possono ricollegare alla scelta di non vaccinarsi, la perdita del lavoro e della retribuzione dei cittadini europei o la perdita di altre libertà personali.
Come, dunque, il non vaccinato potrà circolare liberamente nell’Unione e prendere mezzi di trasporto senza limitazioni al pari di chi si è vaccinato, analogamente potrà avere libero accesso al lavoro in presenza, al pari di chi è vaccinato, senza possibilità di discriminazioni che sono da
ritenersi del tutto ingiustificate, nel caso della scelta di non vaccinarsi.
Leonardo Spineti è studente di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Macerata.
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