di Giovanna Ognibeni
Isaia, 40,17 “Tutte le nazioni sono come un nulla davanti a lui/ come niente e vanità sono da lui ritenute”
Paolo, I Lettera ai Corinzi 4,7 “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E, se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come non l’avessi ricevuto?”
Le due citazioni servono a mo’ di avvertimento e di scarico di responsabilità perché la tesi che sostengo può risultare urtante e poi perché, devo ammetterlo, vado giù d’ascia con l’argomentazione, per ignoranza ed insipienza diranno molti, io amo dar credito alla versione dell’impossibilità d’essere esaustivi e severamente concisi allo stesso tempo. E comunque, mi consolo ripensando al famoso giudizio critico ed estetico di Fantozzi sulla “Corazzata Potemkin”.
Non sono sicura che non fosse più pertinente di tanti altri più paludati. Quindi tra tante idiozie proclamate con sussiego, mi piace pensare che anche le mie abbiano pieno diritto di cittadinanza.
Inoltre questo potrebbe essere un buon punto di partenza per riflettere sulla superiorità di una cultura o civiltà rispetto ad un’altra. Il punto essenziale è che se parliamo di dignità parliamo sempre del singolo.
Ogni uomo ha pari dignità rispetto a tutti gli altri, poiché questa gli viene dall’essere figlio di Dio. Stop.
In questo senso direi che è un gran vantaggio essere cristiani perché ti semplifica la vita: sai che anche il tuo odioso vicino ha la tua stessa dignità e non devi arrovellarti troppo a trovare buone ragioni per pensarlo, e quindi non devi nasconderti la contraddizione tra proclamare che non esistono minorati (fisici e psichici) ma solo diversamente normali e allo stesso tempo sostenere le indagini prenatali e l’eventuale aborto, scusate interruzione di gravidanza, meglio ancora intervento di salute riproduttiva. I Bambini Down stanno sparendo dal civilissimo Occidente, perché selezionati nel primo trimestre di gravidanza: Sempre nel loro best interest.
A dire il vero, penso che la pari dignità sia in realtà il dato di partenza, la primogenitura spirituale di ognuno di noi, quella che spesso vendiamo per un piatto metaforico (mica poi tanto) di lenticchie. Non solo Esaù e Giacobbe, ma Caino e Abele, Isacco e Ismaele, Giuseppe e i fratelli, in qualche modo anche il figliol prodigo e suo fratello. Del resto Dio dà sempre una possibilità di scelta anche al “perdente”: Se per esempio Ruben non avesse fatto la cosa giusta per salvare Giuseppe e avesse lasciato che i fratelli lo uccidessero, adesso staremmo a raccontarci un’altra storia.
Per noi cristiani deve (dovrebbe) essere implicito che il giudizio su ognuno di noi spetta solo a Dio; intanto però se uno si comporta da bastardo, mi prendo la licenza di chiamarlo tout court “bastardo”, senza dover precisare ogni volta che sto giudicando il suo comportamento. Siamo una somma di valori parziali, relativi: un buon o cattivo medico, un buon o cattivo idraulico, un buon vicino o collega e via dicendo. La somma di questi valori dà un complessivo ritratto della persona, un abbozzo, talvolta purtroppo una caricatura.
Queste considerazioni si applicano tanto più alle culture, che sono un prodotto dell’agire umano e quindi non godono di una “sacralità” primigenia. Pertanto non si vede perché non si possano dare giudizi di valore sempre parziali, da motivare e circoscrivere, ma non impossibili.
Dico questo perché quando ho sentito ripetere e rimbalzare come in una stanza di specchi sonori, l’esortazione del Papa ad astenersi dal sostenere la superiorità di una cultura, con riferimento specifico a quella cristiana-europea rispetto alle culture indigene del Canada, non ho potuto evitare di sentirmi urtata e di rivivere le stesse impressioni avute alla visione di un documentario su una popolazione della Papua Guinea, o di qualche altra regione dell’Oceania. Era di un antropologo francese, e quando diciamo antropologo francese ci riferiamo ad una specie, ancora fiorente, di antropologi strutturalisti al cubo, il quale deprecava l’intervento dei missionari cristiani che avevano rotto l’incantato equilibrio di un popolo che manteneva intatti i suoi riti e costumi tribali dalla preistoria o giù di lì. A dimostrazione di ciò riprendeva lungamente una cerimonia dove tutta la tribù danzava in cerchio ritmicamente accompagnata dal suono di tamburi. Il tutto consolidava i rapporti identitari, di reciproca appartenenza e la coesione sociale. Tutto molto bello e significativo, lo dico senza ironia, ma all’improvviso mi sorprese un pensiero, un nome: Mozart.
In una scala di valori tutti mondani, laici, la nostra storia occidentale, eurocentrica(?) con tutte le distorsioni possibili ha però prodotto Mozart, Beethoven, Shakespeare, la Cappella Sistina, Donatello e la lista è effettivamente lunga.
Tutto questo giustifica guerre, eccidi, oppressioni? Certamente no. Ma chiariamo subito un punto: il Buon Selvaggio non è mai esistito, perché l’Eden è definitivamente perduto, e in nessun luogo regna né ha mai regnato l’armonia, non esiste né crescita né decrescita felice, e la Natura assomiglia maledettamente all’idolo di pietra del dialogo leopardiano della natura e di un islandese e al giardino de souffrance nel suo Zibaldone.
Di più, per citare le più rinomate, le abitudini da buoni selvaggi degli Aztechi, con i loro sacrifici di massa, e che massa! a colpi di 70.000 prigionieri alla volta, dovrebbero metterci in guardia dalla visione del Buon Selvaggio nella casetta del Mulino Bianco.
Il principale divulgatore della mitica figura fu il filosofo Rousseau, le cui teorie pedagogiche libertarie sostenute nell’Emile hanno avuto tardivi ma efficaci echi nella seconda metà del secolo scorso. Se volessimo appartenere per un momento alla cancel culture dovremmo dire di Rousseau écraser l’infame, visto che mollò all’ospizio i suoi cinque figli avuti con una domestica, perché era compito dello Stato allevarli, visto che lui aveva altro da fare.
Comunque, per tornare in Canada, le affermazioni deliranti di alcuni esponenti dei Nativi darebbero ragione alle teorie razzistiche che vorrebbero denunciare: è assolutamente scriteriata, per attenerci al bon ton, l’accusa rivolta alla Chiesa Cattolica di aver fornito le armi ideologiche, soprattutto con la bolla di Papa Niccolò V, Dum adversas, alla colonizzazione di Canada e Stati Uniti. Per le modalità stesse dell’emigrazione europea in seguito alle guerre di religione, è semplicemente ridicolo ipotizzare una anche minima influenza del Papato e quindi della Chiesa Cattolica sui coloni e sui modi della colonizzazione dei due Paesi. Lo stesso Canada passò definitivamente, province anglofone e province francofone, nel lontano 1763 sotto la Corona Britannica, che ora può dare lezioni di tolleranza a tutto l’universo mondo, forte dei suoi specchiati trascorsi, in India come dappertutto.
Anche sovrapporre i due piani, quello degli abusi sessuali più e meno recenti, e quello delle presunte violenze (ma i Protestanti dov’erano?) culturali ed ideologiche contro i nativi, è decisamente scorretto sotto il profilo metodologico.
Date pure per scontate alcune efferatezze, e molti atteggiamenti che oggi appaiono intollerabili ma che in quegli anni avevano piena cittadinanza, non so se siano stati più esiziali per la maiorem Dei gloriam quelli o molte delle pratiche di inculturazione.
I missionari cristiani portavano alle popolazioni native “quanto di più caro avevano”, vale a dire Gesù Cristo, lo stesso per cui erano disposti a morire, e spesso gli toccava, come avevano già fatto i primi cristiani, stolti!, per non offrire qualche grano d’incenso all’imperatore.
Certamente recavano anche la loro cultura, le loro certezze e le loro incomprensioni, ma forse se non ci fossero stati i missionari che hanno da subito affermato la dignità di figli di Dio degli indigeni, quelle terre, come più tardi le africane, sarebbero state solo depredate delle loro ricchezze, come un immaginario Klondike da orde di cercatori d’oro. Ed invece si costruirono case e chiese e scuole e, tra errori ed orrori, una civiltà che è ancora tutto da dimostrare peggiore della nativa.
Sarà un caso ma oggi il termine missione, nella sua versione anglofona mission, è preferibilmente declinato nella versione pubblicitaria come gli obiettivi di un’azienda: sono le industrie di autovetture, di brandy o di profumi eccetera che hanno una mission. I salesiani, i comboniani eccetera hanno il compito a) di chiedere scusa, b) semmai di portare il know-how tecnico dell’Occidente.
Comunque il punto è che non vedo perché non debba essere non orgogliosa ma grata per l’eredità che i nostri padri, i giganti sulle cui spalle siamo, ci e mi hanno lasciato.
La nostra cultura, e l’ormai passata civiltà, sono nate dall’apporto dell’eredità classica, greca e romana, fiorite e affermatesi nel contesto geografico, religioso economico del mediterraneo. Sumeri, Assiri Fenici che dovrebbero dire? Hanno portato anche loro grossi contributi (e lasciamo fuori Hittiti e Hurriti?), https://it.wikipedia.org/wiki/Hurriti ma, destino baro, due popoli, due culture, due civiltà hanno saputo costruire, dare aristotelica forma a tutti quei contributi e creare qualcosa di duraturo e significativo. Era la loro mission, avrebbe detto un Ceo dell’epoca. Questo i primi pensatori cristiani lo capirono benissimo ed accolsero la cultura antica, utilizzando anche strumenti come l’allegoria.
E questo ci riporta alla cultura giudaico-cristiana, anzi Judéo-chrétienne, come sentii esprimersi una coppia di intellettuali francesi per stigmatizzarla ed augurarsi che scomparisse dall’orizzonte del pensiero moderno, come sta puntualmente accadendo ora. Converrete che il tono dell’accusa trae forza indubbia dalla formulazione in francese: vi si sente tutto l’acre fastidio verso l’ostinato perdurare di forme popolari e superstiziose incompatibili col progresso.
Ma, anche fossi atea, non butterei via nulla o quasi dell’eredità culturale che mi è toccata in sorte. Gli autori dei graffiti nelle grotte di Altamira in Spagna o Lascaux in Francia avevano singolari attitudini artistiche; sarebbero potuti essere dei Giotto o Masaccio? Forse sì, ma sono nati circa 15.000 anni troppo presto. Il riconoscerlo non implica un giudizio ingeneroso e “razzista”, ma la constatazione di un dato di realtà. Ed è, direi, sottilmente razzista l’equiparazione di ogni esperienza ed ogni cultura, perché si azzerano tutte le fatiche, le sofferenze, le ricerche i contributi di ogni specie che milioni di persone hanno pagato per l’edificazione della nostra civiltà.
Certamente ci sono civiltà altrettanto grandi (evitiamo di fare classifiche, prima, seconda e terza ex aequo ecc.), come la cinese o l’indiana, che comunque in diversi modi hanno agito più per tenere fuori le influenze esterne che non condividere le proprie.
Ma è altrettanto evidente che alcune culture sono maturate prima, di più e meglio, tolto, ripeto, l’equivoco che ci siano popoli e culture innocenti. Una di queste, mettiamola così, è stata e forse non lo è più la cultura cristiano-occidentale. Poi schiaffateci dentro la rivoluzione scientifica, l’illuminismo, la rivoluzione francese, la rivoluzione industriale e tutto quello che volete, ma tutto è stato portato dalla corrente di cui dobbiamo riscoprire la fonte.
Fa specie invece che proprio un certo pensiero cattolico, forse perché inebriato dal trovarsi troppo nelle alte sfere, tenga particolarmente a rinnegare la cultura occidentale e, horresco referens, quella cristiana, come responsabile di ogni nefandezza sin dalla sua comparsa.
Del resto Gesù Cristo è stato così poco inclusivo da avere l’improntitudine di affermare “Io sono la Via, la Verità e la Vita”: ora, ci passiamo sopra perché è vissuto tanti anni fa e perché non possiamo dimostrare che l’abbia effettivamente detto poiché non c’erano registratori; se ci provasse oggi non la passerebbe liscia.
Anche perché i nostri Grandi Sacerdoti dell’Inclusione e della Tolleranza, magistralmente rappresentati da quel Justin Trudeau, lui sì nano sulle spalle del papà, che non si accontenta delle scuse del Papa ma vorrebbe atti più significativi di pentimento e vergogna (Stalin già perfezionò il sistema dell’autoaccusa), sono implacabili nella loro sete di Giustizia verso dei poveri cristi di secoli fa, che se praticavano sacrifici umani era solo a causa della loro cultura, ma guardali come, solo se un popolo una nazione non rispettano i loro alti Ideali e Diritti umani, sono ferrei nell’imporre sanzioni che garrotano quei primitivi indegni di ogni pietà, o gli ignoranti che rifiutano le loro pratiche colonialiste di inoculazione di sieri, o norme coercitive su cosa mangiare, cosa consumare, come vivere!
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