di Sabino Paciolla

In un articolo pubblicato oggi su Catholic Herald (qui), da cui prendo e traduco alcuni stralci, si parla di responsabilità dei vescovi che sapevano ed hanno taciuto. Eccolo.

Foto: il vescovo Lawrence Persico

Foto: il vescovo Lawrence Persico

I vescovi che sapevano di abusi e non hanno fatto nulla dovrebbero dimettersi, ha detto il vescovo di Erie (Pennsylvania).

In un’intervista con l’EWTN, il vescovo Lawrence Persico ha detto che l’unico modo per riconquistare la fiducia dei laici dopo decenni di denunce di abusi sessuali da parte di sacerdoti e altri in sei diocesi della Pennsylvania è con i fatti.

In un reportage durante lo spettacolo serale della REFO, il reporter Jason Calvi gli ha chiesto: “I vescovi che sapevano o nascondevano abusi dovrebbero rassegnare le dimissioni?

Penso che dovrebbero“, ha risposto Mons. Persico.  “Penso che abbiamo bisogno di una trasparenza completa se vogliamo riconquistare la fiducia delle persone. Dobbiamo essere in grado di dimostrarlo“.

Mons. Persico è stato l’unico vescovo a incontrare personalmente i membri del Grand jury che ha indagato su decennali denunce di abusi in sei diocesi della Pennsylvania. In un rapporto esplosivo, il Grand jury ha dichiarato di aver identificato più di 1.000 persone che hanno dichiarato di essere state vittime da bambini di sacerdoti e altri operatori della Chiesa nello stato.

Ho detto che possiamo parlare di trasparenza e verità, ma molto dipenderà dalle nostre azioni, da come realizziamo la trasparenza e da come agiamo per andare avanti” ha detto durante l’intervista televisiva.  “Questo sarà il punto chiave di tutto questo e dobbiamo dimostrare che intendiamo ciò che stiamo dicendo“.

La diocesi di Erie di Mons. Persico e le diocesi di Harrisburg, Allentown, Scranton, Pittsburgh e Greensburg sono state nominate nel rapporto pubblicato il 14 agosto, dopo un’indagine durata quasi due anni.

Il Grand jury non determina la colpevolezza o l’innocenza, ma se ci possono essere prove sufficienti o cause probabili a sostegno di un’accusa penale. Quasi tutti i casi riportati nella relazione sono troppo vecchi per poter essere utilizzati in una causa e molti dei 301 sacerdoti nominati sono morti o non sono più in servizio.  Ma i laici cattolici hanno insistito su una qualche forma di responsabilità per coloro che possono aver saputo e nascosto gli abusi.

Abbiamo bisogno di questa trasparenza e abbiamo bisogno anche di azione, perché se ci fossero altri vescovi o capi negligenti, allora dovrebbero essere rimossi perché più ci nascondiamo, meno credibilità abbiamo“, ha detto Mons. Persico.

Ha detto che è importante notare che il rapporto ha documentato 70 anni di abusi, la maggior parte dei quali dagli anni settanta agli anni novanta. In seguito alla crisi degli abusi sessuali del 2000 negli Stati Uniti, i vescovi del paese avevano approvato procedure e protocolli per affrontare le accuse di abusi nel 2002.

Da allora c’è meno (abuso)”, ha detto il vescovo Persico, “ma dobbiamo ancora essere in guardia“.

Mentre le accuse di abuso sessuale perpetrate da parte dell’ex cardinale Theodore McCarrick sono venute alla luce quest’estate, le procedure sono state messe sotto accusa perché non contenevano disposizioni che rendessero i vescovi responsabili, portando molti a chiedersi se siano sufficienti perché la Chiesa sia in grado di gestire situazioni simili.

Foto: card. Donald Wuerl, arcivescovo di Washington

Foto: card. Donald Wuerl, arcivescovo di Washington

IL CARD. WUERL SI RITIRA DA DUBLINO

In un’altro articolo, sempre pubblicato sul Catholic Herald (qui), ci giunge invece la notizia che, dopo il Cardinal Seán O’Malley di Boston (ma per altre ragioni), anche il card. Donald Wuerl, arcivescovo di Washington, si è ritirato dall’Incontro Mondiale delle Famiglie che inizia questa settimana a Dublino e dove parteciperà anche il Papa.

Il card. Wuerl non ha dato alcuna motivazione del perché si è ritirato dall’Incontro Mondiale delle Famiglie.

L’arcivescovo di Washington doveva tenere una relazione mercoledì prossimo dal titolo “Il benessere della famiglia è decisivo per il futuro del mondo”.

Il cardinale è stato pesantemente criticato nel rapporto del Grand Jury della Pennsylvania, poiché, a quanto viene riportato, avrebbe mal gestito casi di abuso sessuale mentre prestava servizio come vescovo di Pittsburgh dal 1988 al 2006. Il cardinale Wuerl si è difeso dalle accuse.

Il rapporto del Grand Jury nomina il card.Wuerl circa 200 volte e non sempre in maniera lusinghiera, e per questo il rapporto ha suscitato molte indignazione e richieste di dimissioni.

 

Foto: card. Kevin J. Farrell

Foto: card. Kevin J. Farrell

A DUBLINO RIMANGONO FARRELL, MARADIAGA E MARTIN

Ancora in programma a Dublino le presenze, in qualità di relatori, del card. Kevin Farrell, del card. Maradiaga e di padre James Martin.

Occorre però ricordare che:

-Farrell (qui), che è presidente del Dicastero Laici, Famiglia e Vita (Dicastero che ha la supervisione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie) è stato criticato per non essersi accorto di nulla delle malefatte del card. McCarrick (che si è dimesso da cardinale per abusi sessuali ed è in attesa di un processo canonico) pur avendo vissuto nello stesso suo appartamento per sei anni;

-il card. Maradiaga, presidente del C9, il comitato ristretto di cardinali che coadiuva il papa nella riforma della Curia romana, ha avuto il suo vicario della sua arcidiocesi di Tegucigalpa, il vescovo Pineda, che si è dimesso da vescovo il mese scorso, come riportato su questo blog (qui), per gravi abusi sessuali. Anche Maradiaga, a quanto riportano le fonti giornalistiche,  sembra non essersi accorto di nulla di quanto faceva il suo vice.

-il padre gesuita James Martin è un aperto sostenitore di alcuni valori propri dei gruppi LGBT. Del padre Martin non c’è da aggiungere granché poiché molto conosciuto  su questo blog, ultimo post lo potete leggere (qua).

Il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga nella Basilica di San Pietro nel 2011. (AP foto/Riccardo De Luca)

Il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga nella Basilica di San Pietro nel 2011. (AP foto/Riccardo De Luca)

 

 

 

Facebook Comments
Print Friendly, PDF & Email