Pasqua di Risurrezione (Anno C)
(At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4; Gv 20,1-9)
di Alberto Strumia
Oggi, giorno di Pasqua, la Chiesa celebra, nella Risurrezione di Cristo, l’avvenimento più importante di tutta la storia: non solo della storia della Chiesa – quasi si trattasse di qualcosa che riguarda solo i credenti; ma della storia dell’umanità intera; e addirittura, non solo della storia dell’umanità, ma della storia di tutta la creazione. Tanto è vero che la sacra Scrittura parla in più passi di una nuova creazione, anche in senso fisico:
«Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuova terra» (Is 65,17)
«I nuovi cieli e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me – oracolo del Signore» (Is 66,22)
«Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi» (Ap 21,1)
La Risurrezione di Cristo è l’avvenimento più importante perché in essa viene manifestata a tutte le creature la “riparazione” della “giustizia originale”, resa di nuovo accessibile agli uomini mediante la fede nel Risorto. Di questa “restituzione della giustizia”, della “giustezza del vivere”, nella fede, possiamo già da ora “fare esperienza”.
Della possibilità di un modo di vivere “giusto”, perché ha finalmente “senso”, di un modo “vero” di pensare se stessi, di guardare a chi ci sta vicino, potendogli dire come è bene che tu ci sia, invece di dovergli essere continuamente contro; della possibilità di rivolgersi a Dio come a Colui che “provvede” al bene della nostra esistenza.
Oggi ci viene anche detto che questo è solo “l’inizio” dell’esperienza della giustizia e che la “pienezza” di quell’esperienza deve ancora venire e ci sarà nell’Eternità, in quella condizione nella quale tutto questo sarà stabile e non più passibile di essere neanche solo temporaneamente abbandonato. Dice infatti l’Apostolo Pietro: «E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia» (2Pt 3,13).
– Per questo, san Paolo, nella seconda lettura di oggi invita a vivere sulla terra avendo l’Eternità, il Cielo, come sistema di riferimento, per descrivere e spiegare anche la terra: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù». Per capire la terra occorre fare riferimento al Cielo. Diversamente tutto finisce in una contraddizione, in una lotta dell’uomo con se stesso e con l’altro uomo, che rende invivibile la terra, fino all’autodistruzione. La guerra, l’ultima tra le tante, ma la più estrema perché la più “globale”, ce lo ha fatto toccare spaventosamente con mano.
– Nella prima lettura gli Apostoli, resi consapevoli dallo Spirito Santo di come stanno veramente le cose, consapevoli della realtà vera, sanno di avere il “mandato” di dirlo a tutti, senza compromessi con i poteri fasulli del mondo che tengono conto solamente di mezze verità e, illudendosi di possedere il mondo, fingono che Dio non esista, fingono che Cristo non sia Dio e che non sia risorto. E vivono questo mandato come un ordine ricevuto da Cristo stesso: «Ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio». La parola giudice ci riconduce ancora una volta a giustizia, la “giustizia originale” resa nuovamente nota e accessibile.
– Nel Vangelo troviamo la semplice descrizione della scoperta dell’avvenimento della Risurrezione di Cristo. E insieme alla descrizione dei fatti, troviamo il progressivo emergere, nella consapevolezza degli osservatori (Maria di Magdala, Pietro e Giovanni) dell’unica spiegazione possibile di ciò che vedevano: Cristo poteva essere solamente risorto, e quindi essere veramente Dio. Le Scritture che fino a quel momento «non avevano ancora compreso» avevano detto tutto in anticipo. È indicativo il fatto che mentre nei Vangeli sinottici la spiegazione della Risurrezione è “rivelata” dagli angeli; nel Vangelo di Giovanni essa è rivelata alla “ragione”, dall’azione della Grazia che illumina chi osserva muovendolo alla “fede”: «vide e credette». La loro intelligenza è condotta un passo dopo l’altro a passare da un primo livello, immediato, ma non soddisfacente di spiegazione dei fatti, all’unico adeguato, perché tiene conto di tutti i dati osservati. Ecco i passaggi: 1) «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!» (Maria di Magdala); 2) gli altri «si recarono al sepolcro» per constatare i fatti in più di una persona; 3) la constatazione dei teli e del sudario piegati e risposti ordinatamente («vide i teli posati», «osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte»). Chi ruba non ha il tempo né l’interesse per mettere “in ordine” le cose che ha lasciato. Occorreva una spiegazione dei dati osservati che fosse più coerente. L’ipotesi della Risurrezione si affacciò alla loro mente e la Grazia la rese in loro una certezza: questa è la certezza della fede!
La Sequenza che precede oggi il Vangelo descrive questo percorso dai sensi («Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?»), al ragionamento basato sull’osservazione («che hai visto sulla via?»), alla certezza della fede («Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto»), sciogliendosi nella lode a Dio («Alla vittima pasquale, s’innalzi oggi il sacrificio di lode»).
Nella celebrazione dell’Eucaristia, in questa santa Messa, tutto ciò è rivissuto nella “contemporaneità” di un Sacramento che ci rimette in un contatto “oggettivo”, “reale” con quegli istanti “unici” della storia. Non come un semplice ricordo, come un filmato che riproduce un passato che non esiste più, ma come la connessione con la realtà della Persona di Cristo Risorto che è costantemente presente: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 27,20).
La Madre di Dio, Madre di Gesù e, in forza del Battesimo, anche Madre nostra e della Chiesa, ci vede anche in questo momento e con la sua dolce protezione di accompagna in quello stesso percorso che conduce alla certezza della fede che hanno compiuto i primi testimoni della Risurrezione del Signore, perché anche noi, in questo momento di prova terminale della storia, viviamo ridestati alla giusta comprensione degli avvenimenti.
«“Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro» (Vangelo della Messa vespertina del giorno di Pasqua).
Bologna, 17 aprile 2022
Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari.
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